Cattivi Scienziati
Non solo Dna o esperienza. E se fosse il caso a determinare i processi della nostra mente?
Alcuni genetisti hanno scoperto che alcune mutazioni casuali che insorgono e hanno effetto quando le cellule cerebrali immature si moltiplicano durante lo sviluppo embrionale sono tra i molti fattori legati alla schizofrenia e all'autismo. Le stesse mutazioni casuali potrebbero svolgere un ruolo nelle differenze cognitive e di personalità nel resto della popolazione
Quanto pesa il nostro Dna nel determinare ciò che siamo, dal punto di vista della nostra mente? E quanto pesa l’ambiente, a partire da educazione e cultura, in cui cresciamo e viviamo? Le radici di questa antica domanda possono essere tracciate indietro di millenni, e hanno a che fare con un punto fondamentale: il nostro essere cognitivo è sostanzialmente predeterminato, oppure si forma durante la nostra vita, sotto l’influenza dell’ambiente, dell’educazione e delle nostre stesse scelte?
Alcuni filosofi, come Platone e Cartesio, hanno suggerito che esistono fattori innati o che si verificano indipendentemente dalle influenze ambientali. I sostenitori moderni più spostati verso questo punto di vista sostengono che ciò che crediamo di essere è prevalentemente dovuto ai tratti genetici tramandatici dai genitori, i quali determinano in modo preponderante le differenze individuali che rendono ogni persona unica.
Noti pensatori del passato, come John Locke, credevano invece che la mente inizi come una tabula rasa. Secondo questa nozione, tutto ciò che siamo è determinato dalle nostre esperienze. Il comportamentismo moderno è un buon esempio di una teoria radicata in questa convinzione, poiché i comportamentisti ritengono che tutte le azioni e i comportamenti siano il risultato di condizionamento esterno. Teorici come John B. Watson credevano che le persone potessero essere addestrate a fare e diventare qualsiasi cosa, indipendentemente dal loro retroterra genetico.
Gli individui con visioni estreme in questo dibattito sono talvolta chiamati nativisti ed empiristi. I nativisti ritengono che tutti o la maggior parte dei nostri comportamenti e caratteristiche mentali siano il risultato dell'eredità. Gli empiristi ritengono che tutti o la maggior parte dei comportamenti e delle caratteristiche derivino dall'apprendimento.
La moderna sintesi scientifica di questo dibattito prevede che, anziché considerare la genetica in opposizione all’esperienza e all’apprendimento, è dalla profonda interrelazione di essi che sia plasmata la mente degli individui. Ora, la ricerca più recente sembra introdurre un nuovo fattore chiave alla base della formazione del nostro io cognitivo: il caso.
Per cominciare, fattori casuali influenzano una fase chiave dello sviluppo embrionale, ovvero la connessione fra i neuroni embrionali per mezzo di assoni neoformati. A questo stadio, gli assoni in sviluppo seguono gradienti di diversi segnali chimici; variazioni casuali e locali nella distribuzione di queste sostanze nel cervello embrionale possano influenzare lo schema finale di connessione. Almeno nelle mosche, ciò è stato provato, perché tale variazione porta a grandi cambiamenti nella configurazione finale delle connessioni fra neuroni. Lo sviluppo del cervello umano è molto più difficile da esaminare. Tuttavia, i genetisti hanno scoperto che alcune mutazioni casuali che insorgono e hanno effetto quando le cellule cerebrali immature si moltiplicano durante lo sviluppo embrionale sono tra i molti fattori legati alla schizofrenia e all'autismo.
Entrambi questi stati rappresentano un estremo di uno spettro di caratteristiche mentali. Le stesse mutazioni casuali legate alla schizofrenia e all'autismo potrebbero dunque svolgere un ruolo nelle differenze cognitive e di personalità nel resto della popolazione. Oltre a queste e altre prime evidenze del ruolo di eventi stocastici nello sviluppo del cervello in utero, studi recenti mostrano che il cablaggio neuronale continua a svilupparsi durante l'adolescenza e anche nella prima età adulta. Molte regioni chiave del cervello degli adolescenti subiscono un processo chiamato "pruning”, in cui alcune connessioni cerebrali sono eleiminate; di solito si presume che questa sia una risposta diretta al loro ambiente, ma, in verità, sappiamo molto poco sui meccanismi e le sue cause, che potrebbero comprendere anche fattori casuali.
Se i proponenti degli effetti stocastici sulla formazione cognitiva nostra e degli animali riusciranno a dimostrare un peso sostanzioso almeno per quel che riguarda la determinazione di alcuni tratti mentali, dovremmo rivedere e allargare il dibattito millenario fra coloro che ritengono che tutto sia già deciso e quelli che invece propongono che siamo influenzati solo da ciò che apprendiamo.
Potremmo, tutto sommato, risultare figli della natura, della cultura e del caso, formati lungo traiettorie stocastiche non prevedibili a priori e, per definizione, diverse per ognuno di noi.