Cattivi scienziati
Occhio! Le sciocchezze sull'eterologa rischiano di rallentare le vaccinazioni
I nuovi contagi nel Regno Unito dimostrano che le scommesse non funzionano
Da quando, a causa delle forti connessioni di quel paese con l’India, è sbarcata la cosiddetta variante Delta, che risulta in grado di propagarsi più rapidamente e con maggiore efficienza nella popolazione, è cominciata una nuova fase di crescita dei contagi, in contemporanea con la sempre più alta prevalenza di quella variante nei campioni sequenziati. Questa settimana, per esempio, il numero complessivo di nuovi contagi è stato del 34 per cento superiore a quello della settimana prima; e questa tendenza dura ormai da circa un mese. Il tempo di raddoppio dei casi è al momento stimato in circa una decina di giorni, e l’Rt risulta pari a poco meno di 1,5.
Non c’è bisogno che io spieghi ai miei lettori cosa significano questi valori, visto che ormai tutti ne hanno sentito parlare per mesi; dirò solo che le infezioni sono in Inghilterra di nuovo in crescita esponenziale, e tanto dovrebbe bastare, se l’esperienza insegna qualcosa. Ai dati forniti bisogna aggiungerne un altro: oltre l’80 per cento della popolazione inglese ha ricevuto almeno una dose di vaccino. Perché, dunque, l’Inghilterra non si è lasciata alle spalle il virus? Il punto è molto semplice: siamo lontani dalla frazione di popolazione che necessita di essere immunizzata, perché il virus smetta di espandersi. La percentuale da cui partire è quella di coloro che hanno ricevuto una doppia dose, ed è pari circa al 58 per cento. Fra questi, come sappiamo, vi sono i cosiddetti non-responder, che per il migliore dei vaccini di cui disponiamo è non inferiore al 5-10 per cento.
Inoltre, considerando la cinetica di sviluppo dell’immunità, bisogna considerare il numero totale di individui che hanno ricevuto la seconda dose una decina di giorni addietro, visto che fino a quando non passa tale intervallo di tempo l’immunità non è piena. Considerando questi due valori, è probabile che la copertura in termini di immunità piena della popolazione non arrivi al 50 per cento; il che lascia ampio margine al virus per propagarsi.
Non solo; bisogna pure considerare che la percentuale di vaccinati ci dà indicazioni sull’immunità di comunità solo nella non realistica assunzione che i vaccinati siano distribuiti omogeneamente nella popolazione. Così non è, né a livello geografico, né, soprattutto, a livello di fasce di età: infatti, nel Regno Unito non si osservano sostanzialmente più ospedalizzazioni fra coloro che hanno oltre 65 anni di età (praticamente tutti coperti con due dosi), e le infezioni fra questi sono un quinto di quanto si osserva nelle fasce più giovani, come risulta dallo studio React-1. Non solo: al momento anche in ospedale ci finiscono soprattutto coloro che non hanno ricevuto o hanno rifiutato anche una singola dose di vaccino (come del resto in Italia, su scala fortunatamente molto minore); il che, indirettamente, conferma la protezione clinica almeno parziale conferita dal vaccino.
Proviamo quindi per una volta a trarre una lezione da quanto stiamo osservando, senza girare la testa dall’altra parte. Innanzitutto, una dose di vaccino non serve a prevenire la circolazione virale, e l’azzardo che si è fatto a procedere senza dati nel Regno Unito oggi si paga: soprattutto finché non ci sono vaccinati in misura molto alta, significa dare al virus la possibilità di raggiungere soggetti fragili, come gli oltre 2,6 milioni di ultrasessantenni italiani ancora non immunizzati.
In Italia siamo ben lontani dal poter abbassare la guardia, perché siamo ben lontani dai livelli di copertura (insufficienti) raggiunti in Inghilterra; eppure, continuiamo a tracciare e soprattutto sequenziare poco, per cui ci accorgeremo all’improvviso di una ripresa epidemica.
Naturalmente, gli stessi dati inglesi indicano anche un’importantissima differenza rispetto alle precedenti ondate: quella attuale, come abbiamo visto, sta interessando in larghissima prevalenza coloro che non sono ancora coperti da una doppia vaccinazione, e quindi accelerando il più possibile la campagna profilattica (che in Inghilterra si spera di concludere per il 19 luglio) si dovrebbe riuscire a evitare danni come quelli incomparabilmente maggiori dell’ondata precedente. In circostanze come queste, ogni sciocchezza comunicativa, ogni parola senza dati solidi, ogni scommessa basata su ottime teorie ma su dati deboli, come sta accadendo inesplicabilmente in Italia con la vaccinazione eterologa, è un azzardo molto maggiore di quel che appaia, perché la perdita di fiducia dovuta a scelte e cambiamenti improvvisi rispetto a quanto ci si è impegnato a fare con i cittadini rallenta la vaccinazione, innanzitutto dei più vulnerabili, lasciandoci esposti alla prossima variante.
E non basta che la scommessa che si sta facendo oggi, costringendo alla vaccinazione eterologa sotto il ricatto dell’incompleta copertura proprio mentre si affacciano varianti pericolose, abbia successo, perché non si gioca ai dadi con la salute pubblica. Possiamo fare anzi una previsione: quando, come ci si aspetta, si verificherà che la vaccinazione eterologa è sicura ed efficace, certamente i suoi sostenitori attuali ed ex post diranno: “Visto? Io l’avevo detto”. Ma questo non servirà ad altro che a dimostrare la loro dimenticanza del metodo scientifico, che non è una scommessa informata sull’opinione dell’autorità più esperta e della necessità di un iter regolatorio preciso, proprio per tutelare i cittadini dalle “educated guess” degli esperti. Non dei trombi, ma dei tromboni bisogna aver paura
cattivi scienziati
La débâcle della biodinamica in vigna
Cattivi scienziati