Cattivi Scienziati
Quanto sta accadendo in Ucraina richiama alla mente la guerra di Gombe
Si è combattuta tra il 1974 e il 1978 in Tanzania, nella località da cui prende il nome, tra due piccoli gruppi appartenenti una volta alla stessa tribù: il gruppo di Kasakela, e gli scissionisti Kahama
La tentazione di molti, oggi, è quella di discettare di geopolitica dopo aver letto qualcosa su Ucraina e Russia. Molti credono di sapere, e quindi credono anche di capire; io, invece, non credo di sapere nulla e tanto meno di capire e quindi non mi avventurerò da scienziato in commenti su materie che non conosco e su cose che non capisco, credendo che la mia preparazione in scienze biologiche e la mia capacità di analisi dei dati siano sufficienti. Piuttosto, vorrei illustrare al lettore come quanto sta succedendo richiami alla mente del biologo che è in me un’altra guerra, questa sì ben conosciuta e studiata durante la mia formazione professionale: la guerra di Gombe, in Tanzania.
Permettetemi di illustrarne brevemente la storia; il motivo sarà chiaro alla fine. La guerra di Gombe si è combattuta tra il 1974 e il 1978 in Tanzania, nella località da cui prende il nome, tra due piccoli gruppi appartenenti una volta alla stessa tribù: il gruppo di Kasakela, e gli scissionisti Kahama. I Kahama, costituiti da 9 adulti (6 maschi e 3 femmine) e la loro prole, fronteggiarono i Kasakela, una volta la loro stessa tribù, rimasti in 8 maschi, 12 femmine e la loro prole. Due fratelli, Hugh e Charlie, guidavano il gruppo di scissionisti nelle foreste di Gombe. La guerra cominciò quando uno degli scissionisti, il maschio Godi, cadde vittima di un’imboscata mentre raccoglieva cibo: 6 dei suoi ex compagni Kasakela lo uccisero e lo fecero a pezzi, festeggiando poi rumorosamente la vittoria. Altri due maschi adulti degli scissionisti, De e Hugh, furono catturati e uccisi più o meno nello stesso modo dai Kasakela; fu poi il turno di Goliath, un maschio adulto degli scissionisti che si era sempre dimostrato amichevole nei confronti degli ex compagni, di cui conosceva molti fin da giovani. Tutti gli altri maschi scissionisti caddero, uno dopo l’altro; anche i maschi più giovani, dopo un’ingannevole tregua (come se gli fosse concesso di tornare indietro), furono uccisi, e anche una madre degli scissionisti subì la stessa sorte, mentre due individui dello stesso sesso sparirono e tre furono battute violentemente e rapite dai Kasakela. Distrutti gli scissionisti, i Kasakela ne occuparono il territorio, aggregandolo al proprio; ma, così facendo, arrivarono a contatto con un’altra tribù, quella dei Kalande, più forte e numerosa; dopo poche battaglie di confine, i Kasakela furono costretti a cedere la maggior parte dei nuovi territori conquistati.
Non solo; una volta tornati a nord, nei loro territori originari, i Kasakela si trovarono davanti alcuni esploratori che si erano spinti nel loro territorio provenienti dalla tribù dei Mitumba, anch’essa più forte e numerosa di loro. La guerra, alla fine, terminò improvvisamente come era iniziata: i morti e le ridefinizioni dei confini che provocò in quattro anni si rivelarono tutto sommato vani, e nessuna tribù ne guadagnò in modo particolare (mentre gli scissionisti Kahama erano stati sterminati e i Kalakela che li avevano distrutti erano numericamente impoveriti dalla scissione). Jane Goodall, che descrisse questa guerra essendone diretta testimone, ne fu a tal punto scioccata da scrivere quanto segue: “Spesso, quando mi svegliavo di notte, mi venivano in mente immagini orribili: Satana (una delle scimmie), che metteva la mano a coppa sotto il mento di Sniff per bere il sangue che sgorgava da una grande ferita sul suo viso; il vecchio Rodolf, di solito così benevolo, in piedi per scagliare un sasso di quattro libbre contro il corpo prostrato di Godi; Jomeo strappa una striscia di pelle dalla coscia di De; Figan, che carica e colpisce, ancora e ancora, il corpo tramortito e tremante di Goliath, uno dei suoi eroi d’infanzia”.
Ora, la guerra che ho qui sommariamente ricostruito non è stata combattuta da esseri umani, ma da scimpanzé. La violenza organizzata è una caratteristica che deriva dall’organizzazione sociale dei primati: l’altra faccia della cooperazione mutualistica, rivolta ad aiutare i membri di un gruppo, è la violenza contro i gruppi esterni, attuata con organizzazione militare e sfruttando la forza e la cooperazione del proprio gruppo. Non si tratta di un destino ineluttabile delle società dei primati: come ha ricordato recentemente Harari sull’Economist, in Europa abbiamo sperimentato per ben 70 anni un lungo periodo di pace, in cui ci siamo abituati a pensare a un atto di aggressione di una nazione contro un’altra, ai fini della sua cancellazione, come a un’eventualità che non si sarebbe mai più verificata. La questione che quindi oggi mi pongo, e per la quale non ho risposta, è la seguente: è possibile che la nostra evoluzione culturale porti a una limitazione sempre maggiore delle aggressioni in armi organizzate, con il trasferimento in campi maggiormente simbolici dei conflitti, oppure, alla fine, non siamo altro che 8 miliardi di scimpanzé, i quali però sono dotati della capacità di portare la guerra di Gombe al livello di un disastro nucleare?
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