cattivi scienziati
Contro i fake: la lotta della scienza che esce dalla torre d'avorio
Chi diffama gli scienziati impegnati in pubblico prima o poi la paga. Il caso Xylella
Molti ricercatori, scienziati e studiosi, tra cui il sottoscritto, ritengono che sia un dovere etico e civile cercare di avvicinare i cittadini ai migliori risultati che la ricerca scientifica e la riflessione razionale sulla realtà riescono a produrre, un dovere questo derivante dallo sforzo sostenuto dalla collettività per finanziare con le tasse di tutti gli studi, le ricerche e i risultati di alcuni. Anche se è sempre utile far conoscere la bellezza e l’utilità del metodo scientifico e delle acquisizioni anche filosofiche che derivano dal suo utilizzo, soprattutto quando si tratta di questioni di pubblico interesse, è vitale che in una democrazia chi studia da una vita certi problemi e possiede certi strumenti cognitivi e culturali utili ad affrontare un dato problema, faccia uno sforzo perché la collettività possa giovarsi di ciò che sa. Eppure, questo convincimento, che in tanti condividiamo, che sia necessario e giusta la richiesta di uscire dalla famosa torre d’avorio, convincimento che ci porta a dedicare tempo e risorse a un’attività non strettamente necessaria né al nostro lavoro né alla nostra carriera, si scontra con la bugiarda diffamazione da parte di soggetti controinteressati, i quali non controbattono in maniera utile o civile, ma fanno della menzogna la loro arma e del coro da stadio la loro forza, tentando di aizzare la collettività contro lo studioso, contro il ricercatore, contro chi, insomma, cerchi di offrire qualche strumento per l’interpretazione scientifica della realtà.
Per esempio, a fronte del mio impegno personale e del tempo che ho speso insieme a tanti altri ricercatori nel tentativo di fronteggiare la disinformazione che, opportunamente cavalcata, è stata concausa della distruzione degli ulivi salentini da parte della Xylella fastidiosa, si è passati subito alla ripetuta denigrazione personale, che qui riporto perché ben esemplificativa di quanto troppo spesso capita a me e ad altri.
“C’è un millantatore in giro che si spaccia per professore e ricercatore”: così ci si è riferiti al sottoscritto, oppure anche come al “Super Esperto millantatore di titoli e cattedre, in combutta con un manipolo di politici corrotti”, il quale “tenta di imporre il bavaglio a chi da anni fa ricerca sui danni provati dal glifosate e dai pesticidi”, quando il tutto sarebbe aggravato dal fatto che il sottoscritto “si dichiara professore, non si comprende bene di quale cattedra, di quale disciplina accademica e in quale università del globo”.
Soggetti come l’autore dei virgolettati che ho riportato, magari da una comoda posizione nell’azienda di famiglia, aggiungono oltretutto anche insulti e altre insinuazioni che qui non ripeterò, credendo di poter impunemente spadroneggiare negli spazi pubblici, virtuali e reali, continuando nella loro velenosa opera di disinformazione. Ora, la mia affiliazione e il mio status personale sono facilmente verificabili; ma ciò è inessenziale, perché messaggi come questi (che ho ricevuto spesso, da parte di molteplici soggetti, quando mi sono impegnato pubblicamente) servono a togliere la parola, ben prima che possa intervenire qualsiasi smentita o forma di verifica.
Perché non passasse l’idea che è possibile diffamare impunemente i ricercatori impegnati in pubblico, ho quindi mio malgrado dovuto spendere tempo e risorse per portare il signore in questione a rispondere delle sue azioni, come altri hanno fatto prima di me in analoghe circostanze. Dopo un paio di anni, il risultato è arrivato sotto forma di un Decreto penale di condanna del soggetto “per il reato p. e p. dagli artt. 81, comma 2 e 595, comma 3, c.p. poiché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, comunicando con più persone, offendeva la reputazione del professor Enrico Bucci”. Non so se il condannato si fermerà a riflettere, e se comprenderà che chi mente e procura danno all’altrui reputazione paga; mi interessa, tuttavia, comunicare a tutti gli altri ricercatori, scienziati e uomini di cultura che dedicano parte del proprio tempo al bene comune, che alla fine, se ci si difende, è possibile costringere certi mendaci diffamatori a render conto delle proprie azioni.