Un passo avanti per mappare i contagi. Ecco il test da 2 cent a paziente
Prodotto dall'Istituto europeo di Oncologia in collaborazione con il Mount Sinai Hospital di New York, è in grado di rilevare gli anticorpi per il Covid. Sensibile e specifico, è riproducibile da qualsiasi laboratorio con competenza accademica
Roma. Gli annunci e i dubbi sulla road map nella Fase 2, le notizie dall'estero su riaperture e frenate, la necessità di intervenire immediatamente in caso di nuova impennata della curva dei contagi. Da più parti (anche in Parlamento, da parte di esponenti di forze politiche di maggioranza e di opposizione) si chiede al governo di intervenire con urgenza su quella che viene chiamata “mappatura”, una delle armi a disposizione in assenza di vaccino e cure certe. I tamponi, come si è visto, sono stati una soluzione preventiva in Veneto, su suggerimento e sotto il controllo dell'epidemiologo Andrea Crisanti. Altrove non è stato così. In attesa di capire se sarà possibile in futuro estendere i test via tampone a più persone possibili “attorno” ai contagiati anche nelle altre regioni, gli scienziati, le istituzioni e le aziende ragionano sui test cosiddetti epidemiologici.
Qualche settimana fa, un gruppo di trecento ricercatori aveva scritto al governo una lettera aperta per offrire la propria disponibilità ad analizzare i test nei laboratori accademici. E oggi uno dei promotori, Ruggero De Maria, che il 16 aprile ha anche cofirmato con Andrea Crisanti, Gioacchino Natoli, Pier Giuseppe Pellicci e Paolo Vineis un articolo sul Sole 24 ore dal titolo inequivocabile “Fase2, la bussola dev'essere la scienza”, annuncia un passo avanti sul fronte della progettazione di uno studio clinico che permetta di verificare se le persone che abbiano contratto il COVID-19 siano protette da una nuova infezione e quale sia il titolo anticorpale necessario a proteggere, in altre parole se e per quanto si possa dare una sorta di patentino di immunità.
È noto che il test selezionato per lo studio epidemiologico Istat è quello della Abbot, ed è un test che richiede un'attrezzatura specifica per essere eseguito. Inoltre, spiega De Maria, non permette di valutare gli anticorpi neutralizzanti. L'obiettivo di De Maria e di Piergiuseppe Pelicci, rispettivamente presidente e coordinatore scientifico di Alleanza Contro il Cancro (la rete oncologica degli IRCCS), è dunque la creazione di un test affidabile che permetta ai laboratori accademici l'analisi dello stesso a un costo molto contenuto. Prodotto dal Dipartimento di Oncologia sperimentale dell'Istituto europeo di Oncologia, in collaborazione con il prof. Krammer del Mount Sinai Hospital di New York, questo test evidenzia la quantità di anticorpi neutralizzanti IgG e IgA (le IgA sono le immunoglobuline secrete nelle mucose, importanti per la risposta al virus) in grado bloccare la proteina virale che si lega al recettore ACE2 (presente sulle cellule umane) per infettare le cellule e propagarsi nei pazienti.
“La produzione del test costa due centesimi a paziente, e il test stesso”, dice De Maria, “ha una sensibilità e una specificità molto elevata”. Se molti restano non diagnosticati, in quanto poco sintomatici o non sintomatici per via della disponibilità limitata dei tamponi, nella Fase 2, con più persone in circolazione, diventerà necessario anche sapere se i cittadini abbiano degli anticorpi che li proteggano da una nuova infezione. “Il test è riproducibile da qualsiasi laboratorio con competenza accademica”, dice De Maria. Si è ora in attesa che arrivi la certificazione. Una volta ottenuta, le regioni potrebbero avvalersi anche di questo strumento.
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