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Cattivi Scienziati

L'errore del ministero della Salute tedesco sui vaccini

Enrico Bucci

In Germania le autorità hanno creato allarmismo, ma le vaccinazioni contro il Covid-19 restano sicure. Per dimostrarlo basta vedere l'esempio di altri farmaci sul mercato da anni

Un perfetto esempio di cortocircuito mediatico, dovuto alla cattiva comunicazione istituzionale, ci viene fornito in questi giorni dal ministero della salute tedesco. In un post su Twitter, successivamente eliminato, il ministero ha dichiarato che, a seguito della vaccinazione contro SARS-CoV-2, si sarebbero osservati effetti secondari severi in 1 paziente ogni 5.000. Alla fine, dopo svariate correzioni, che spesso si sono manifestate per toppe peggiori del buco, par di capire che si tratta di 1 effetto secondario grave riportato in maniera spontanea ogni 5.000 dosi somministrate.


Nonostante la canea degli antivaccinisti di tutto il mondo, che non vedevano l’ora di poter addentare un simile strafalcione comunicativo, è evidente la differenza fra la versione iniziale di questo annuncio e quella finale: si tratta di eventi riportati come associati al vaccino, ma non ancora sottoposti a verifica né in quanto a nesso di causalità, né in quanto a grado di severità. Nel cumulo delle denunce, si potrebbe andare da un grave attacco di asma, ad una dissenteria acuta, sino ad altri effetti molto più gravi (pur se non mortali); al solito, per una valutazione anche solo preliminare è necessario vedere di cosa stiamo parlando.

 

Detto questo, proviamo ad accettare l’idea che davvero si siano verificati un evento avverso severo ogni 5000 dosi di vaccino inoculate; diamo cioè per reale la consistenza dell’effetto, ignoriamo il bias di aspettativa dei pazienti e dei medici che riportano tali effetti e spingiamoci fino a dichiarare conclamato persino il nesso di causalità. I numeri assoluti, si sa, servono a poco; per valutare l’eventuale importanza di un dato fittizio come quello che abbiamo appena assunto, abbiamo bisogno di qualche paragone che ci aiuti ad inquadrarne il peso.


Prendiamo l’aspirina, e consideriamo per esempio la sua somministrazione a base dosi a coloro che intendono prevenire complicazioni cardiovascolari, un’indicazione molto comune per questo tipo di farmaco. Andiamo ad esaminare la frequenza di effetti secondari della somministrazione: se guardiamo agli studi, circa il 3% di questi pazienti sperimenta effetti secondari definiti severi.

Prendendo un esempio diverso, se guardiamo alle pillole anticoncezionali, la frequenza è di 3 su 5000 per uno solo dei possibili effetti collaterali severi, ovvero la formazione di trombi.
Questi sono solo due esempi di trattamenti preventivi, per i quali gli effetti collaterali severi fra riportati e accertati (nel secondo caso) sono ritenuti da tutti accettabili, tanto da considerare i rispettivi farmaci come sicuri e utili. Ora, è vero che nel caso dei vaccini, alla fine, si è compreso che ci si riferiva ad un dato normalizzato per dose; ma questo non implica che la frequenza fra i vaccinati sia più alta, se per esempio i sintomi severi sono stati riportati sempre dalle stesse persone, come ci si aspetta in caso di allergia a qualcuna delle componenti del vaccino, oppure in caso di specifica avversione cognitiva alla vaccinazione di individui che percepiscono effetti avversi per bias negativo.

 

Se anche, alla fine, tutti gli effetti riportati in Germania per dose fossero reali, bisognerebbe poi andare a vedere di quali effetti si tratta e quante sono le persone che li riportano; e ove dovesse risultare il caso peggiore, le frequenze finali osservate potrebbero comunque essere perfettamente in linea con quelle degli esempi citati o di altri che si potrebbero trovare, per i quali le persone accettano i rischi a fronte dei benefici in termini di prevenzione.

Resta poi da considerare un punto finale: quanti sono gli effetti severi gravi per i non vaccinati, nel caso di infezione da SARS-CoV-2, anche con il ceppo Omicron? Le agenzie regolatorie ci dicono che il rapporto rischi/benefici non solo per la vaccinazione in sé, ma anche per la quarta dose di vaccino è favorevole (almeno negli ultrasessantenni); lascio all’arguto lettore il compito di verificare questo dato, a partire dalle statistiche ottenibili per la stessa popolazione di riferimento cui si riferiva il ministero tedesco.

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