Cattivi Scienziati
La variante immunoevasiva che ha aumentato i casi di Covid-19 in Portogallo, c'è anche in Italia?
Da metà maggio, nel nostro paese la variante BA.5 è cresciuta arrivando a percentuali che sfiorano il 20 per cento (pur con ampio margine di errore): questa fa parte del ceppo Omicron, è particolarmente immuoevasiva e ha contribuito all'aumento di casi nel paese lusitano
In Portogallo, a partire più o meno dall’inizio di maggio, si assiste ad una ripresa notevole dei casi di infezione da Sars-CoV-2 denunciati al sistema sanitario. Nonostante il totale dei casi ammonti a molto meno della precedente ondata invernale, l’occupazione delle terapie intensive per Covid è raddoppiata in meno di un mese e, ancor peggio, la mortalità dovuta alla diffusione del Covid nella popolazione, espressa come morti per milione ha quasi raggiunto lo stesso valore della precedente ondata, anche se con un numero molto minore di casi positivi identificati (dati ricavati da ourworldindata.org).
Tutto questo, nonostante il Portogallo sia ampiamente vaccinato, con percentuali superiori a quelle italiane anche per quel che riguarda le tre dosi. Che cosa è successo? A partire circa dall’ultima settimana di aprile, la presenza di una variante particolarmente immunoevasiva, Omicron BA.5, e più precisamente della sottovariante BA.5.1, è cresciuta rapidissimamente in Portogallo: più o meno in parallelo, si sono verificati gli eventi di cui sopra. Altre varianti con immunoevasività elevata, e cioè BA.4, BA.2.12.1 e BA.5 sono per ora state tutte surclassate: fra le migliaia di campioni sequenziati nell’ultimo mese, non rappresentano nemmeno il 10 per cento del totale, mentre il livello attuale di BA.5.1 è ormai prossimo al 50 per cento di tutti gli isolati virali (il resto è quasi tutto costituito dalla variante in declino BA.2).
Ora, di BA.5 e dei ceppi connessi, come BA.5.1, sappiamo fin dall’inizio di marzo che sono in grado di aggirare tanto l’immunità conferita da pregresse, fresche infezioni, persino di Omicron BA.1, tanto quella conferita dai vaccini, anche con tre dosi; dunque la diffusione di questo tipo di variante non è un fenomeno inatteso, laddove giunge. Ciò dovrebbe spingere a non abbassare la guardia, soprattutto in vista dei dati portoghesi, che mostrano come in un paese anagraficamente più simile al nostro del Sudafrica, una nuova ondata sia ancora in grado di causare morti per Covid e una certa pressione sulle terapie intensive. Fatte queste premesse, arrivo al punto che mi interessa: cosa possiamo dire circa l’incidenza attuale di varianti immunoevasive nel nostro paese?
Contrariamente al Portogallo, circa da metà maggio in Italia si è abbattuta la sorveglianza genomica, così che da oltre 100 sequenze al giorno, oggi, quando va bene, si sequenziano una decina di isolati virali.
Quindi i dati sono davvero pochi e il tasso di errore nell’analisi delle varianti è alto, molto più che non in Portogallo.
Fatte queste premesse, in Italia è possibile osservare come, a partire da metà maggio, il gruppo di varianti BA.5 cresca esponenzialmente, arrivando a percentuali che sfiorano il 20 per cento (pur se con amplissimo margine di errore, per le ragioni dette prima). Anche se a tassi meno sostenuti, cresce anche BA.4.
Ora, le infezioni totali per milione di abitanti, almeno quelle rintracciate, sono in Italia ancora a livelli molto minori che in Portogallo, di circa dieci volte, e soprattutto sono ancora in decrescita.
Eppure, il fatto che fra gli infetti il precedente ceppo prevalente BA.2 sia in decrescita, mentre BA.5 e BA.4 sono in aumento, richiama fortemente quanto abbiamo visto in Portogallo. I dati indicano come, a partire circa dall’ultima settimana di maggio, la diminuzione dei casi su base settimanale sia rallentata, mentre proprio in questi ultimi giorni assistiamo per la prima volta ad una leggera ripresa dei casi (anche su base settimanale).
Nella seconda metà di maggio abbiamo osservato cioè la crescita delle varianti immunoevasive, e poco dopo prima un rallentamento e poi una ripresa nel numero dei positivi identificati.
Se avessimo dei dati solidi, privi cioè da un lato di bias di campionamento per quel che riguarda i soggetti positivi, e dall’altro sufficientemente numerosi per quel che riguarda il tracciamento delle varianti, potremmo fare affidamento su queste tendenze, in modo da trarne qualche previsione utile per il futuro; invece, ancora una volta, quando si arriva in prossimità dell’estate, l’Italia “spegne i fari” e smette di seguire con attenzione Sars-CoV-2, fingendo che il sole e le onde del mare lo portino via, magari per discutere fra gli ombrelloni del terribile vaiolo delle scimmie.