Dietro le sequenze cancellate di Coronavirus potrebbe non esserci nessun mistero
Uno scienziato recupera alcuni dati sull'origine del virus a Wuhan. Sembra l’inizio di una spy story. Ma più probabilmente è la prassi di ciò che quotidianamente avviene nel lavoro di ricerca e sequenziamento. Parla Giuseppe Novelli, professore di Genetica Medica a Tor Vergata
Ricercatore americano identifica alcuni dati che contengono sequenze del virus che risalgono all'inizio dell'epidemia di Covid-19 a Wuhan e che erano state rimosse deliberatamente dall'archivio delle sequenze dei National Institute of Health (Nih) americani.
Sembra una spy story. Ma probabilmente non lo è
Sembra l’inizio di una spy story. Con ogni probabilità, invece, si tratta di una banale prassi di ciò che quotidianamente avviene nel lavoro di ricerca e sequenziamento del virus. Jesse Bloom, del Fred Hutchinson Cancer Research Center, ha recuperato i file cancellati da Google Cloud e ricostruito le sequenze parziali di 13 virus dei primi tempi dell’epidemia. Bloom sostiene di aver chiesto ai ricercatori cinesi dell'ospedale universitario Renmin di Wuhan il perché della rimozione dei dati dal database americano, senza però ottenere risposta. La risposta è arrivata direttamente dal Nih che ha spiegato come le sequenze siano state rimosse su richiesta del ricercatore cinese a causa di un aggiornamento delle stesse e di una loro pubblicazione su un'altra banca dati.
Una prassi normale? A quanto pare sì, spiega al Foglio Giuseppe Novelli, professore ordinario di Genetica Medica all’Università di Roma Tor Vergata: “L’articolo di Bloom è ben fatto, ma anche molto meno ‘forte’ nei toni rispetto a come è stato presentato sui giornali. Non ci sono questi tratti da spy story”.
Come funziona il sequenziamento del virus
La prassi per il lavoro di sequenziamento è la seguente. “La procedura è standardizzata. Il Dna del virus viene sequenziato in laboratorio - spiega Novelli -. I sequenziatori di ultima generazione raccolgono i dati in storage specifici. Abbiamo poi format per inviare i dati di migliaia di sequenze per mezzo di alcuni programmi ad hoc. Si parte dunque dal dato grezzo raccolto dal computer, si passa a questo sistema fino al deposito in banche dati come quella Nih”.
I dati cancellati
Quanto alla cancellazione dei dati, “nessun mistero - aggiunge Novelli -. E’ possibile che ci si accorga di alcuni errori o che ci siano aggiornamenti importanti e si chieda la cancellazione o la modifica dei dati. Si può anche far richiesta di cancellazione per deposito in altra banca dati, nulla di anomalo. Ad ogni modo, quei dati sono stati depositati al Nih e, una volta cancellati, non sono visibili per esempio a chi come me ha l’accesso, ma non credo l’istituto statunitense non abbia un dato grezzo conservato”.
Il virus a Wuhan prima di dicembre
A parere di alcuni esperti questa scoperta potrebbe rappresentare una prova che il virus stesse circolando a Wuhan già prima di dicembre. Ma anche da questo punto di vista non si aggiunge nulla di nuovo rispetto a quanto già conosciuto fino ad oggi. “Ci sono già 3 lavori importanti sulla circolazione del virus prima di dicembre. Le mutazioni a gennaio e febbraio sono troppe per poter dire che sono avvenute nell’arco di un solo mese. Questo vuol dire che molto probabilmente c’era un progenitore prima, niente di nuovo”, sottolinea l’esperto.
Le ipotesi sull'origine del virus
Le ipotesi in campo sull’origine del virus, spiega Novelli, restano quattro:
- un animale intermedio che non è stato ancora trovato. Un’ipotesi plausibile dal momento che è stata campionata solo una area piccola. Ma il pipistrello, a differenza di altri mammiferi, vola e riesce a coprire distanze molto ampie. Per questo i cinesi stanno allargando i campionamenti anche al Laos e alla Corea;
- potrebbe essere uno spillover diretto da pipistrello a uomo;
- catena del freddo, e quindi un animale congelato che ha infettato altre carni nei mercati;
- virus creato in laboratorio. L’ipotesi più remota data la straordinaria evoluzione del virus.
Ad ogni modo, prima o poi si arriverà a conoscere le origini del Covid-19. Ne è convinto Novelli che traccia così la strada: “Bisogna continuare a tracciare e sequenziare. E dobbiamo farlo sia per individuare e capire le nuove varianti che per comprendere l’origine del virus. Ma non lo si può fare con sequenze parziali e ‘bucate’".
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