Cattivi scienziati
L'accesso indiscriminato ai preprint nuoce gravemente alla salute
Il caso canadese conferma che non sono ammesse leggerezze, quando si pubblicano studi sui vaccini: una cosa è la libertà di errare, un'altra è diffondere errori al pubblico generico rafforzandone i bias più pericolosi
L’ennesima triste storia di cattiva scienza che dà fiato alle trombe antivacciniste proviene da uno studio canadese, pubblicato sotto forma di preprint, nel quale si sosteneva che i casi di miocardite e pericardite nei vaccinati con vaccino a Rna contro Sars-CoV-2 fossero molto più frequenti di quanto sin qui riportato. Lo studio è stato rapidamente ritrattato, ma non prima che la notizia alimentasse un incendio sui social e su alcune testate in tutto il mondo, contribuendo all’indelebile bias di conferma degli oppositori dei vaccini.
Lo studio, incautamente rilasciato dai ricercatori dell’Ottawa Heart Institute prima di ogni forma di revisione dei pari, ha esaminato il tasso di casi di miocardite e pericardite dopo le vaccinazioni Moderna e Pfizer-BioNTech a Ottawa dal 1° giugno al 31 luglio. Nello studio si identificavano 32 pazienti con gli effetti collaterali summenzionati su un totale di 32.379 dosi di vaccini mRna somministrati a Ottawa nel periodo considerato, il che corrisponderebbe a un tasso pericolosissimo vicino a 1 su 1.000, mai prima documentato. La cosa è semplicemente falsa: come spiegano gli stessi autori del preprint, che è stato ritrattato, l’incidenza da loro trovata “appare ampiamente gonfiata da un denominatore erroneamente piccolo (cioè il numero di dosi somministrate nel periodo di tempo dello studio). Abbiamo esaminato i dati disponibili presso Open Ottawa e abbiamo scoperto che c’è stata una grande sottostima, con il numero effettivo di dosi somministrate che superava le 800.000”. Questo “piccolo” errore degli autori porta l’incidenza reale di pericarditi e miocarditi nel periodo e nella popolazione considerata al di sotto di 4 su 100.000 dosi somministrate, un dato perfettamente in linea con quanto sin qui noto.
Nonostante le scuse degli autori, il danno è ovviamente già fatto, perché né la ritrattazione né le scuse dei ricercatori raggiungeranno mai gli occhi di chi ha sbandierato il documento originale con insana esultanza per la conferma delle proprie convinzioni erronee; è per questo lecito porsi alcune, ulteriori domande.
La prima, molto semplice e più volte riecheggiata: è corretto esporre non alla comunità scientifica, ma al pubblico intero, dei documenti che non hanno passato nemmeno la fase di revisione dei pari, e che quindi non sono nemmeno al livello minimo di garanzia di decenza? Forse, come da più parte proposto, sarebbe ora che i server universitari su cui si trovano i preprint fossero accessibili solamente agli accademici e ai ricercatori di tutto il mondo, attraverso l’accreditamento di chi intende leggerne i contenuti. La seconda domanda, solo in parte connessa alla prima: siamo sicuri che il meccanismo della review aperta, alla base dell’esistenza stessa dei server di preprint, sia gestibile se i commenti e il testo stesso di un preprint possono finire all’istante sui social forum? Anche in questo caso, sarebbe forse opportuno limitare le sedi per la condivisione di questi documenti preliminari, specialmente se possono influenzare in maniera vasta e pericolosa il pubblico prima che si sia certi della loro consistenza.
La terza e più spinosa delle questioni: di fronte a una leggerezza come quella manifestata dagli autori dello scritto, che non hanno minimamente controllato nemmeno il conto più banale pur essendo ben consapevoli della portata di quanto andavano a comunicare, si dovrebbe forse intervenire in qualche modo sui ricercatori, per evitare che simili errori possano ripetersi in futuro? La libertà di errare da parte dei ricercatori e degli scienziati è fondamentale per il progresso scientifico e censurare chi sbaglia è fuori questione; tuttavia, proprio per garantire e tutelare questa libertà, bisogna stare attenti a che gli errori degli scienziati non danneggino inutilmente la società nel suo complesso.
Una cosa è la libertà di errare, una cosa è la possibilità di diffondere errori al pubblico generico, influenzandone in direzione sbagliata le scelte o rafforzandone i bias più pericolosi. Non è possibile pensare a meccanismi punitivi per una pubblicazione errata, a meno che non sia fraudolenta; e proprio per questa ragione, però, è necessario salvaguardare i cittadini da cattiva scienza con impatto evidente sulle scelte e sulle decisioni politiche. I preprint dovrebbero essere almeno in prima battuta accessibili solo agli scienziati; solo dopo revisione di altri, indipendenti dagli autori, potrebbero essere con attenzione divulgati – specialmente quando contengano dati e informazioni di interesse immediato – senza censure, ma non esponendoli al pubblico prima di essere passati prima attraverso un esperto.
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