Cattivi Scienziati
È necessario affrontare le pandemie anche al di fuori della logica emergenziale
I vaccini di cui disponiamo sono ormai in via di superamento da parte del virus, ma in attesa che i progetti più avanzati vengano commercializzati dobbiamo resistere ad eventuali nuove ondate con quello che abbiamo
Molto è stato fatto per vaccinare quante più persone possibili con almeno due dosi di vaccino, e molto hanno fatto i primi vaccini sviluppati contro SARS-CoV-2, proteggendoci efficacemente ed evitando nella sola Europa quasi mezzo milione di morti in meno di un anno e fino al novembre 2021.
Tuttavia, anche quando avremo raggiunto l’obiettivo di una quasi totale copertura con una terza dose di questi vaccini, in modo da garantire una protezione alta contro l’ospedalizzazione e la malattia severa in presenza di qualunque variante sin qui emersa, è chiaro che i vaccini di cui disponiamo sono ormai in via di superamento da parte del virus. Omicron dimostra quanto sia concreto il rischio di aggiramento della risposta anticorpale, potendosi così avere trasmissione anche fra persone vaccinate (pur se comunque in modo meno efficiente che fra i non vaccinati); ciò, a sua volta, aumenta esponenzialmente la probabilità di nuove mutazioni, e di vanifica completa della nostra difesa. Inoltre, i casi di reinfezione umana da parte di virus che hanno continuato in animale il proprio percorso evolutivo, accumulando mutazioni, e poi reinfettando persone, sono stati dimostrati a partire da visoni, criceti e adesso anche da cervidi, ove si è generato un ceppo particolarmente mutato. Questo significa, al netto del gran numero di specie ospiti, che esisteranno sempre ampi serbatoi rifugio, ove il virus potrebbe continuare ad evolvere, tornando di tanto in tanto nella nostra specie.
Ora, sapendo che è inevitabile che gli attuali vaccini – come tutti quelli contro patogeni in grado di mutare a sufficienza – perderanno del tutto efficacia contro la trasmissione, e potrebbero alla fine perderla anche per quel che riguarda la protezione clinica, è più che mai importante chiedersi a che punto sia la ricerca di vaccini che possano resistere più a lungo, neutralizzando uno spettro più ampio di mutanti di quanto non accada per i prodotti attuali.
Ora, un vaccino neutralizzante contro tutti i coronavirus è davvero difficile da immaginare: si tratta di un gruppo molto diverso, con virus che usano molti diversi tipi di recettori per infettare le cellule e che sono molto vari dal punto di vista antigenico. Tuttavia, un vaccino contro le varianti di SARS-CoV-2 e magari i suoi “cugini” più prossimi, o anche tutto il gruppo dei sarbecovirus cui appartiene, non è in principio impossibile da ottenersi.
Gli approcci attualmente in sviluppo sono due.
Uno consiste nel mostrare al sistema immunitario proteine spike da più varianti o anche più coronavirus diversi. L’idea è che, di fronte a questa amia varietà di antigeni, il sistema immune potrebbe sviluppare una risposta ad ampio spettro, in grado di neutralizzare varietà di virus anche non ancora esistenti, perché magari un certo virus si evolve in modo da “ricordare” un altro al sistema immunitario.
Lavorano a questo tipo di vaccini aziende come Affinivax e VBI Vaccines, che stanno sviluppando prodotti distinti in grado di esporre proteine spike di più coronavirus su una singola particella. Ancora, il laboratorio del prof. Bjorkman al Caltech ha realizzato una nanoparticella ricoperta da porzioni della proteina spike di otto diversi coronavirus del gruppo beta (quello di SARS-CoV-2).
Una seconda strategia per produrre vaccini pan-coronavirus è prendere di mira le aree del virus che hanno meno probabilità di mutare. All'inizio della pandemia, sono stati individuato potenziali punti di SARS-CoV-2 esposti al sistema immune e conservati in altri coronavirus. Man mano che sono emerse nuove varianti, in molte di quelle regioni si sono manifestate poche o nessuna mutazione critica. Queste regioni sono in gran parte in porzioni di SARS-CoV-2 diverse da Spike e sono antigeni per i linfociti T, ma alcune sono anche riconoscibili dagli anticorpi prodotti dalle cellule B. Questo tipo di approccio è perseguito da aziende come Valo Therapeutics, Osivax e 3P, DIOSynVax.
Ora, i progetti più avanzati di alcune fra queste aziende sono appena arrivati in fase clinica 1, e dunque non è probabile che avremo un loro prodotto approvato entro il 2022; questo implica che dovremo resistere ad eventuali nuove ondate con quello che abbiamo. Intanto, sarebbe ora di cominciare a pensare a tutte quelle misure strutturali che sono necessarie per affrontare le pandemie, al di fuori della logica emergenziale.
Sempre che, naturalmente, non si preferisca un’intermittente, interminabile emergenza, ed il paternalistico scarico sui cittadini delle inadempienze della politica, e sui ricercatori della responsabilità dei rimedi.
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