La predicibilità climatica, filo rosso che lega i tre Nobel per la Fisica
È la vera rivoluzione della fine del secolo passato, grazie ai progressi del computing e dello studio dei sistemi complessi. Ma per quanto precisi, i modelli climatici non si avvicineranno mai alla variabilità della Natura reale
La teoria dei sistemi complessi, con il premio a Giorgio Parisi, motiva metà del Nobel 2021 per la Fisica. L’altra parte è andata a due scienziati del clima, Syukuro Manabe (Università di Princeton) e Klaus Hasselmann (Max Planck Institut di Amburgo). Entrambi, in modo distinto, hanno dato un contributo alla modellistica matematica del clima. Lo scienziato giapponese ha ideato una procedura di simulazione dei comportamenti, radiativi-convettivi, dell’atmosfera che dà conto del ruolo dei gas serra (vapore acqueo, CO2, ozono) nel funzionamento termico dell’atmosfera. Lo scienziato tedesco, invece, si è distinto nei metodi di calcolo quantitativo della variabilità dei fattori climatici. Entrambi questi modelli, insomma, riducono i fattori della turbolenza, della casualità e dell’indeterminazione nella previsione climatica. Ed elevano la predicibilità.
Parliamo, ovviamente, di climate (media del tempo meteorologico su un arco temporale di decadi, almeno 30 anni) e non di weather (meteo) in cui la previsione, anche con i moderni mezzi osservativi, resta confinata all’orizzonte di pochi giorni. L’inglese aiuta a capire. La predicibilità climatica è una vera rivoluzione della fine del secolo passato. Resa possibile da due fattori: l’enorme salto di qualità del computing (macchine che possono processare, matematicamente, milioni di miliardi di dati in tempi di miliardi di operazioni al secondo) e gli avanzamenti, appunto, delle teorie del caos o scienza dei sistemi complessi. Potere osservare le evoluzioni aritmetiche di miliardi di dati processati fa emergere nei modelli regolarità impreviste, insorgenze qualitative, gradi di ordine e prevedibilità che cambiano i modelli caotici evidenziando trend, tendenze, predicibilità. Ecco il filo rosso dei tre Nobel 2021 per la Fisica. Applicato all’atmosfera, un “sistema complesso” essenzialmente termodinamico, il computing climate non può che appuntarsi alla dinamica della temperatura come fattore chiave della predicibilità climatica sui tempi lunghi.
I modelli matematici del clima e il tasso medio della temperatura globale sono diventati la base su cui le agenzie dell’Onu, in primis l’Intergovernmental Panel per il Climate Change (Ipcc) formulano le loro indicazioni per le politiche di mitigazione del riscaldamento globale. I modelli del computing climate, ormai, sono entrati nella vita quotidiana, informano le politiche degli stati, le loro agende economiche, energetiche, sociali e tecnologiche. I Nobel per la Fisica riflettono, è evidente, queste straordinarie novità e centralità della scienza del clima. Che richiama, però, due avvertenze. I modelli climatici sono pur sempre simulazioni matematiche del comportamento naturale e data fusion di input (dati) forniti alle macchine di calcolo che, per quanto possano essere numerosi, non si avvicineranno mai alla numerosità e variabilità della Natura reale.
Sui limiti “fisici” del climate computing e dello scarto irriducibile tra simulazione matematica e realtà naturale, si è soffermato di recente il fisico americano Steven Koonin, che richiama l’indeterminatezza di base irriducibile del funzionamento reale del clima. Koonin consiglia di attribuire sempre ai modelli climatici il connotato della probabilità e mai della certezza. E la seconda avvertenza, più generale, è la cautela nella traduzione automatica dei modelli climatici nelle politiche per il clima. Per la teoria dei “sistemi complessi”, il sistema clima non è neanch’esso un sistema isolato. La realtà, insegna la scienza della complessità, è un insieme di insiemi: il sistema clima interagisce con gli altri sistemi complessi, naturali e sociali: biologia, società, economia. La politica della mitigazione climatica, per quanto guidata da modelli matematici e scientifici, deve tenere conto di queste interazioni.
Infine, una curiosità. Celebriamo il Nobel per la Fisica a scienziati che devono aiutarci a decarbonizzare il mondo per mitigare il clima. Ieri è stato assegnato anche il Nobel per la Chimica 2021. È andato a due scienziati, Benjamin List e David MacMillan, per aver dimostrato i “catalizzatori organici”: reazioni chimiche utilizzabili per costruire, in modo più efficiente, qualsiasi cosa: da nuovi farmaci a molecole in grado di catturare la luce nelle cellule solari. Cosa sono le molecole organiche? Quelle fondate sui legami del carbonio. Sì, quello che vorremmo espellere dalle attività umane. Curioso.
cattivi scienziati
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