cattivi scienziati
È troppo presto per avere paura di Omicron, la variante sudafricana
Una nuova variante è stata identificata dai ricercatori in Sudafrica: era già stata isolata in Asia, Israele e Europa. Ma si sa ancora troppo poco sulle sue caratteristiche epidemiologiche. La buona notizia è che la sorveglianza mondiale sul Covid regge
A suo tempo, su queste pagine ho scritto testualmente: “L’emersione di varianti più contagiose, anche in assenza di azioni umane che possano esercitare selezione, è inevitabile; in tempi più o meno rapidi, è anche inevitabile l’emersione di varianti maggiormente evasive dell’immunità generata da virus precedenti o da vaccini”. Per questo motivo, non ritengo né imprevisto né sorprendente l’osservazione di una nuova variante, identificata per la prima volta dai ricercatori sudafricani che hanno immediatamente condiviso i loro dati di sequenziamento sul database mondiale Gisaid, che desta serie preoccupazioni.
Cominciamo con il dire che la nuova variante, denominata B.1.1.529, non è presente solo in Africa: è già stata isolata a Hong Kong, in Israele e anche in Europa, in Belgio. Certamente, in questo momento sembra essere maggiormente diffusa in Sudafrica, anche considerato il numero relativamente basso di sequenziamenti fatti in quel paese; ma è probabile che B.1.1.529 sarà presto scoperta in molti altri luoghi nel mondo. Il principale motivo di preoccupazione che questa variante desta è costituito dall’elevatissimo numero di mutazioni riscontrato, le quali, spesso separatamente, sono già state identificate come probabilmente vantaggiose per il virus (e dunque non sono prodotte da una deriva genica casuale). Innanzitutto, nella proteina Spike: qui sono presenti 9 mutazioni già identificate in altre varianti pericolose come la Alfa, la Beta, la Gamma e la Delta, ma mai tutte insieme. Ci sono poi altre tre mutazioni mai trovate prima nelle “variants of concern” (Voc), di cui due probabilmente conferiscono vantaggi modesti rispetto al ceppo originale, ma una – la E484A – è proprio in un punto cruciale per il legame con il recettore umano ACE2. Ci sono poi 11 altre mutazioni, mai viste o viste molto sporadicamente, delle quali non sappiamo nulla: potrebbero essere anche svantaggiose per il virus, ma è urgente caratterizzarne la funzione. Poi vi sono 4 mutazioni che provocano un cambio di sequenza della proteina importante, perché questo avviene proprio nel sito legato da un anticorpo monoclonale (Sotrovimab): probabilmente queste sono mutazioni immunoevasive.
Ancora, vi sono due mutazioni – S477N e Q498R – mai viste prima insieme, note per conferire maggior affinità con il recettore umano ACE2; e per finire, vi è una zona in un’estremità della proteina Spike dove si notano molte inserzioni, delezioni e mutazioni, che probabilmente ne cambiano la struttura – in un modo che però non sappiamo come ne vari la funzione. Al di fuori della proteina Spike, vi sono poi una moltitudine di altre mutazioni in altre proteine del virus, tra cui alcune nella proteina nucleocapsidica, note per aumentare l’infettività del virus; anche in questo caso, trovarle tutte insieme è il maggior elemento di novità.
Il profilo di queste mutazioni, quindi, sembra essere molto minaccioso; tuttavia, noi non sappiamo ancora quali siano le caratteristiche epidemiologiche di questa nuova variante, né la sua capacità di indurre malattia più o meno grave, né se e quanto sia in grado di aggirare la barriera vaccinale. Per fortuna, i ricercatori sudafricani dispongono di strutture di ricerca di prim’ordine, sia in termini di capacità di sequenziamento, sia soprattutto in termini di capacità nel coltivare il virus in laboratorio e testarne la resistenza ai vaccini; essi stanno letteralmente lavorando giorno e notte – lo si desume dal flusso di messaggi nei forum scientifici di Gisaid, per esempio – per ottenere risposte, utili al mondo intero.
In questo momento, noi non sappiamo quanto e se questa variante sia pericolosa davvero; ma, grazie alla rete mondiale di sorveglianza del Covid-19, siamo stati avvisati per tempo e dobbiamo sfruttare questa finestra di tempo per prepararci sequenziando, aumentando il controllo dei focolai, attuando qualche precauzione in più per quanto riguarda l’uso di mascherine e gli assembramenti non necessari e infine controllando strettamente lo stato vaccinale e i tamponi agli aeroporti, oltre che bloccando certi voli. Forse questo sarà un falso allarme; ma, per fortuna, lo sapremo entro poco.