Cattivi Scienziati
Gli episodi di spillover diretto dai pipistrelli sono molto frequenti. Idee per controllarli
La sorveglianza epidemiologica è lo strumento con cui prevenire i virus che arrivano da ambienti animali. Ogni tiro di dado evolutivo può innescare una nuova pandemia. Uno studio misura i casi di diffusione di Sars-CoV-2
Due anni fa, su queste pagine tratteggiai a grandi linee l’origine della pandemia di Sars-CoV-2, portando in particolare all’attenzione del lettore la frequente infezione da parte di coronavirus sconosciuti delle comunità umane che vivono in prossimità delle caverne di pipistrelli del sudest asiatico. Quello che scrissi due anni fa è ancora perfettamente attuale, ma oggi abbiamo un maggior numero di dati a corroborare lo scenario descritto. È particolarmente interessante, a tal proposito, un lavoro appena pubblicato su Nature Communications che stima il numero annuo di infezione diretta da pipistrello a uomo da parte di virus correlati a Sars-CoV-2. Si tratta di un numero notevole, superiore ai 66.000 casi annui.
Ora, per quel che riguarda i precedenti eventi di spillover di coronavirus dai pipistrelli all’uomo, e particolarmente Sars e Mers, al momento si ipotizza che essi siano avvenuti tramite ospiti intermedi (rispettivamente zibetti delle palme e dromedari). Tuttavia, il ruolo degli zibetti nell'emergere della Sars è incerto, mentre per Sars-CoV-2 non è ancora stato individuato un ospite intermedio più probabile, anche alla luce del fatto che questo virus è in grado di infettare molte specie diverse; inoltre, coronavirus simili a Sars dei pipistrelli possono infettare direttamente le cellule umane, comprese le cellule epiteliali delle vie aeree, e quindi hanno il potenziale per riversarsi direttamente dai pipistrelli all'uomo.
Non a caso, fra i lavori citati due anni fa su queste pagine, erano riportate prove sierologiche di una precedente infezione da coronavirus correlati a Sars anche fra persone che non avevano segnalato alcun contatto con possibili ospiti intermedi. Per le ragioni citate, è interessante chiedersi se e quanto possano essere frequenti gli episodi di spillover diretto; ed è questa precisamente la domanda a cui gli autori del lavoro appena pubblicato hanno cercato di rispondere.
La ricerca, apparsa per la prima volta come preprint lo scorso settembre, ha analizzato le aree geografiche di 26 specie di pipistrelli e ha scoperto che il loro habitat si sovrapponeva a regioni in cui vive circa mezzo miliardo di persone, che rappresentano un'area più grande di 5 milioni di chilometri quadrati. L'analisi di questi dati insieme alle stime del numero di persone che hanno mostrato anticorpi rilevabili per il coronavirus porta alla conclusione che ogni anno si verifichino mediamente circa 66.000 infezioni. Più precisamente, i ricercatori calcolano il rischio di infezione a partire dai dati sul contatto uomo-pipistrello, sulla sieroprevalenza virale umana e sulla durata degli anticorpi circolanti porta ad una stima mediana di 66.280 infezioni (IC 95 per cento: 65.351-67.131). I potenziali eventi di spillover sono concentrati in alcuni punti caldi dove sia la popolazione di pipistrelli che quella umana sono particolarmente dense, e precisamente nella Cina meridionale, in parti del Myanmar e nell'isola indonesiana di Giava; per questo, la stima ottenuta si riferisce al sud-est asiatico.
Perché, allora, non si sono avute notizie più frequenti almeno di epidemie locali, vista la secolare convivenza nelle aree studiate fra uomini e pipistrelli? Gli eventi di spillover diretti da pipistrello a uomo possono verificarsi più frequentemente di quanto sia stato riportato, senza essere riconosciuti perché causano generalmente sintomi lievi, causano sintomi simili a quelli di altre infezioni ed infine provocano un numero ridotto di casi o mancano di catene sostenute da uomo a uomo. Tuttavia, ogni evento di spillover tra fauna selvatica e uomo rappresenta un'opportunità di adattamento virale che potrebbe portare alla diffusione da uomo a uomo. Ogni tiro di dado evolutivo, cioè, può innescare una nuova pandemia simile a quella attuale; ed i tiri di dado, a quanto pare, sono davvero molti ed in aumento, a causa dell’inarrestabile aumento del contatto fra uomo e fauna selvatica.
Inoltre, bisogna considerare che gli autori stimano solo il numero di potenziali eventi di spillover diretto da pipistrello a uomo; un numero molto maggiore di eventi potrebbe essere ottenuto considerando anche il ruolo degli ospiti intermedi, portando così ad una frequenza di eventi così sostenuta, da rendere l’emergere di periodiche pandemie una certezza. Non c’è bisogno di nessuna ricerca segreta, di nessuno scienziato pazzo e di nessun ente malevolo: anche se un incidente non può essere escluso, ciò che dobbiamo aspettarci è il naturale corso degli eventi, che nelle condizioni attuali determina necessariamente una traiettoria evolutiva chiara per patogeni come i coronavirus respiratori e per altri virus zoonotici.
Questo semplice dato di fatto significa che il contrasto a guai ulteriori non più fare a meno della sorveglianza epidemiologica, la quale unita al sequenziamento rapido e allo sviluppo di interventi tempestivi basati sulle tecnologie sviluppate nell’ultima pandemia ha il potenziale di proteggerci in maniera molto migliore di quanto non sia avvenuto sin qui. Senza dimenticare un punto che i miei lettori conoscono bene: il contatto fra popolazioni umane e fauna selvatica deve essere ridotto al minimo possibile, attraverso la preservazione di ambienti intatti e l’implementazione di misure profilattiche adeguate, come la proibizione del commercio di animali selvatici vivi nei grandi mercati asiatici o nei negozi di animali di compagnia occidentali.
Cattivi scienziati