cattivi scienziati
La natura è geneticamente modificata
Nonostante le anguste barriere di supposta “naturalità” in cui vorrebbero costringerci certe malintese idee ecologiste, l’informazione genetica circola fra individui, specie e regni viventi con una promiscuità sufficiente ad aumentare le possibilità di generare varietà vantaggiose dal punto di vista della selezione
Una piccola rana della foresta pluviale del Madagascar ha una peculiarità nel suo genoma. La stessa peculiarità che si ritrova in un’altra rana, quella dalla lingua biforcuta, o in quella delle canne, o in un gran numero di altre rane che popolano foreste e ambienti umidi del Madagascar. Il fatto è che, in realtà, quella caratteristica genetica è condivisa non solo dalle rane del Madagascar, ma anche da molti dei serpenti che se ne cibano. I ricercatori, infatti, hanno scoperto recentemente qualcosa di insolito: la maggioranza delle specie di rana del Madagascar ha ereditato un gene, chiamato BovB, che ha avuto origine nei serpenti, ed è in questi rettili diffuso – anche nelle specie malgasce.
Ancora più incredibilmente, dopo aver esaminato i genomi delle specie di rane e serpenti in tutto il mondo, gli scienziati hanno trovato che questo gene è stato in qualche modo passato dai serpenti alle rane almeno 50 volte in tutto il pianeta; ma in Madagascar questo è accaduto con una frequenza enormemente maggiore.
Non si tratta dell’unico caso: aringhe e sperlani, pesci non imparentati che nuotano nelle gelide acque costiere dell'Artico, del Pacifico settentrionale e dell’oceano Atlantico settentrionale, hanno esattamente lo stesso gene per una proteina che impedisce al loro sangue di congelarsi; probabilmente è passato dalle aringhe agli sperlani. Laurie Graham, biologa molecolare della Queen's University in Canada, e i suoi colleghi hanno riportato questo risultato l’anno scorso, e la cosa è risultata così strana, che hanno dovuto faticare non poco per vedere il loro lavoro pubblicato.
Ora, è ben noto, e ne abbiamo parlato anche su queste pagine, che i parassiti, ed in particolare i retrovirus, infettando uova e sperma dei vertebrati possono cambiarne il genoma, inserendo propri pezzi di informazione genetica nel DNA dell’ospite, che può così evolvere improvvisamente nuovi fenotipi; ma come è possibile che un vertebrato riesca ad inserire pezzi del proprio genoma in quello di un altro vertebrato?
Vi è una possibilità ben chiara: potrebbe darsi che certi virus, e soprattutto i retrovirus, possano funzionare non solo integrando la propria informazione genetica nell’ospite, ma di tanto in tanto acquisendo dall’ospite pezzi del suo genoma, che quindi potrebbero poi essere passati ad un ospite successivo. È quindi necessario provare se il trasferimento di DNA possa avvenire non solo dai virus ai vertebrati – un fatto acclarato e che ha prodotto utili innovazioni evolutive in questi ultimi, compresi gli umani – ma anche nell’altro verso, ovvero dai vertebrati o da altri animali ai virus.
In un articolo pubblicato lo scorso dicembre, si sono analizzati i genomi di 201 eucarioti e 108.842 virus. Così, si sono trovate le prove di oltre 6.700 trasferimenti di geni, con trasferimenti da ospite a virus pari circa al doppio dei trasferimenti da virus a ospite.
Perché i virus “rubano” informazioni genetiche ai propri ospiti? Uno degli esempi più eclatanti di utilità per i virus sta in un “furto” particolare, ben documentato in diversi virus. Gli istoni sono proteine che negli animali e nelle piante servono a impaccare il DNA correttamente all’interno della cellula; considerando che, per esempio nell’uomo, in totale il DNA contenuto in ciascuna cellula ha una lunghezza complessiva di circa 3 metri, è chiaro che mantenerlo organizzato in una struttura compatta che entri in un nucleo cellulare, dal diametro di circa una decina di miliardesimi di metro, richiede proteine specialissime – appunto gli istoni - in grado di controllare quale parte sia “srotolata” nel momento in cui è necessario leggerne l’informazione genetica. Compattare il proprio materiale genetico in modo ordinato, naturalmente, è una funzione utilissima anche per i virus, che sono molto più piccoli di un nucleo cellulare; così, le istruzioni per fare queste proteine, accidentalmente incorporate nel genoma di qualche virus, sono diventate parti integranti del genoma di diversi gruppi di questi parassiti. La cosa è avvenuta anche recentemente, visto che le sequenze sono identiche a quelle degli ospiti da cui provengono – cioè non si è avuto tempo sufficiente ad accumulare mutazioni.
Ora, perché casualmente un virus acquisisca informazione genetica vantaggiosa da un ospite, è necessario che esista un meccanismo che abbia frequentemente il risultato di integrare DNA dell’ospite nel genoma del virus, perché questi non può “scegliere” a priori ciò che utile; e questo materiale, quando il virus si integrerà in un ospite di una specie diversa, sarà a quello trasmesso, divenendone stabile patrimonio se l’infezione coinvolge ovociti o spermatozoi e se la cosa non è letale.
Poiché il tratto riproduttivo di tutti gli esseri viventi è soggetto a infezione virale, ed anzi esistono virus specializzati, il meccanismo illustrato è probabilmente molto diffuso, come appare via via dai nuovi dati di trasferimento orizzontale di geni non solo tra animali diversi, ma persino fra regni viventi diversi – da piante a insetti, per fare un esempio.
La verità è che, nonostante le anguste barriere di supposta “naturalità” in cui vorrebbero costringerci certe malintese idee ecologiste, l’informazione genetica circola fra individui, specie e regni viventi con una promiscuità sufficiente ad aumentare le possibilità di generare varietà vantaggiose dal punto di vista della selezione naturale; e gran parte della meravigliosa varietà che osserviamo è figlia di questo rimescolamento continuo, molto più efficiente nel produrre nuovi fenotipi di quanto non sia la mutazione graduale e lenta.
La natura è geneticamente modificata e nessuno controlla la sicurezza degli organismi che sorgono dagli innumerevoli processi di trasferimento genico.
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