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Cattivi scienziati

Come evitare il lockdown

Enrico Bucci

Il danno economico che provocherebbe costituirebbe un rischio per la salute maggiore del Covid stesso

Uno dei problemi che ci troviamo ad affrontare nella pandemia da Sars-CoV-2 è la diffusione del virus mediata da soggetti presintomatici o totalmente asintomatici. Partiamo dai dati finora disponibili circa l’effetto dell’infezione nei soggetti asintomatici: secondo una recente review, che ha analizzato 34 studi per un totale di 506 persone infette, si tratta di individui mediamente più giovani dei sintomatici. Nonostante questi soggetti appaiano asintomatici, in realtà oltre il 60 per cento di essi mostra anomalie polmonari all’esame tomografico, consistenti nel 40 per cento degli asintomatici totali nelle classiche “opacità a vetro smerigliato”, le quali sono correlate direttamente al danno causato dal virus ai polmoni. Al momento, non è noto quanto questi danni polmonari subclinici possano compromettere la fisiologia respiratoria dei soggetti interessati; certo è che il polmone, almeno temporaneamente, può essere danneggiato anche nei soggetti asintomatici. Per questa ragione, la giusta distinzione tra positivi asintomatici e malati veri e propri è più sfumata di quanto si possa pensare. Oltre all’attenzione dei clinici, i soggetti presintomatici e asintomatici meritano attenzione da parte degli epidemiologi: quanto incidono questi soggetti nella diffusione del virus? Una recente analisi che ha considerato 94 diversi studi stabilisce innanzitutto che, con il 95 per cento di confidenza, tra il 17 per cento e il 37 per cento di chi si infetta rimarrà asintomatico. Inoltre, sebbene chi è senza sintomi abbia in media una minore capacità infettiva, soprattutto i soggetti asintomatici, essendo per la maggior parte dei casi non consapevoli della propria positività al virus, costituiscono un vettore ai fini della diffusione virale. 

 

Ricapitoliamo: i soggetti asintomatici (e i presintomatici) rischiano danni di salute e costituiscono senza dubbio un pericolo per gli altri. Infine, oggi sappiamo anche che, in una percentuale ancora non nota di casi – speriamo piccola – ci si può reinfettare con Sars-CoV-2 più volte, e nei casi noti l’infezione originaria era a sintomatologia modesta o nulla, così come la seconda infezione era asintomatica. Per queste ragioni non è possibile restringere le politiche sanitarie e di tracciamento ai soli soggetti sintomatici. Ma adesso immaginiamo di scoprire di avere avuto contatti frequenti e ravvicinati in passato con un individuo positivo a Sars-CoV-2 e di non manifestare alcun sintomo. In queste condizioni, dal punto di vista della salute individuale rischiamo certamente poco, al massimo dei danni polmonari di livello subclinico che non sappiamo quale pregiudizio apporteranno; al contrario, vi sono possibilità non trascurabili che, se ci sottoponiamo a un test, risulteremo positivi. Se sapessimo che questo comporta la quarantena certa, anche lunga, e dunque un danno economico certo e non sopportabile, il quale potrebbe oltretutto ripetersi nel tempo per una reinfezione, la scelta razionale da effettuare per un asintomatico probabile infetto sarebbe quella di non sottoporsi al test diagnostico e continuare la vita di sempre, con le ovvie conseguenze per la diffusione del virus che ciò comporta.

 

Ecco perché la quarantena individuale obbligatoria per tutti non può funzionare, in presenza di un gran numero di portatori asintomatici o presintomatici del virus che sono sostanzialmente invisibili al sistema sanitario, senza che contemporaneamente siano offerti adeguati incentivi economici ai lavoratori e alle imprese in cui sono assunti. Ed ecco perché, invece, è indispensabile puntare sull’uso delle mascherine che deve – quello sì – essere reso obbligatorio ovunque vi sia rischio di trasmissione del virus, considerando il contributo che a questo fenomeno danno gli asintomatici ed i presintomatici, privilegiando le mascherine con livello superiore di protezione negli ambienti più a rischio (ove cioè molte persone si ritrovano insieme al chiuso oppure ove il rischio professionale è maggiore) e per le fasce di popolazione a maggior rischio (ultracinquantenni).

 

Sempre, naturalmente, che non si voglia rischiare un nuovo, disastroso lockdown; il quale, tuttavia, a causa del danno economico che provocherebbe, costituirebbe forse un rischio per la salute maggiore del coronavirus stesso.

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