cattivi scienziati
Da dove è arrivato SARS-CoV-2?
Uno studio appena pubblicato su Nature fornisce per la prima volta un risultato significativo sull'origine del virus. Sì, c'entrano i pipistrelli
Al di là delle oziose discussioni, volte ad utilizzare le risposte a questa domanda come arma geopolitica, vi è un reale interesse scientifico nel trovare la risposta, perché il dettaglio del meccanismo con cui è nata l’attuale pandemia globale può dare indicazioni utili circa quanto potrebbe accadere in futuro.
Uno studio appena pubblicato su Nature costituisce un contributo importante, il primo realmente significativo da oltre un anno a questa parte.
Testando 645 pipistrelli appartenenti a 46 specie diverse, catturati nelle caverne del nord del Laos, un ampio gruppo di ricercatori francesi, afferenti principalmente all’Istituto Pasteur di Parigi, ha trovato tre diversi sarbecovirus (il gruppo di coronavirus cui appartiene SARS-CoV-2) che appaiono strettamente correlati a SARS-CoV-2.
In due di questi nuovi virus, la proteina Spike differisce da quella del SARS-CoV-2 rispettivamente in una sola o due posizioni, fra quelle che servono a legare il recettore ACE-2 umano utilizzato per accedere all’interno della cellula bersaglio.
Rispetto al ceppo originale di Wuhan, questi nuovi virus sono stati capaci di legarsi in modo più efficiente ad ACE-2 – un po’ come è accaduto per le successive varianti di SARS-CoV-2 emerse durante la pandemia – e si è dimostrato che sono stati capaci di infettare cellule umane esprimenti ACE-2 e di replicarsi al loro interno.
Infine, a sottolineare l’estrema similitudine con SARS-CoV-2, si è pure dimostrato che anticorpi neutralizzanti il coronavirus umano, interagendo con la proteina Spike, sono stati in grado di neutralizzare anche i nuovi virus.
Ora, i risultati ottenuti dai ricercatori francesi forniscono un chiaro supporto ad una serie di congetture che anche chi vi scrive aveva esposto, pure su queste pagine.
Innanzitutto, i pipistrelli ospitano virus molto simili a SARS-CoV-2 che sono perfettamente in grado di infettare gli esseri umani; non vi è cioè necessariamente bisogno di una specie intermedia per poi saltare all’uomo, ma la zoonosi può partire direttamente dai pipistrelli. Siccome poi i pipistrelli sono in grado di propagare su distanze lunghissime i coronavirus che ospitano, tanto che gli stessi virus sono stati isolati su areali che vanno dalle caverne del Sud est asiatico fino al Caucaso, in quanto a capacità di diffusione in tempi brevi e su areali ampi di nuovi virus infettivi essi sono secondi solo agli aeroplani.
I paesi in cui si pensa che sia più probabile che abbiano inizio nuove zoonosi a partire dai pipistrelli sono quelli che ospitano le colonie di maggiori dimensioni (nel Sudest asiatico, in Africa e in Messico) e contemporaneamente vedono la massima invadenza degli esseri umani all’interno delle grotte abitate dai chirotteri: raccoglitori di guano, certi monaci in ritiro nelle grotte e poi i turisti sono tutti potenziali ricettori del prossimo coronavirus pandemico.
Tuttavia, oggi è possibile acquistare online guano di pipistrello proveniente per esempio dall’Indonesia; questo è solo un piccolo esempio di come si sottovalutino ancora oggi il rischio costituito dalle zoonosi, in quanto capaci di innescare nuove pandemie.
I coronavirus, come dimostra il lavoro che qui abbiamo discusso, evolvono in una moltitudine di forme in continuazione, ed evolvono ancor più che nell’ospite umano nei loro serbatoi naturali, dove oltretutto è stato dimostrato che le ricombinazioni tra ceppi diversi sono più frequenti a causa della presenza di molta più diversità virale e di frequenti infezioni multiple e simultanee negli stessi animali; il laboratorio darwiniano che sono le colonie di chirotteri continua quindi il suo funzionamento, e non è pensabile che periodicamente non emergano nuovi ceppi pericolosi per gli esseri umani.
La vigilanza epidemiologica è indispensabile, così come è ora di attuare una politica di isolamento migliore degli habitat dei pipistrelli, ivi incluso la proibizione dell’utilizzo di prodotti da essi ricavati, nonostante l’impatto economico che questo inevitabilmente avrà sulle popolazioni che sfruttano il guano.
Allargando lo sguardo, è necessario più in generale riconsiderare la nostra invasività negli ambienti di animali selvatici; non siamo più una specie da pochi milioni di individui che vivono in comunità isolate, ma siamo il paradiso iperconnesso e vastissimo per ogni virus in grado di saltare da un animale ad un essere umano.