Cattivi Scienziati
Un promemoria: ogni metodo scientifico è valido nel suo tempo presente
Parlando di scienza s'incontrano tre possibilità di realizzazioni future. Ma, qualunque sia il suo destino, la visione scientifica di un istante cronologico preso a caso sarà migliore o ugualmente potente rispetto a ciò che l’ha preceduta
Discutendo su queste pagine del perché non sia appropriato l’uso del verbo “credere” riferito alla scienza, ho dovuto per forza di cose accennare a cosa la scienza sia, ovvero a come funzioni quel metodo che noi chiamiamo scientifico, il quale ci permette, attraverso l’analisi matematica dei dati sperimentali, di ottenere un tipo di conoscenza utile a descrivere lo stato passato, presente e futuro del mondo con un’accuratezza superiore a quella di ogni altro sistema di pensiero.
Va da sé che la conoscenza ottenuta è solo tanto buona quanto lo consentono i dati ottenibili e i metodi di indagine utilizzabili, in modo da consentire le più ampie verifiche di coerenza di una teoria rispetto agli aspetti di interesse del mondo fisico, ed è tanto più robusta quanto più lo è la sua struttura logico-matematica interna e la sua integrazione con il resto delle teorie scientifiche disponibili.
Naturalmente, ciò implica che esistano anche teorie che in passato hanno avuto un qualche successo, oggi non più considerabili come scientifiche; l’ipotesi del flogisto, per seguire l’esempio richiamato da un mio lettore, poteva essere considerata scientifica secoli fa, ma oggi sappiamo inequivocabilmente che non solo non era valida, ma neppure scientifica, visto che mancava di certe caratteristiche che, pur se identificate in epistemologia successivamente alla sua formulazione, sono oggi considerate indispensabili perché una teoria possa essere considerata tale. Oggi, cioè, sappiamo che quella del flogisto non era scienza, e non conta cosa apparisse durante il secolo XVIII: il giudizio di cosa sia scientifico è necessariamente devoluto al presente, perché le conoscenze progrediscono e il pensiero scientifico corregge i propri errori. La scienza, cioè, è in questo senso esclusivamente presentista, a prescindere dall’utilità del metodo storico per analizzarne le radici.
Da questo fatto, tuttavia, non discende per nulla che la nostra attuale teoria scientifica del mondo sarà completamente abbandonata in futuro, come è accaduto per le antiche idee che riguardavano la natura del calore.
Vi sono almeno tre possibilità: la prima, quella citata con maggiore frequenza, è che future teorie allarghino il dominio di applicabilità della attuale descrizione scientifica del mondo o risolvano alcune delle fratture interne ancora presenti, come quella che ancora separa gravità e meccanica quantistica. In questo caso, che si è già verificato per esempio per l’ottica geometrica o per la meccanica di Newton, quel che accadrà è che le precedenti teorie vedranno mantenuta la loro validità per quei domini nelle quali sono una approssimazione sufficiente a descrivere il mondo fisico, così come possiamo misurarlo. Non calcoliamo la traiettoria di una palla di cannone con la fisica relativistica, ma usiamo ancora le formule della meccanica classica; questo per la buona ragione che esse sono sufficienti ai nostri scopi, e la loro soluzione, nelle condizioni ordinarie in cui operiamo, è coincidente.
Vi è poi una seconda possibilità, finora mai verificata ma non escludibile del tutto: quella che si sia raggiunto un culmine della conoscenza, e che si entri in una fase di stallo, di lavoro sul particolare. Nel passato, molti hanno addirittura dichiarato raggiunto questo stato, e lo dicevano con soddisfazione, salvo poi essere smentiti clamorosamente dagli sviluppi successivi, come accadde per esempio con lo sviluppo della citata meccanica quantistica.
Vi è una terza possibilità, la più amata dai cospirazionisti e dai relativisti con complessi di inferiorità nei confronti del pensiero scientifico, quella che tutta la nostra scienza attuale possa essere invalidata e dimostrata fallace come il geocentrismo, la teoria del flogisto o la fisica aristotelica. Si tratta di un’eventualità molto improbabile, per il semplice fatto che il numero di predizioni della nostra teoria del mondo attuale, ogni giorno verificate in una moltitudine di modi diversi – prima di tutto riscontrando di continuo il funzionamento dei prodotti tecnologici progettati sulla base di quella visione – è così astronomicamente ampio, che un semplice ragionamento bayesiano porta quasi a zero la possibilità che ci sbagliamo del tutto e completamente nell’applicare la nostra attuale visione scientifica per fare previsioni con il grado di accuratezza raggiunto. Da questo punto di vista, la nostra scienza attuale è la più robusta di tutti i tempi ed è a minor rischio di falsificazione totale rispetto al passato, per la semplice ragione che è stata verificata molto più ampiamente da un punto di vista sperimentale grazie alle applicazioni che di essa facciamo, ed è stata esaminata da molti più scienziati di quanto in passato fosse possibile, grazie al tipo di società in cui viviamo.
Ora, al di là di quale sia fra queste tre l’ipotesi che in futuro vedremo realizzarsi, ovvero al di là di quanto risulti confermata o smentita in futuro la nostra attuale descrizione scientifica del mondo, vorrei sottolineare un punto, che dipende dalla natura incrementale del progresso scientifico.
Se la nostra scienza dovesse risultare non ulteriormente perfettibile, oppure se sarà trovata fallace e sarà abbandonata per una migliore, oppure ancora se sarà ampliata integrando il grosso delle visioni pregresse in una teoria più ampia, in tutti i casi la scienza di un istante di tempo preso a caso sarà migliore o ugualmente potente rispetto a ciò che l’ha preceduta.
Dunque anche oggi, e in tutti gli “oggi” futuri, potremo individuare cosa sia scienza e cosa no, compreso cosa risulti o meno scientificamente solido nella conoscenza pregressa; non conta cosa si chiamasse scienza in passato, ma solo ciò che chiamiamo scienza nel presente.
Ciò che è avvenuto in passato potrà aver determinato stasi più o meno lunghe, deviazioni più o meno utili, errori e illuminazioni più o meno clamorose; potrà essere stato figlio di paradigmi, condizioni socioculturali e sistemi metafisici più o meno condizionanti, che hanno limitato cosa si è più indagato e cosa meno; ma, alla fine, non conta per stabilire cosa e quanto sia solido nella conoscenza scientifica, né dei tempi passati, né di quelli presenti.
Per attaccare il metodo scientifico come miglior modo di acquisire conoscenza del mondo fisico, non giova invocare la dimostrata fragilità di certe ipotesi del passato, perché proprio il loro avvenuto rigetto dimostra invece la potenza di quello stesso metodo che si vorrebbe attaccare.
Il nostro problema non è che la conoscenza scientifica attuale possa rivelarsi fallace o incompleta, ma un altro: fare in modo che le condizioni di vita consentano alla scienza di esistere, ovvero che esista la possibilità di tramandare, ampliare e verificare la nostra conoscenza del mondo con metodo scientifico, nel modo più ampio e diffuso possibile.
Il pericolo non è una supposta fragilità epistemologica della scienza, ma la fragilità di quel sistema sociale, istituzionale, politico e di mercato, nato per la prima volta in occidente, ma ormai ben oltre i suoi confini, che ne consente lo sviluppo e ne garantisce la conservazione.
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