cattivi scienziati
Curare informati: l'Ivermectina è inefficace contro il Covid, ma necessaria contro un altro flagello
La molecola è del tutto inutile per difendersi dal virus, ma di vitale importanza per curare la filariosi linfatica. Nel paese in Oceania, la disinformazione ha favorito la diffusione della pandemia. Ecco dove porta l'inconsulta politicizzazione dei farmaci
La disinformazione stupida e arrogante sull’uso di molecole per trattare o prevenire l’infezione da Sars-CoV-2 produce effetti disastrosi oltre la stessa pandemia. Prendiamo l’Ivermectina. Come è noto, l’uso di questa molecola è propagandata con forza anche da taluni medici, cui si aggiunge una moltitudine di “credenti” nelle terapie domiciliari che non hanno alcuna capacità di discernimento reale dei dati disponibili. Se li si guarda, i dati che abbiamo oggi sono semplicemente insufficienti a tirare conclusioni di qualsiasi genere: l’Ivermectina, come terapia o profilassi contro l’infezione da Sars-CoV-2, non ha dimostrato sin qui nessun beneficio reale, perché gli studi disponibili sono pochi, piccoli e confusionari, come concluso dall’ultima meta-analisi Cochrane disponibile.
Per trarre conclusioni di qualunque genere, dunque, bisognerebbe avere la pazienza di aspettare la fine di studi più ampi in corso; e da quando, a fine luglio, è stata pubblicata la meta-analisi Cochrane, altre meta-analisi che dichiaravano risultati positivi sono state ritrattate, a causa soprattutto del fatto che gli studi su cui si basavano non erano affidabili.
Ora, il continuo vocio cospirazionista intorno a questa molecola, e le ripetute denunce di questo da parte della comunità scientifica, hanno una conseguenza importante: il discredito di una molecola, che ha fruttato un premio Nobel, utilissima per combattere parassitosi devastanti soprattutto nel Terzo mondo.
Prendiamo un esempio per tutti: nello stato del Papua Nuova Guinea, la filariosi linfatica è un flagello. Si tratta di una malattia causata da vermi microscopici, le filarie, che vivono esclusivamente nel sistema linfatico umano, causando la cosiddetta “gamba di elefante” ed altri invalidanti condizioni. Trasmessi dalle zanzare, i vermi della filaria hanno causato e continuano a causare un indicibile ammontare di sofferenza, e la malattia, affliggendo soprattutto il Terzo mondo, è considerata una malattia tropicale negletta, cioè sin qui poco trattata a livello globale.
Ora, proprio in Papua Nuova Guinea, nella parte finale del 2021 si è lanciato un programma, appoggiato dall’Organizzazione mondiale della sanità, volto ad affrontare la filariosi linfatica con una molecola efficace e a basso costo: l’Ivermectina.
Questo è esattamente il campo di azione noto per questo farmaco, il motivo per cui è stato sviluppato e l’applicazione in cui risulta altamente efficace; dunque, come ormai appare evidente, gli effetti benefici di questa campagna contro il temibile verme parassita non hanno tardato a manifestarsi, e altri ne sono attesi. Tuttavia, come ricordato in un recente editoriale su Lancet, lo stigma creato sull’Ivermectina a causa delle mirabolanti affermazioni sostenute senza dati o con dati scadenti circa la sua efficacia nel Covid-19, e la conseguente risposta circa il fatto che prima di dare un trattamento senza prove di efficacia bisogna tener presenti i possibili effetti collaterali, ha portato a evidenziare maggiormente questi ultimi e quindi a creare una certa sfiducia sulla molecola, percepita come “fraudolenta” anche nel suo proprio e indicato ambito di utilizzo.
Anche questa è una conseguenza dell’inconsulta politicizzazione dei farmaci: molecole utili nel loro ambito perdono di credito agli occhi della popolazione, mettendola così a rischio aggiuntivo rispetto al Covid-19. E che il rischio sia aggiuntivo, è proprio Papua Nuova Guinea a dimostrarlo: nonostante la massiccia adesione alla campagna contro la filaria, e la conseguente assunzione da parte di oltre l’80 per cento delle popolazioni bersaglio dell’Ivermectina, il virus Sars-CoV-2 ha colpito, proprio nello stesso periodo, tutta la regione con la sua peggiore ondata epidemica, con gli ospedali al collasso.
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