L'esperto di comodo
Si è scelto l’ottimista o il pessimista che più piaceva, per poi scaricare sulla scienza gli eventuali fallimenti
Si fa un gran parlare del fatto che gli scienziati, con le loro opinioni a volte anche radicalmente discordanti, in questo periodo abbiano reso un cattivo servizio alla società.
Queste critiche, quando sono rivolte a qualcuno in particolare sulla base di fatti ben circostanziati, sono indubbiamente meritevoli di attenzione; e non sarò certo io a negare che troppi hanno parlato e spesso continuano a parlare prima che i dati siano non dico consolidati, ma perfino disponibili – dal che si arriva poi anche alle liti, perché una volta che ci si è sbilanciati supplendo con la sicurezza ostentata in pubblico ai numeri mancanti, è molto più difficile tornare indietro per considerare con la dovuta attenzione i fatti contrastanti portati da un collega.
Qui però mi interessa smontare il giochino che si sta mettendo in piedi, che consiste nello screditare in toto la scienza e i suoi esponenti, nascondendo la responsabilità di scelte scriteriate dietro l’incertezza della scienza.
Intanto, di fronte a un fenomeno come quello che si sta manifestando, sono i dati stessi a essere discordanti, perché eterogenei e contraddittori, e soprattutto perché non esiste ancora una mole di fatti sufficientemente consolidata da poter prendere posizione con sicurezza sui temi che più ci starebbero a cuore durante l’epidemia. Gli scienziati e i ricercatori dovrebbero certo essere meno presenzialisti e smetterla di dire la qualunque, ma non si può pretendere che abbiano un’opinione concorde; anzi, come ho già scritto, è un bene che, nel momento in cui si devono selezionare le teorie migliori, ve ne sia un gran varietà, da confrontare con i dati che emergono man mano.
Inoltre – e questo è il punto più importante – le decisioni sono state prese comunque, e non è che gli scienziati fossero prima concordi, e oggi discordi: semplicemente, di volta in volta si è dato ascolto a chi faceva comodo, per giustificare prima i tanti #nonsiferma, dando ascolto a chi sbandierava sicurezza sulla non pericolosità del virus, e poi le decisioni prese per far vedere che si faceva qualcosa di fronte ai morti che aumentavano, selezionando questa volta chi prediceva 151.000 ricoverati in terapia intensiva in un giorno preciso.
Invece di dichiarare in modo trasparente che l’incertezza era tale da preferire al dato scientifico dubbio il bilanciamento degli interessi concreti in gioco, si è scelto l’ottimista o il pessimista che più piaceva, per poi scaricare sui comitati, sui tecnici, sugli scienziati tutti gli eventuali fallimenti.
A questo gioco si sono certo prestati anche alcuni che non si sono tirati indietro quando invece era il momento di rifiutare valutazioni azzardate; dimenticando che compito dello scienziato non è emettere oracoli, né dimostrare la propria sapienza, ma illustrare i dati disponibili e quantificare l’incertezza, perché altri possano poi bilanciare il rischio con gli interessi di tutte le costituenti del corpo sociale. Non assolvo certo questi tecnici e questi ricercatori; ma le accuse non circostanziate rivolte all’intera comunità scientifica, quali quelle di catastrofismo eccessivo o di previsioni fallimentari, provenienti da politici e loro amici che vogliono scaricarsi dalle proprie responsabilità additando un colpevole nuovo e screditando chi ha evitato guai peggiori, francamente non si possono sentire, né cancellano la scriteriata e opaca gestione della crisi da parte di amministratori irresponsabili e incapaci.
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