Cattivi scienziati
Fact-checking sul biodinamico
I difensori dell’esoterismo in agricoltura obiettano alle critiche. Qui la controreplica
Alcuni solerti difensori del biodinamico provano ad argomentare che, proprio come tolleriamo pratiche religiose in agricoltura, come la benedizione degli aratri o le pratiche Kosher, allo stesso modo non si vede perché dovremmo preoccuparci degli esoterismi biodinamici, che sarebbero solo un credo spirituale un po’ strambo, sovrapposto a una pratica rispettosa per l’ambiente. Benissimo: ma se di culto si tratta, allora non si vede perché suoi rappresentanti di primo piano debbano sedere nei tavoli tecnici dei ministeri, e perché anzi si debbano avere tavoli tecnici dedicati non solo a indirizzare la ricerca di un ministero in tema di biologico, ma anche di biodinamica. Se è una religione, se è un credo, che usufruisca pure dello status corrispondente, e che ciascuno sia libero di praticarla; ma, per il resto, fuori dalle istituzioni e dalle facoltà scientifiche.
Altri argomentano che il biodinamico sarebbe ancora più rispettoso dell’ambiente rispetto al biologico. Questo perché il biodinamico rifiuta molti dei prodotti e dei trattamenti consentiti dal biologico. Ma, in realtà, questo è un argomento figlio del mercato del “senzismo”, per cui ciò che ha qualcosa in meno è più puro e migliore. Dove sono gli studi controllati, su campioni ampi e in cieco, che dimostrino la superiorità del biodinamico sul biologico? Qui abbiamo solo il bias della purezza: togli un po’ di trattamenti, e il risultato sarà certamente migliore; pazienza per la produzione, pazienza per l’onere della prova, ciò che conta è che il biodinamico sia più bianco che più bianco non si può. Senza dati, trattasi di pura leva di marketing, utilmente innestata sui nostri bias.
Poi c’è l’argomento del non poter sollevare critiche, senza aver visitato le aziende biodinamiche. Immagino che, se ne visitassi una (e l’ho fatto), poi bisognerebbe averne visitate almeno una decina, per tempi prolungati, fraternizzando con i conduttori. Per poter scrivere, come guarda caso fa Carlin Petrini sulla Stampa, “conosco molti produttori”. Conoscere direttamente produttori e aziende nulla aggiunge al giudizio sulla biodinamica, che se vuole proporsi come metodo deve provare quanto afferma. Del resto, questo argomento assomiglia a quello di chi, quando cominciai a mostrare numeri alla mano ciò che stava causando Xylella in Puglia, obiettava che siccome io non ero nei campi di olivi del Salento, allora non ne sapevo abbastanza per giudicare. Da quando in qua è necessario frequentare un’azienda, per poter criticare ciò che è scritto nei disciplinari, affermato nei corsi, difeso in mille occasioni pubbliche, reclamizzato nelle istituzioni? Forse che per giudicare degli effetti di un’aspirina è richiesto di visitare uno stabilimento Bayer?
Secondo molti, poi, a opporsi al biodinamico sarebbero “alcuni scienziati, poco inclini al dialogo e con la certezza di essere in possesso della verità assoluta”, come scrive sempre Petrini. Intanto, dai Lincei ai Georgofili, dall’Accademia nazionale agricoltura alla Fisv, continuando in un lungo elenco, non sono “alcuni” scienziati: sono pressoché tutti, eccetto pochissimi. In secondo luogo, gli scienziati chiedono dati e discutono dati, proprio perché non credono alle “verità assolute”: come quelle di chi, invece, continua a dipingere un idilliaco mondo contadino di saperi antichi e camicioni a quadri, senza sentire il dovere di provare quanto afferma, ma soprattutto crede alle energie cosmiche e allo spiritismo di Steiner – e uso il verbo credere a ragion veduta.
Abbiamo quindi l’argomento giuridico, amato da molti politici. Se il biodinamico è obbligatoriamente certificato biologico, si dice, allora necessariamente va normato come il biologico. Certamente, sono d’accordo: e quindi, continuando in questa logica, non si capisce perché distinguerlo, invece di limitarsi a parlare di biologico, indicandolo – uno fra tantissimi credi e metodi – esplicitamente in una legge e soprattutto riconoscendogli un rappresentante apposito presso un tavolo tecnico. Se i furbissimi politici giustamente dicono che di fatto il biodinamico è già biologico, perché certificato tale, devono spiegare allora perché continuare a usare un termine ed un rappresentante distinto.
E infine, il solito argomento di tutte le fuffe sul mercato: il biodinamico rappresenta un valore aggiunto, in grado di ripagare maggiormente il produttore rispettoso dell’ambiente che perde produzione, e se il consumatore lo vuole, allora che lo paghi al prezzo che ritiene valido. Intanto va dimostrato, come abbiamo detto, che il biodinamico sia più rispettoso di altri metodi, ma soprattutto il problema non è tanto o non solo il prezzo, ma la sua giustificazione: se un prodotto viene indicato come possedere virtù non provate, si tratta di frode, non di mercato. E nessun economista entusiasta del maggior rendimento del biodinamico può cambiare il fatto che una pratica commerciale è definita scorretta quando, in contrasto con il principio della diligenza professionale, falsa o è idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta.
Con questo, spero di aver risposto ad alcune delle più comuni obiezioni che mi sono state rivolte; per le altre, ivi incluse quelle di un senatore che pensa di utilizzare argomenti diffamatori in interrogazioni parlamentari sul mio conto rivolte ai ministri dell’Università e della Salute, sono a disposizione.
cattivi scienziati
La débâcle della biodinamica in vigna
Cattivi scienziati