cattivi scienziati
Cosa ci dice la scoperta di almeno un nuovo ceppo del vaiolo delle scimmie
Negli Usa è stato identificata almeno una variante del virus: suggerisce non un'unica origine ma che un qualche evento di massa abbia portato a una forte diffusione nel 2022. Tuttavia siamo molto lontani da una pandemia come quella da SARS-CoV-2
Dopo una settimana dall’aver fatto il punto su queste pagine sui dati allora disponibili, è giunto il momento di parlare nuovamente del vaiolo delle scimmie, perché vi sono alcuni fatti nuovi di rilievo. Negli USA, è stato identificato almeno un nuovo ceppo del virus, distinto da quello finora unico identificato in tutto il mondo e diffuso anche in quel paese. L'analisi genetica ha rivelato infatti che mentre la maggior parte dei casi americani sembra essere strettamente correlata all'epidemia in Europa, due pazienti, uno in Florida e uno in Virginia, hanno versioni del virus che appaiono simili a quella isolata da un paziente in Texas l'anno scorso.
Sebbene i tre virus divergenti siano chiaramente collegati tra loro e abbiano un antenato comune, differiscono l'uno dall'altro di più di quanto non si osservi nel ceppo isolato in Europa. Le persone infette in questi tre casi hanno contratto il virus in Nigeria, uno altrove nell'Africa occidentale e il terzo in Medio Oriente o Africa orientale. Questa apparente ampia diffusione di un virus correlato - uno che differisce dal ceppo epidemico europeo - suggerisce che focolai di vaiolo delle scimmie al di fuori dei paesi in cui il virus è considerato endemico siano stati innescati da diversi eventi di esportazione, seguiti poi da circolazione locale più o meno diffusa.
L’ultimo evento è quello che ha portato all’aumento dei casi che osserviamo oggi, ma evidentemente in precedenza vi sono stati più e più episodi distinti, i quali possono o meno aver dato origine a focolai ampi. A proposito di questo ultimo punto, è importante notare come solo oggi pazienti infettatisi e campionati nel 2021 siano stati diagnosticati correttamente: questo fatto suggerisce come moltissimi casi potrebbero semplicemente non essere stati rilevati in precedenza, scambiati magari per herpes o per altre patologie e arrivati a risoluzione clinica senza danni nonostante la diagnosi erronea.
Oltre ai tre pazienti appena discussi, infatti, un ulteriore paziente, infettato sempre l’anno scorso e campionato poi in Maryland, ha fornito un genoma ancora diverso, più vicino a quello che oggi circola in Europa, ma che potrebbe a sua volta rappresentare un ramo evolutivo finora non identificato. A questo punto, il virus che circola nel mondo già dal 2021 non è più considerabile monofiletico e derivante da un singolo progenitore recente; piuttosto, al momento appare probabile che qualche evento di massa abbia portato a una forte diffusione nel 2022, ma non sappiamo se e quanto altri focolai, accesi negli anni precedenti, avessero già portato a temporanee espansioni delle infezioni.
Un dato ulteriore, tuttavia, merita un accenno: anche i nuovi genomi statunitensi mostrano le stesse tracce dell’azione di un enzima umano, APOBEC3, come avevamo discusso per i dati allora disponibili una settimana fa.
Questo conferma il quadro generale, di una trasmissione da uomo a uomo iniziata già da anni, partita probabilmente nei paesi in cui il virus era endemico, e successivamente estesa grazie all’aumento del virus con questa capacità.
Sebbene l'OMS abbia etichettato la recente diffusione del vaiolo delle scimmie come un "outbreak", la natura della malattia e il modo in cui si diffonde non suggeriscono che stiamo affrontando un'altra pandemia come quella da SARS-CoV-2. Tuttavia, la diffusione non rilevabile in alcune precise comunità (che potrebbe essersi verificata negli Stati Uniti, ma anche altrove) prospetta qualche complicazione per la gestione di questo nuovo virus. Senza diagnosi accurate (come dimostrano i casi del 2021, la cui vera natura è stata determinata solo oggi) e senza le informazioni di tracciamento dei contatti, è difficile sapere dove si verificano i casi di vaiolo delle scimmie e chi deve prendere precauzioni.
Fra queste, è inclusa la limitazione dell'esposizione fisica ad altre persone, poiché il contatto pelle a pelle o il contatto con oggetti contaminati come indumenti o lenzuola sono entrambi fattori di rischio, così come forse il contatto respiratorio ravvicinato. Fortunatamente, il virus al momento non sembra avere trasmissibilità elevata, come è evidente dal numero di casi totali raggiunti in un mese; inoltre, la sua quasi esclusiva limitazione a soggetti che hanno avuto recentemente contatti fisici con un gran numero di altri individui suggerisce come sia questo lo specifico fattore di rischio che sta causando l’aumento riscontrato dei casi, senza che però il virus circoli per ora al di fuori delle comunità in cui tali comportamenti sono stati riscontrati.
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