Perché la produzione di Sputnik in Russia non riesce a decollare

Un'inchiesta di Reuters rileva perché la realizzazione del farmaco non è stata all'altezza della propaganda

Micol Flammini

La scarsità di stabilimenti, attrezzature e personale sono all'origine delle difficoltà di Mosca, ma sulla lentezza pesa anche il fatto che si tratta di un vaccino più complicato degli altri da realizzare 

Secondo i dati del governo russo sono state somministrate in Russia più di 24 milioni di dosi di vaccino Sputnik V. Più di 14 milioni di russi hanno ricevuto una sola dose, oltre 9 milioni tutte e due. La riluttanza dei russi a farsi vaccinare è stata raccontata da diversi sondaggi. Il centro indipendente Levada ha rilevato che il 62 per cento dei russi non vuole farsi vaccinare e il dato rimane invariato da febbraio. La fiducia delle popolazione non aumenta e non diminuisce e non neppure sapere che il presidente Putin si è finalmente vaccinato ha dato  forza alle vaccinazioni. Sarà anche perché nonostante il vaccino il capo del Cremlino non ha cambiato le sue abitudini e, secondo uno scoop non smentito del sito di inchiesta Proekt, rimane in isolamento.  

 

Si sperava che l’apertura dei confini e l’inizio della stagione estiva facessero venire ai russi voglia di immunizzarsi, la Grecia ha deciso di accettare anche turisti che hanno ricevuto vaccini non autorizzati dall’Ema, ma i nuovi dati del portale SuperJob dimostrano che neppure l’estate ha cambiato l’opinione dei russi e soltanto il 20 per cento degli intervistati dice di volersi vaccinare per poter viaggiare, mentre il 42 dice che non vuole farsi vaccinare affatto, indipendentemente da pass, mare  e frontiere che si aprono. 

 

Quando era tutto un dibattere sul perché il presidente non volesse ricevere il farmaco che tanto il Cremlino promuove – all’epoca c’era soltanto lo Sputnik V – qualche funzionario aveva riferito che se Putin si fosse fatto vaccinare ci sarebbe stato un boom di richieste e la Russia, in quel momento, non era in grado di soddisfarle. Nonostante il vaccino del presidente, a telecamere spente, non c’è stato nessun boom, ma Mosca rimane in gravi difficoltà produttive e in questi mesi non è riuscita ad aumentare le sue capacità. La produzione non è stata all’altezza della propaganda, e per quanto il farmaco sviluppato dall’istituto Gamaleya sia stato approvato in sessanta paesi, produrlo rimane ancora complicato. L’agenzia Reuters ha cercato di capire il perché e ha parlato con quattro produttori e due persone che sono coinvolte nel processo di produzione. Da  queste conversazioni è uscito che Sputnik rimane un vaccino complicato da produrre, la Russia non aveva stabilimenti – una fabbrica sovietica di auto è stata riconvertita – né macchinari né personale. A marzo Putin aveva annunciato che Mosca aveva firmato accordi per l’esportazione di 700 milioni di dosi, ma Reuters si è messa a fare i calcoli e ha concluso che fino al 12 maggio erano stati prodotti 33 milioni di vaccini. Il Fondo russo per gli investimenti diretti, il responsabile della commercializzazione del farmaco, ha detto all’agenzia che la capacità di produzione  è in aumento e che prevede che nel 2021 saranno vaccinate con Sputnik V  circa 800 milioni di persone. Una promessa importante che Mosca sta cercando di onorare aumentando la produzione all’estero. 

 

Uno dei produttori del vaccino è l’azienda R-Pharm che ha uno stabilimento  alla periferia di Mosca. ha detto che il ritmo di produzione stimato all’inizio  sarebbe dovuto essere di 10 milioni di dosi al mese, ma alla fine di marzo non era ancora arrivato a un milione. Tutti i produttori contattati dalle giornaliste che hanno svolto l’inchiesta, erano concordi in una cosa: è un vaccino complicato da produrre. A differenza di altri vaccini, lo Sputnik tra prima e seconda dose utilizza due vettori differenti, è come produrre due farmaci diversi, e la seconda dose è più complicata della prima. Questa difficoltà ha complicato il lavoro dei laboratori e non soltanto in Russia, anche in tutti quei paesi che hanno iniziato a produrlo. Pharmasyntez, un produttore privato che collabora con la realizzazione dello Sputnik, vorrebbe infatti riuscire a lavorare sulla versione light del vaccino, lo Sputnik monodose. 

 

La scarsità di stabilimenti, materie prime, attrezzature  ha complicato la situazione, il produttore Generium ha detto a Reuters che saranno necessari nuovi impianti con una capacità maggiore, ma rimane il problema del personale. Il fatto che le due dosi di Sputnik siano così diverse tra la prima e la seconda aumenta gli sforzi degli scienziati  che vanno strutturato in due squadre separate. E a detta dei produttori, se gli impianti si possono costruire e i macchinari reperire,  formare e trovare personale così in fretta rimane forse la sfida più complessa. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)