CATTIVI SCIENZIATI
Sul vaccino italiano, sperimentato da Reithera, c'è ancora troppa vaghezza
Non è possibile criticare ciò che fanno gli altri, il “sovranismo vaccinale” di Russia, Cina, Inghilterra, e poi assistere ad una specie di “film Luce” in cui, in piccolo, lo stesso spettacolo si replica nel nostro paese
Chi mi segue su queste pagine, sa che quando aziende o governi hanno fatto roboanti annunci circa le capacità dei vaccini sviluppati in vari paesi, sono stato piuttosto critico. Questo perché spesso tali annunci erano diffusi in assenza di dati concreti accessibili, e spesso se ne desumeva una sostanziale insufficienza dell’informazione diffusa nel supportare le conclusioni che venivano sbandierate. Non posso quindi esimermi dal valutare quanto è stato diffuso in Italia a proposito di ciò che è stato presentato come il frutto dell’innovazione del nostro paese, cioè il vaccino sviluppato dall’azienda Reithera.
Prima di cominciare, tuttavia, mi corre l’obbligo di dichiarare al lettore un mio conflitto di interesse: il fondatore di quell’azienda (allora chiamata Okairos), il compianto Riccardo Cortese, mi è caro e ben noto, e alcuni ricercatori che hanno lavorato per molto tempo o lavorano in Reithera sono stati miei mentori, quando, giovane studente non ancora laureato, frequentavo i laboratori della Irbm di Pomezia. Detto questo, passiamo a esaminare i fatti. Lo studio del vaccino di Reithera, basato come quello sviluppato da AstraZeneca su un adenovirus di scimmia (gorilla) esprimente la proteina spike, è uno studio di fase 1, che nelle intenzioni doveva arruolare una novantina di pazienti, divisi in due gruppi (18-55 anni e 65-85 anni) e testare tre dosi differenti in ciascuna coorte, per un totale quindi di 6 gruppi sperimentali, ciascuno da 15 pazienti, al fine di definire l’incidenza di eventuali effetti avversi e di reazioni non desiderate. Questo risulta dalla documentazione ufficiale, registrata sia in Italia sia negli Stati Uniti. Come è successo per praticamente tutti gli altri vaccini, nello studio si è andati oltre la definizione della sicurezza del vaccino testato: si è misurato in particolare la quantità di anticorpi neutralizzanti formati e, a quanto è stato dichiarato, anche la risposta di tipo T indotta.
Fin qui, se avessimo i dati potremmo pure essere contenti; il problema, tuttavia, è che questi dati non li abbiamo, come non li abbiamo avuti quando sono stati annunciati i fantomatici risultati del vaccino russo o di altri vaccini. Dobbiamo quindi faticosamente cercare di capire qualcosa dalle dichiarazioni rese in conferenza stampa, e qui cominciano i problemi. Giuseppe Ippolito, il direttore dello Spallanzani, ove si è svolta la sperimentazione, ha dichiarato: “Per quanto riguarda gli anticorpi neutralizzanti, li abbiamo trovati su 42 dei 44 volontari che hanno ottenuto il vaccino”. Il punto è che, ancora Ippolito, ha dichiarato altrove che “tutti i volontari arruolati, circa 100 persone, sono arrivati alla fine per la valutazione di sicurezza, e il vaccino non ha avuto nessun evento avverso grave nei primi 28 giorni dalla vaccinazione”. Questa seconda dichiarazione è consistente con la dimensione prevista per lo studio (90 pazienti); ma non con la sua dichiarazione circa il reperimento di anticorpi in 42 individui, a fronti di 44 vaccinati. Insomma, quanti sono gli individui che hanno ricevuto il vaccino? Il disegno sperimentale originariamente previsto è stato rispettato? Ippolito ha inoltre dichiarato che “anche sul fronte delle cellule T la risposta è stata in linea con i vaccini di Moderna e Pfizer”. Cosa significa “in linea”? I dati sono stati ottenuti cioè su gruppi di sufficiente ampiezza, da poter essere paragonati quantitativamente a quelli ottenuti con gli altri vaccini? E, peraltro, a che distanza di tempo rispetto alla vaccinazione?
Come credo che a questo punto dovrebbe essere chiaro, ci troviamo di nuovo davanti a dichiarazioni rese sostanzialmente per fini che non sono quelli propriamente scientifici; e non a caso, queste dichiarazioni, come quelle del vaccino di Putin, sono state rese in presenza di politici di primissimo piano, prontamente accorsi, e a favore di telecamere, invece che attraverso il rilascio per lo meno di un documento di valutazione ad interim, che permettesse un effettivo giudizio su quanto ottenuto. Intendiamoci bene: proprio a causa del mio bias, che ho reso presente dichiarando il mio potenziale “conflitto di interessi”, io mi aspetto che il lavoro fatto dai ricercatori dell’azienda (e dello Spallanzani) sia eccellente, perché ricordo bene ciò che ho visto fare un quarto di secolo fa dal gruppo da cui questa azienda è nata. Però non è possibile criticare ciò che fanno gli altri, il “sovranismo vaccinale” di Russia, Cina, Inghilterra e altri paesi, e poi assistere ad una specie di “film Luce” in cui, in piccolo, lo stesso spettacolo si replica nel nostro paese. Non se ne può più di chiacchiere a favore di telecamere, fatte per distrarre e sollazzare investitori e opinione pubblica, se a esse non corrisponde il rilascio immediato di quanto è necessario per capire il reale risultato raggiunto. Per questo, attendiamo con fiducia e con pazienza i risultati che il serissimo gruppo di ricerca impegnato nello sviluppo di questo candidato vaccino renderà senza dubbio pubblici; e aspettiamo i risultati di fase 2 e fase 3, che sempre quel gruppo di scienziati produrrà scrupolosamente e senza lasciar nulla in sospeso, prima di bearci dei telegiornali e dei notiziari che riportano l’avvenuto ottenimento del “vaccino italiano”.
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