L'indagine
Paure e dubbi su vaccini. La soluzione è comunicare meglio
Dopo il caso AstraZeneca, un italiano su tre pensa che esistano vaccini di serie A e serie B e il 46 per cento è disposto ad aspettare pur di riceverne uno ritenuto “migliore”. Parla la prof. Graffigna, ordinaria di Psicologia dei consumi e della salute della Cattolica
“Se finora abbiamo puntato il dito contro i complottisti nelle campagne vaccinali, adesso stiamo dando un terreno di coltura a questi pensieri negativi” perché i risultati scientifici non vengono comunicati con la dovuta attenzione al “dato psicologico, non solo a quello razionale”. Un report dell'EngageMinds HUB
Da un lato aumentano del 5 per cento le persone convinte dell’efficacia dei vaccini nel prevenire le malattie infettive dall’altro un italiano su tre pensa che esistano vaccini di serie A e serie B e il 46 per cento è disposto ad aspettare pur di ricevere un vaccino ritenuto “migliore”. A spiegare l’atteggiamento degli italiani rispetto ai vaccini dopo le vicende Astrazeneca è la professoressa Guendalina Graffigna, ordinaria di Psicologia dei consumi e della salute all’Università Cattolica e direttore dell’EngageMinds HUB che ha elaborato i numeri.
Ancora: secondo il report “Covid 19 e la maratona pandemica: psicologia e accettazione della campagna vaccinale” il 37 per cento - un italiano su tre - teme gli effetti avversi dei vaccini anti-Covid19. Lo scorso maggio era di 8 punti in meno, il 29 per cento. “Se finora abbiamo puntato il dito contro i complottisti nelle campagne vaccinali, adesso stiamo dando un terreno di coltura a questi pensieri negativi” perché i risultati scientifici non vengono comunicati con la dovuta attenzione al “dato psicologico, non solo a quello razionale”. Il vaccino ha infatti un valore simbolico molto più incisivo rispetto ai normali farmaci, che alimenta fantasie e timori irrazionali. “La persona quando si vaccina si sente sana e percepisce l’inoculazione come momento di esposizione a un patogeno. Questo di per sé psicologicamente spaventa”, spiega Graffigna. C’è, dunque, un piano psicologico (dell’immaginario e delle emozioni soggettive) che ha le sue ragioni, uno scientifico e uno - tutto nuovo - che è quello consumeristico. “Quello che vede la marca di vaccini di serie A o di serie B. Questo non fa che aumentare lo scetticismo. Parlare in termini di marketing di un vaccino stona rispetto a temi quali salute, morte. L’esito è una gran confusione che è terreno fertile per il sospetto”, dice. La soluzione? Comunicare meglio. “Le spiegazioni non devono seguire solo una logica lineare, un pensiero puramente scientifico e razionale perché chi è fuori dal mondo istituzionale e medico ragiona in modo laico che segue equazioni psicologiche. Il rischio è di parlare e di non farsi ascoltare, di parlare due lingue diverse”.
Per il report “Covid 19 e la maratona pandemica: psicologia e accettazione della campagna vaccinale” è stato coinvolto un campione di oltre 5.000 italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione.
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