I mammiferi che vengono usati dai virus come serbatoio. I primi animali a essere contagiati dall'uomo. Quelli che potrebbero aiutarci a trovare la cura. E il lavoro degli investigatori – veterinari, biologi, epidemiologi – che cercano risposte alle nostre domande
All’inizio di questa pandemia, e per mesi, abbiamo usato “Spillover” di David Quammen come una bibbia. E’ il libro del divulgatore scientifico che spiega in modo facile, con degli esempi concreti, la zoonosi: cioè il passaggio, il “salto” dei microorganismi patogeni dagli animali all’uomo come agenti infettivi che possono provocare malattie. Quammen racconta vari episodi di zoonosi e le corrispondenti malattie infettive generate da altrettanti animali: i cavalli, i gorilla, gli scimpanzè, i ratti, i pipistrelli. E spiega anche la difficoltà, da parte di veterinari, biologi ed epidemiologi di trovare l’animale oppure gli animali che hanno ospitato il virus, le bestie nel quale si è replicato, si è evoluto, fino al salto sull’uomo. E’ un lavoro da investigatori, che può durare anni. Con questa pandemia abbiamo chiamato in causa parecchi animali, come fossimo dentro a una specie di bestiario – il libro didattico che nel Medioevo si usava per descrivere gli animali. Non solo per trovare la causa della nuova malattia che abbiamo chiamato Covid, ma anche per dare un senso alle nostre paure, per trovare una ragione alla rivoluzione che stiamo vivendo. Il ruolo degli investigatori – veterinari, biologi, epidemiologi – è fondamentale: capire l’origine del virus significa saper gestire anche le prossime pandemie, e soprattutto cercare di prevederle.
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