A che punto è la notte della pandemia
Continuare a prestare attenzione, senza cedere all’isteria. Le varianti come prodotti normali della circolazione del virus. Chiusure chirurgiche meglio di un lockdown generalizzato. Avanti tutta con i vaccini. Parlano gli scienziati
I rischi di una “terza ondata”, le varianti in agguato, le voci di un nuovo lockdown. Per capire se e quanto essere preoccupati, poco o tanto, abbiamo consultato alcuni esperti. “I presupposti per un confinamento generalizzato non esistono”, esordisce il professore Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele, un’autorità assoluta nel campo. “Dobbiamo prestare attenzione, usare massima cautela sul fronte delle riaperture, ma senza cedere all’isteria e all’allarmismo perché i numeri parlano chiaro: i contagi sono in calo da settimane, i ricoveri in terapia intensiva pure, i decessi diminuiscono, siamo arrivati a un tasso di positività del 3,8 per cento. Ieri al San Raffaele, il più grande ospedale di Milano con 1.400 posti, sono entrati solo quattro pazienti Covid. Aggiungo poi che, con l’arrivo di un grande scienziato come Giorgio Palù a capo dell’Aifa, finalmente anche in Italia hanno fatto il loro ingresso gli anticorpi monoclonali in grado di curare i malati di Covid”.
Ma altri suoi illustri colleghi, come il professore Massimo Galli, lanciano invece l’allarme varianti. “Galli lavora al Sacco, un ospedale di Milano nord, dove non so bene quale sia la situazione effettiva. La verità è che una parte di coloro che fanno i commentatori televisivi probabilmente hanno ricevuto una preparazione frettolosa. Nessuno spiega infatti che i coronavirus infettano proprio come varianti: il virus che è arrivato in Europa era una variante, con una mutazione della proteina Spike, di quello che già nell’autunno del 2019 circolava in Cina, nella provincia di Wuhan. Le varianti sono prodotti normali della circolazione dei coronavirus, si formano in continuazione, non capisco la sorpresa e la preoccupazione, un po’ isterica, di alcuni colleghi”. Insomma, i coronavirus si adattano e mutano. “Per dirla semplice, i virus non mirano a uccidere l’ospite ma piuttosto mutano per replicarsi meglio. Per questa ragione è fondamentale il monitoraggio: a Napoli, per esempio, si è scoperta in questi giorni una variante inedita”.
Quella che preoccupa di più è la variante inglese, ormai presente in tutte le regioni italiane. “Tra qualche settimana potrebbe diventare quella prevalente in Italia, anzi il cento per cento del virus presente nel nostro paese. Tuttavia, anche in questo caso, non comprendo l’isteria: tutti i vaccini finora approvati bloccano anche le varianti, e questo andrebbe sottolineato con maggior forza per tranquillizzare le persone. Vaccinatevi e usciremo presto dal tunnel”. Lei sostiene dunque che i vaccini siano efficaci anche sulle varianti brasiliana e sudafricana? “Premesso che i casi di queste due varianti in Italia si contano sulle dita di una mano, posso assicurare che Pfizer e Moderna sono sicuramente efficaci su tutte le varianti”. Resta il fatto che la variante inglese risulta più contagiosa, insomma si diffonde più rapidamente. “Se entro l’estate avremo vaccinato gli over 50, potremo tirare un sospiro di sollievo. In Israele, dove l’80 per cento degli over 50 ha già ricevuto entrambe le dosi del vaccino, le ospedalizzazioni sono calate del 94 per cento. Non è tempo di pensare alle riaperture ma è tempo di organizzare una campagna vaccinale con l’acceleratore schiacciato, giorno e notte”.
Mentre le “primule”, volute dal commissario Domenico Arcuri, appassiscono, si pone la necessità di individuare nuovi spazi, coinvolgendo medici di base e Protezione civile. “Bisogna vaccinare ovunque, in ogni luogo, pure nelle farmacie, sotto la supervisione di un medico. Dobbiamo recuperare il tempo perduto”. Un problema è l’approvvigionamento del vaccino. Mancano le dosi. “Io sono ottimista, tra poco avremo tanti vaccini, anche quello russo che ha presentato dati straordinari, con un tasso di efficacia pari al 91,6 per cento, ai livelli di Pfizer e Moderna”.
La buona notizia è che Johnson & Johnson ha presentato domanda di autorizzazione all’Ema mentre diverse regioni, dal Veneto alla Campania, annunciano di voler procedere ad acquisti paralleli. “Questo non mi convince, se davvero fosse possibile reperire dosi al di fuori della contrattazione centralizzata europea ciò vorrebbe dire che esiste un mercato sotterraneo, il che solleva dei quesiti: si tratta di vaccini accantonati dalle case produttrici? O parliamo di vaccini falsificati? Io ritengo che si debba battere un’altra strada: acquistiamo la licenza dei brevetti e produciamo in casa. La cancelliera Angela Merkel pensa di produrre il vaccino Sputnik 5 in Germania, dovremmo seguire il suo esempio utilizzando i nostri siti di produzione”.
Negli ultimi giorni si è tornato a discutere del ruolo mediatico degli scienziati, dopo le dichiarazioni di Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza. “Ai miei colleghi offro un semplice consiglio: lavorare di più, parlare meno. A comunicare al grande pubblico dovrebbe essere una voce unica: in Germania Christian Drosten è il virologo nazionale, indicato in quel ruolo dalla cancelliera Merkel”.
Per l’immunologa Antonella Viola, docente di Patologia generale presso l’Università di Padova, “un lockdown di due o tre settimane non cambierebbe le cose perché quel lasso di tempo non basterebbe a vaccinare gli italiani: la circolazione del virus rallenterebbe ma poi, con le varianti presenti, riprenderebbe a circolare”. Quando raggiungeremo l’immunità di gregge? “Io ritengo che sia tecnicamente impossibile raggiungerla, c’è una formula matematica e sfido chiunque a sostenere che la raggiungeremo. Mi limito a far notare che non esiste un vaccino pediatrico, dunque la fascia dai 16 anni in giù, che equivale a circa il 15 per cento della popolazione, non si vaccinerà. A questo si aggiunge un ulteriore 30 per cento che include le persone riluttanti a sottoporsi alla somministrazione, insieme ai No Vax duri e puri. Ma questo non deve farci paura, non dobbiamo allarmarci perché usciremo in ogni caso dal tunnel quando avremo messo in sicurezza le categorie a rischio: se vacciniamo gli over 65 e le persone fragili, non ci saranno più ricoveri e decessi, dunque la stragrande parte delle persone che si ammalerà manifesterà una banale influenza o sarà del tutto asintomatica”.
A febbraio Moderna consegnerà all’Italia la metà delle dosi concordate ma, in compenso, si affacciano nuovi vaccini, incluso quello russo. “Ho letto il report di questo vaccino, promosso anche da Lancet. Alcuni numeri non mi convincono pienamente ma l’efficacia sembra superare il 91 per cento. Se l’Agenzia europea del farmaco lo approvasse, non avrei dubbi”. E degli 81 milioni di euro investiti a gennaio sul vaccino italiano doc, Reithera, lei che pensa? “Ritengo che sia un totale non senso: arriverà tardi, è uguale ad altri, con una efficacia media, e non sarà per niente facile completare la fase 3 di sperimentazione”. In che senso? “Quando hai già a disposizione dei vaccini, effettuare gli studi clinici per la fase 3 è eticamente scorretto: sulla base di quali criteri individui dei pazienti over 70 e ad alcuni di loro inietti soltanto della fisiologica lasciandoli di fatto senza protezione? Faccio notare poi che tali tecnologie puntano soltanto sulla proteina Spike, in corso di mutazione a causa delle varianti, mentre mi sarei aspettata nuovi investimenti su un prodotto davvero innovativo”.
Ma della variante inglese, ormai altamente diffusa in Italia, dobbiamo avere paura? “La paura non aiuta mai: si registra una maggiore trasmissibilità e pare che contagi di più i bambini ma la sintomatologia nel loro caso è pressoché assente, e il vaccino è efficace. In Umbria poi si sono registrati dei casi di brasiliana, nel varesotto di sudafricana, ma la loro capacità di diffondersi dipenderà anche dalla nostra capacità di sequenziamento”.
A sentire il professore Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano e presidente dell’Anpas, “una certa preoccupazione è ben motivata perché le varianti risultano più contagiose e colpiscono di più i bambini che però, va detto, non presentano complicanze maggiori, anzi il più delle volte sono asintomici e quindi altamente contagiosi per gli altri. Secondo alcuni studi britannici, la variante inglese, avrebbe un tasso più alto di letalità ma non siamo ancora in grado di affermare che ciò valga anche nel nostro paese. Alcuni colleghi, come Galli, Ricciardi e Crisanti, insistono per un lockdown totale ma mi rendo conto che ciò sia difficilmente attuabile, viviamo già in un contesto di grande sofferenza per i cittadini e per intere attività produttive che attendono una fase di tranquillità. Io preferisco chiusure chirurgiche, di carattere locale, laddove i numeri le rendono necessarie. E’ poi importante investire sull’indagine diagnostica di secondo livello per individuare rapidamente le varianti e metterle sotto controllo. L’iniziativa britannica di sequenziamento, che ha permesso di individuare la variante, è abbastanza costosa ma altamente efficiente, l’epidemiologia molecolare si può fare ma costa, e noi siamo un po’ indietro. Dobbiamo monitorare il virus per conoscere le catene di contagio”.
Lei come giudica l’andamento della curva epidemiologica italiana? “I dati sono positivi, contagi stabili e decessi in calo. La nostra potrebbe essere equiparata a una situazione di calma prima di una potenziale tempesta”. Tra il personale sanitario vaccinato i contagi sono calati del 64 per cento. “E’ per questo che serve una campagna capillare, va coinvolta la Protezione civile, i medici di base, noi dell’Anpal siamo pronti a fornire il supporto che serve a livello di logistica e trasporto delle persone”. Con la primavera e le temperature in rialzo, le cose andranno meglio? “Il virus circola anche nei Tropici, ma è chiaro che in estate le condizioni di vita remano contro il virus perché la gente passa più tempo all’aperto dove c’è maggiore ventilazione e minore affollamento”.
Il presidente del Veneto Luca Zaia attende il via libera per acquistare 27 milioni di dosi, e anche Fontana, Bonaccini, Cirio e Fedriga spingono per acquisti autonomi. “Mi domando dove si reperiscano queste dosi, avevo capito che c’era una generale penuria di dosi, e tuttavia penso che sia importante la mediazione dell’Europa che riesce ad essere un compratore importante. Se dovessi dare dei suggerimenti, direi di puntare sulla produzione in casa pagando la licenza ai produttori, sono molte le aziende italiane che potrebbero convertirsi a tale scopo”.
Quando raggiungeremo l’agognata immunità di gregge? “Ci vorrà ancora del tempo ma, anche una volta raggiunta, il virus continuerà a esistere in altre parti del mondo, e siccome le persone non stanno ferme ma si muovono, lo stesso virus potrebbe poi tornare, magari modificato, in casa. Per questo, oltre che per ragioni etiche, dovremmo impegnarci, a livello europeo, a promuovere una campagna vaccinale estesa ai paesi in via di sviluppo. Il problema del Covid ci accompagnerà a lungo, almeno per un paio di anni sarà magari un virus stagionale, non pandemico, ma comunque infastidente. La mascherina che un tempo ci sembrava una roba da orientali è stata definitivamente sdoganata e quest’anno, insieme al distanziamento, ha consentito di azzerare i casi di influenza”.
Il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, sostiene di guardare i numeri, “e dico che sì, ci sono le varianti nel nostro paese ma la vera domanda è: da quanto tempo? Chi può dire che non fossimo già pieni di varianti tre mesi fa? La curva epidemiologica si è stabilizzata, il tasso di positività è intorno al 4 per cento, i decessi sono in calo. Questi sono i fatti”. Eppure negli ultimi giorni assistiamo a un crescendo rossiniano di allarme. “La variante inglese oggi predominante in Italia è coperta dal vaccino, è vero che risulta più contagiosa ma nel nostro paese non risulta essere più letale. Non possiamo abbassare la guardia perché l’andamento del contagio nelle prossime quattro o sei settimane sarà decisivo. I virus respiratori di solito hanno un picco intorno a febbraio e marzo, forse la situazione renderà necessari interventi più aggressivi”. Lei pensa a un lockdown? “No, io sono contrario a un lockdown generalizzato, e poi vorrei domandare a Ricciardi o a Galli che cosa loro intendano per lockdown. Noi siamo già in lockdown, io vivo in zona arancione dove ristoranti, teatri e cinema sono chiusi, palestre e piscine chiuse, i bar fanno solo asporto, dalle ore 22 c’è il coprifuoco, lo sport di contatto è vietato. Cos’altro dovremmo fare? Io penso che sia più utile realizzare interventi chirurgici e aggressivi, anche più rigorosi di quelli previsti per la cosiddetta zona rossa. Dobbiamo intervenire spietatamente laddove i contagi aumentano”.
La Germania, che ha scelto un lockdown duro, non ha introdotto il coprifuoco. “Se la politica vuole chiudere gli italiani in casa, con il permesso di uscire solo per fare la spesa lo dica chiaramente e se ne assuma la responsabilità, troppo comodo scaricare le decisioni impopolari sui tecnici. Io spero che il vaccino Johnson & Johnson sia disponibile già a marzo, prevede una sola somministrazione e si conserva in frigorifero. A quel punto dovremo poter effettuare 350 mila somministrazioni al giorno, altrimenti è bene che chi si occupa della campagna lasci il passo a chi sa farlo”. Ce l’ha con il commissario Domenico Arcuri? “E’ sotto gli occhi di tutti che la campagna, fino a oggi, non ha funzionato, l’organizzazione ha fatto acqua da tutte le parti. Forse Arcuri è stato sovraccaricato di compiti, non so, ma l’obiettivo non è stato raggiunto. Prima si è detto che si doveva vaccinare nelle primule, poi che si dovevano assumere medici e infermieri a livello centralizzato, alla fine è montata una gran confusione. Perché non si sono utilizzate sin dal principio le farmacie, i medici di base, le caserme, le grandi aziende con i medici del lavoro interni? Se ci avessimo pensato prima, ora saremmo molto più avanti. Invece ora le Regioni si ritrovano nella condizione di doversi arrangiare. La campagna è partita da quasi due mesi ma le primule non si sono viste”.
Insomma, non se ne parla di riaperture. “Dobbiamo essere machiavellici e mettere in sicurezza il paese. Se entro l’estate avremo vaccinato gli over 80, le categorie fragili e buona parte degli over 65, potremo tornare a respirare, per l’immunità di gregge invece dovremo attendere che il 70 per cento della popolazione sia vaccinata. Quanto alle riaperture, quel che è consentito a pranzo dovrebbe valere pure a cena. Per ridurre il movimento delle persone lascerei scegliere ai singoli ristoranti se stare aperti a pranzo o a cena: quello nel pieno centro di Roma potrebbe preferire lavorare di giorno, quello di un borgo di provincia invece a cena. Trovo più sicuro un ristorante che non la casa degli studenti che ordinano venti pizze. Servono controlli rigorosi: se sgarri, ti chiudo”. Che pensa degli scienziati che sproloquiano in tv? “Io, Galli e Crisanti siamo battitori liberi, non sempre concordiamo ma la medicina non è una scienza perfetta. Se un esperto invece è consulente del ministro o membro del Cts dovrebbe consultarsi con l’autorità politica prima di parlare. Mi sembra persino banale”.
cattivi scienziati
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