cattivi scienziati
Israele dimostra che i vaccini devono evolversi con le varianti
La protezione nel caso della variante Delta cala al 64 per cento (contro il 90 per cento della altre varianti), dice il ministero della sanità israeliano. Se confermato significa imparare a convivere con campagne vaccinali ripetute
Se saranno confermate, le notizie che arrivano dal ministro della sanità israeliano sono in chiaroscuro. Di buono, c’è che resta confermata la prevenzione delle ospedalizzazioni di oltre il 90 per cento tra i vaccinati con due dosi di Pfizer. Se invece si guarda ai dati sulle infezioni, la prevenzione nel caso della variante Delta, che sta facendo risalire i casi in Israele, cala drasticamente, da oltre il 90 per cento contro le varianti precedenti al 64 per cento contro la variante Delta. Questi dati differiscono tuttavia fortemente rispetto a quelli misurati in Inghilterra e resi pubblici dal Public Health England (PHE), ove la prevenzione anche delle infezioni da parte di due dosi di vaccino Pfizer era risultata pari quasi al 90 per cento.
Come interpretare questi numeri? Il problema è molto semplice: se si infettano anche circa un terzo dei vaccinati, fra questi si avranno comunque molti ospedalizzati, vista la dimensione del campione considerato – in particolare, finirà all’ospedale un infetto per ogni 10 che vi finirebbero se la popolazione non fosse vaccinata. In sostanza, rischieremmo comunque un nuovo assedio agli ospedali – pure se forse non di pazienti in condizioni così critiche come accaduto nelle prime fasi della pandemia.
Non solo: avere un virus che circola abbondantemente tra i vaccinati significa che, nell’organismo di questi, che finiscano o meno all’ospedale si avrà ulteriore selezione naturale, aumentando di molto la probabilità che ulteriori varianti immunoevasive possano svilupparsi. Ora, è vero che dobbiamo aspettare la disponibilità dei dati; è vero che dobbiamo attendere la revisione da parte della comunità scientifica; ma è pur vero che, se non sarà la variante Delta quella già in grado di aggirare su larga scala i nostri vaccini migliori, ciò accadrà con la variante mi oppure la omicron o la omega, ma certamente avverrà, sulla base del principio darwiniano di selezione.
Dunque, i nostri vaccini devono evolvere con le varianti, adattandosi man mano ai nuovi ceppi virali, un po’ come avviene per i virus influenzali ogni anno. Per tale motivo, in Israele si pensa già a una terza dose di vaccino in grado di combattere anche questa variante; e vedremo se, confermati i dati sulla sua infettività nei confronti dei vaccinati, davvero sarà possibile far partire una nuova campagna di vaccinazione di richiamo.
Quel che è certo è che per ora ospedalizzazioni e morti, in Inghilterra come in Israele, sono ampiamente sotto controllo, e non accennano ancora a risalire in modo significativo; in particolare il dato inglese, che si riferisce a una popolazione poco più grande di quella Italiana, significa che effettivamente grazie a vaccinazioni estensive si riescono a tenere per il momento sotto controllo gli effetti peggiori della circolazione del virus.
Senza vaccino, il destino è quello dei russi: un paese ampiamente in crisi di fronte a oltre 25 mila casi giornalieri di infezione e a numeri elevatissimi di morti giornalieri, a causa soprattutto del rifiuto della popolazione dei vaccini e della contemporanea campagna sbagliata di comunicazione dal governo, che fino a non molto tempo fa andava ripetendo di aver sconfitto il virus (Putin incluso). Cerchiamo di imparare entrambe le lezioni, quella negativa sulle infezioni che potrebbe arrivarci da Israele, e quella positiva sul dato clinico che ci arriva da Russia, Inghilterra e ancora Israele: vacciniamoci al più presto, e prepariamoci anche all’idea che convivenza con questo virus potrà significare anche ripetute campagne vaccinali. Siamo pronti a trasformare queste ultime in normalità, anziché emergenza, dal punto di vista gestionale e organizzativo?
cattivi scienziati
La débâcle della biodinamica in vigna
Cattivi scienziati