Roma. “Quando le abbiamo separate c’è stato un silenzio rumorosissimo. Eravamo estasiati, era qualcosa di mai vissuto prima, era avvenuto un fatto straordinario, non solo un gesto tecnico riuscito bene. Questo evento segna il futuro di chi era lì: ognuno di noi ha trovato un senso in più nella professione a cui dedica gran parte della propria vita”. E’ soprattutto una storia di sguardi quella di Ervina e Prefina, due bambine che hanno compiuto due anni lo scorso 29 giugno: le abbiamo viste in un video festeggiare agitando le mani, felici in braccio alla mamma che spegneva le candeline per loro, tra gli applausi di medici e infermieri dell’ospedale Bambino Gesù a Roma. Soltanto da poche settimane queste due bimbe nate in un villaggio a 100 chilometri da Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, e oggi famose in tutto il mondo, possono guardarsi in faccia, possono vedere insieme le stesse cose. Gemelle siamesi nate unite per la nuca, colpite da una malformazione rarissima che si chiama craniopago, sono state separate lo scorso giugno grazie a una serie di interventi unici nella storia della medicina. Condividevano scatola cranica, pelle, un pezzo di cervello, gran parte del sistema venoso. Ma non lo sguardo sulle stesse cose. Nelle foto di quando erano ancora unite sorridono, nonostante tutto. Sorride anche la mamma, che non poteva immaginare di finire a Roma con le sue bambine, incontrata e abbracciata da Mariella Enoc, la presidente del Bambino Gesù, nel luglio del 2018. Enoc era andata a vedere come procedevano i lavori di un ospedale voluto dal Papa a Bangui, ha saputo di Ervina e Prefina ed è andata a prenderle. “Quando si incontrano vite che possono essere salvate, va fatto – ha detto – Non possiamo e non dobbiamo voltare lo sguardo dall’altra parte”. Ha chiesto di occuparsene a Carlo Marras, responsabile di neurochirurgia del suo ospedale. Lui ha detto sì, ce l’ha fatta e adesso lo racconta al Foglio, raccontandosi. Quando lo incontriamo sorride da dietro agli occhiali. Ha appena fatto un’intervista con una tv cilena – lo cercano da tutto il mondo ora. “Si parla tanto di Marras – dice il professore senza nascondere l’orgoglio per la fama improvvisa (“chi non è un po’ narciso?”) – ma Marras esiste perché esistono gli altri”. Gli altri sono i colleghi dell’équipe medica che ha operato le bambine, ma non solo. Quando parla di sé Marras non parla quasi mai di sé e basta, c’è sempre un rapporto, un’amicizia, un compagno di viaggio, un maestro, qualcuno che sta sulla soglia di ciò che racconta.
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