Altro che Eldorado del biologico: il biodinamico è una nullità
Chi difende queste baggianate astrologico-esoteriche, parla di un potenziale di mercato irrisorio rispetto all'intera filiera bio del nostro paese. Ecco perché giustificare una considerazione particolare non ha senso
Ricordate il campo dei miracoli di Pinocchio? Così diceva la volpe: “Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto chiamato da tutti il ‘Campo dei miracoli’. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro, per esempio, uno zecchino d’oro. Poi ricopri la buca con un po’ di terra: l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno”. Bene: oggi sentiamo una simile promessa rivolta ai produttori di ortaggi, di frutta, di alimenti vari e in breve a chiunque abbia un’azienda agricola. Guardate, si dice, come cresce l’export del biodinamico; guardate quanti euro – addirittura 13 mila per ettaro – si guadagnano con il biodinamico; e così via contando zecchini immaginari. Qual è la realtà?
Ne abbiamo già parlato, ma è bene ripetere certi concetti, visto che le cantilene del marketing biodinamico non finiscono mai. Il numero magico di “oltre 13 mila euro in media per ettaro” è niente di più che un richiamo per i gonzi, scrissi un anno fa, dimostrando dati alla mano come quel numero fosse del tutto privo di significato, perché il suo calcolo dipendeva dall’arbitraria selezione di un campione di aziende su cui era calcolato, campione non rappresentativo di nulla. Non solo, ma quale sarebbe la realtà così importante per il nostro pil, rappresentata dalle aziende biodinamiche, cui si vuole conferire il privilegio di una rappresentanza speciale nella legge che intende disciplinare il biologico? Se si cerca nel database mantenuto da Demeter le aziende indicate come produttori sono 443 al febbraio 2022; peraltro, questa cifra è variata molto poco da qualche anno. Ora, questo piccolissimo numero di aziende biodinamiche va confrontato alle oltre 132 mila censite dall’Istat come aziende biologiche: le aziende biodinamiche certificate rappresentano meno dello 0,3 per cento di quelle biologiche italiane, eppure si è stabilito che sono portatrici di interessi così fondamentali per il mondo dell’agricoltura biologica da dover avere un proprio rappresentante separato e un’apposita menzione in una legge sul biologico.
Né, del resto, va meglio se guardiamo al mercato mondiale: nel 2020, gli ettari certificati come biodinamici nel mondo ammontavano allo 0,35 per cento degli ettari coltivati, ancora a sottolineare che si tratta di una minuscola nicchia, la quale è sufficiente a soddisfare la domanda mondiale (visto che non mi pare di vedere la fila di consumatori assatanati per l’acquisto di prodotti biodinamici). Ma forse che il biodinamico vale così tanto, da giustificare una considerazione particolare nonostante il numero di aziende e gli ettari coltivati siano pochissimi? Si tratta forse del “gioiello della corona” del nostro agroalimentare certificato biologico, che vale la pena di tutelare in modo speciale?
Nemmeno per sogno. Chi difende il biodinamico, parla di un potenziale mercato nel 2025 di 47 milioni di euro. Nel 2021, le vendite realizzate – non quelle potenziali – dalla filiera bio italiana ammontano a 4,6 miliardi di euro. Anche qui, il biodinamico risulta da un punto di vista economico per quello che è: una nullità. Del resto, chi sostiene l’agricoltura biodinamica si propone di promuovere la scienza dello spirito di Steiner (da disciplinare e statuto Demeter), ovvero le sue baggianate astrologico-esoteriche, con buona pace di chi afferma che oggi la biodinamica sia altro; e per questo fa ancora più ridere il richiamo ai fantomatici zecchini d’oro che si dovrebbero ottenere, seppellendo nel campo dei miracoli corna di vacca ripiene di letame o altri preparati di pari interesse. Gli unici che davvero realizzeranno un gruzzoletto, alle spalle di consumatori e produttori, saranno semmai sempre il gatto e la volpe; e poco importa se hanno titoli accademici, se si propongono come certificatori o come esperti.