cattivi scienziati
Paternalismo e irresponsabilità non aiutano la politica contro il virus
La "normalità" a cui si chiede di ritornare corrisponde alla possibilità di utilizzare di nuovo parametri per giudizi più automatici e meno razionali. La soluzione è smettere di dare compiti e responsabilità al cittadino
Credo che vi sia un elemento comune alla base dell’esaurimento di forze e della stanchezza di tutti, elemento che è necessario considerare e rimuovere se davvero desideriamo uscire dall’emergenza. Ovunque, le persone sono stanche di dover fare un’analisi rischio-beneficio per ogni singola attività a cui loro, i loro amici, i loro figli vogliono partecipare. Siamo anche tutti esausti di dover chiedere agli esperti di cui ci fidiamo, quando noi non siamo in grado di fare quell’analisi, e di dover capire, caso per caso, le risposte che ci arrivano. Non solo l’ambiguità sul nostro futuro, nel senso dell’indeterminatezza maggiore del solito su quanto accadrà, ma anche l’innaturale approfondita valutazione di ogni minima azione in termini di rischio per la salute nostra e dei nostri cari è insostenibile sul lungo periodo.
Credo che una gran componente della “normalità” a cui si chiede di ritornare sia esattamente questa: l’uscire da un’innaturale valutazione continua di qualunque comportamento e la libertà di tornare a utilizzare parametri di giudizio più automatici e meno razionali, ovvero le famose euristiche di cui la nostra biologia e il nostro ambiente sociale e culturale ci hanno dotato. Perché questo possa avvenire, tuttavia, è necessario che chi governa e chi fa politica smettano di scaricare sul cittadino, sia con paternalismo sia eludendo i propri doveri, una serie di compiti e di responsabilità che dovrebbero essere il nerbo della giusta reazione collettiva contro un patogeno infettivo.
Il primo dei doveri a cui l’amministrazione, la politica e i governi succedutisi si sono sottratti per troppo tempo è quello della corretta e trasparente comunicazione istituzionale. Il disordine comunicativo, le mezze verità, l’opacità sui dati e la proliferazione inutile di dati non significativi, l’utilizzo a fini politici dell’informazione epidemiologica e persino il contrasto fra amministrazioni e istituzioni diverse: questa è la cifra di un fallimento comunicativo cercato per avere le mani libere e non assumersi mai la responsabilità e il rischio di sbagliare, preferendo il caos in cui è sempre possibile pescare esperti a supporto delle proprie passate dichiarazioni adatte al momento, per sostenere, soprattutto, di non aver mai sbagliato, di aver reagito opportunamente con atti concreti (che in realtà costituiscono la babele amministrativa e burocratica in cui viviamo) e soprattutto per scaricare sui cittadini meno responsabili la propria incapacità di azione chiara. Il Gattopardo che è la politica del nostro paese ha sempre modo di adattarsi, se la comunicazione è caotica.
Il secondo dei problemi a cui il paternalismo della politica non pone rimedio è quello dell’inazione istituzionale permanente a livello strutturale. Meglio dire che è colpa dei No vax (ed è certamente loro una gran colpa), piuttosto che ricordare che l’aver identificato, ai tempi della Sars e delle precedenti pandemie influenzali, ciò a cui bisognava prepararsi e quello che si doveva fare, è servito solo a compilare ridicoli documenti chiamati pomposamente “piano pandemico”, i quali sono rimasti lettera morta, perché a loro volta privi di supporto e investimento; e oggi, dopo Sars-CoV-2, non si vede l’ombra di un progresso, perché si mette una pezza all’emergenza, ma non si ragiona sulla prossima pandemia. Quale sarà la politica vaccinale da oggi in avanti? Cosa faremo per migliorare nel medio periodo le strutture di scuole, ospedali e uffici pubblici, e magari anche delle case degli italiani, per adeguarle all’accresciuto rischio di pandemie respiratorie? Come ci doteremo di una sanità territoriale migliorata? Si potrebbe continuare a lungo con domande che giacciono nei padiglioni auricolari della politica da ben prima di questa pandemia.
La terza questione inevasa riguarda la confusione dei ruoli sovrapposti delle istituzioni, che hanno costretto a ricorrere a una struttura commissariale e alla decretazione continua, cioè a cambiare le carte in tavola per fronteggiare una situazione a cui in teoria le istituzioni avrebbero dovuto essere già preparate. In aggiunta, il rapporto fra scienza e politica, in cui la politica sceglie sempre e il vertice e gli esperti di riferimento, è malato e rende il mondo scientifico che dovrebbe servire a dare l’indirizzo di fatto servo di quello politico. Chiedere consapevolezza continua al cittadino otterrà un solo risultato: per stanchezza, egli finirà per rimuovere il virus dalla propria mente, magari con la complicità di qualche scienziato, e tutti saranno contenti – rischiando molto meno e con minor sforzo, e tornando esattamente alle condizioni che produrranno il prossimo disastro.