cattivi scienziati
Presto il vaccino di seconda generazione. Con qualche vantaggio
Sviluppato dalla collaborazione di un paio di aziende, si tratta ancora di un vaccino adenovirale, ma con due importantissime novità
"There’s a new kid in town”: sono appena stati rilasciati in un preprint i dati di uno studio di fase 1b su di un vaccino di nuova concezione, potremmo dire di seconda generazione, contro Sars-CoV-2. E’ un vaccino tra le centinaia che si è cominciati a sviluppare l’anno scorso, creato dalla collaborazione di un paio di aziende (ImmunityBio e NatKwest), che hanno testato per la prima volta in uomo il loro prodotto con la collaborazione di diversi centri pubblici Usa.
Si tratta ancora di un vaccino adenovirale, basato sull’adenovirus umano 5 (come una delle due dosi di Sputnik), ma questa volta vi sono due importantissime novità. Innanzitutto, sono espressi due diversi antigeni di Sars-CoV-2: invece che solo la proteina Spike, peraltro modificata per aumentarne l’espressione, è stata inserita nel vettore anche una seconda proteina, la N (nucleocapsidica), modificata per meglio essere riconosciuta dalle cellule T dell’individuo vaccinato. La seconda, importante differenza rispetto alla precedente generazione di vaccini adenovirali consiste nell’eliminazione di alcuni “pezzi” del vettore (regioni E1, E2b ed E3), perché in studi precedenti volti a sviluppare vaccini contro il cancro è stato dimostrato che tale operazione conferisce al vettore adenovirale la possibilità di essere riutilizzato, anche in soggetti che hanno già montato una forte risposta immune contro adenovirus 5.
Come è andata, dunque? Che risultati si sono ottenuti nei volontari iniettati con il preparato? Innanzitutto, si è potuto verificare che, effettivamente, il vaccino è in grado di indurre una risposta di tipo T molto robusta, sia contro la proteina Spike che contro la proteina N. Per quel che riguarda questa seconda proteina, la risposta media è stata oltre 10 volte superiore rispetto a quella di individui non vaccinati; soprattutto, è risultato che la risposta di tipo T indotta dal vaccino contro la proteina N è molto più forte di quella indotta contro la Spike, a indicare che questo nuovo vaccino potrebbe indurre una risposta T molto maggiore di tutti i precedenti (senza perdere quella anticorpale contro la Spike).
A questo punto, come indicato dagli autori, si aprono due possibilità: quella di rinforzare la risposta T di individui che hanno già ricevuto una prima dose dei vaccini precedenti (diretti contro la sola Spike), e soprattutto quella di essere meglio coperti contro qualunque variante debba emergere in futuro. Di fatto, la proteina N, cioè il secondo antigene presente in questo vaccino, è molto poco mutata tra adenovirus anche di specie diverse; pertanto, la risposta T indotta dal nuovo vaccino potrebbe essere protettiva ad ampio spettro, indipendentemente dalle mutazioni della proteina Spike, che invece potrebbero indebolire la protezione dei vaccini di prima generazione.
Infine, un ulteriore potenziale vantaggio che questi vaccini di seconda generazione potrebbero avere: si sta provando a somministrare il prodotto di ImmunityBio e NatKwest per via sublinguale e intranasale, sviluppando anche una pillola termostabile per la potenziale somministrazione orale. Se funziona, questo vaccino potrà posizionarsi anche come semplice richiamo per chi ha già ricevuto una dose di vaccini di prima generazione, allo scopo di indurre una migliore memoria e una migliore risposta T. La ricerca, quindi, non si è seduta sugli allori; resta tuttavia chiaro il fatto che una cosa sono i vaccini, altra le vaccinazioni, e senza il successo delle seconde a nulla valgono i nuovi sviluppi dei primi.