Cattivi scienziati

Contro il Covid le misure punitive e troppo restrittive non funzionano

Enrico Bucci

La diagnostica rapida e il buon senso delle persone sono le leve su cui puntare per contenere i focolai, non l'obbligo di mascherina in ogni circostanza 

C’è qualcosa che, nel gestire la pandemia e i suoi effetti, dobbiamo considerare con attenzione. Qualunque strategia per proteggere la salute pubblica che richieda cambi radicali e improvvisi nel comportamento delle persone e la loro perfetta aderenza è destinato a fallire. Questo, più o meno, ha detto alla Cnn Julia Marcus, un’epidemiologa di Harvard, in una sua recente intervista. La studiosa stava riferendosi a un esempio concreto, che vale la pena di riportare: le scuole e i college americani hanno emanato prima della riapertura autunnale una serie di regole dettagliate, che prevedevano il rispetto completo delle distanze e dell’uso della mascherina fra tutti gli studenti, come unico modo di evitare l’insorgenza anche di un singolo focolaio epidemico – pena la chiusura della scuola stessa. Non si tratta di regole destinate a rimanere sulla carta, visto che per esempio presso la Purdue University oltre una trentina di studenti sono stati puniti per aver organizzato dei party al di fuori del campus universitario.

 

Può funzionare un sistema di regole che garantisce la salute di una comunità solo a patto di evitare qualunque nuovo focolaio, e per farlo si basa su misure di tipo punitivo e sulla colpevolizzazione e la punizione di chi non rispetta in modo integrale quelle regole – in questo caso gli studenti? Come previsto da Julia Marcus, non può funzionare. Infatti, due studi recentissimi che hanno preso in considerazione i dati recenti di nuove infezioni negli Stati Uniti non hanno potuto che constatare il grande aumento di nuove infezioni nella fascia dei giovani, al seguito della riapertura di scuole e università e anche in tempo reale subito dopo la riapertura. Allo stesso tempo, constatato il fallimento delle variegate ma sempre punitive misure messe in atto, università, college e scuole hanno scaricato la responsabilità sugli studenti, sempre in linea con quanto la Marcus aveva predetto; e in ciò, si ripete nel microcosmo del sistema educativo quello che a scala maggiore tende ad avvenire nelle varie nazioni, ove sistemi di regole troppo complessi e di difficile osservabilità, fatti di distanze differenziali tra i tavolini, raccolte di nominativi e numeri di telefono a carico dei gestori di locali di ristorazione, rime buccali, banchi a rotelle e altri infiniti accorgimenti e misure sono il pretesto per scaricare sui cittadini inosservanti la responsabilità per la risalita delle infezioni quando le cose vanno male.

 

E’ evidente che il distanziamento, le mascherine e la pulizia delle mani sono tutte misure che il cittadino è tenuto a osservare e su cui ci si aspetta la collaborazione di tutti; ma da qui a prevedere obblighi come quello della mascherina all’aperto in ogni circostanza o altre misure di utilità dimostratamente nulla, come a suo tempo fu la disinfezione delle strade, ne passa di strada. Non possiamo chiedere alle persone di non camminare per impedire che cadano; e così è inutile chiedere di indossare la mascherina all’aperto, per poter controllare che tutti la portino o per evitare che se ne dimentichino al chiuso o in presenza di assembramenti. Possiamo – e dobbiamo – contare sul buon senso della media degli italiani, che ci ha portato a essere attualmente un’isola felice nel resto d’Europa, nonostante gli strilli di facinorosi pseudoscienziati e cospirazionisti vari, e soprattutto dobbiamo puntare su una sempre migliore e meno invasiva diagnostica rapida, su cui vanno investiti tutti gli sforzi, perché evitare che sorgano focolai è impossibile, ma contenerli è possibile e doveroso.

 

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