Cattivi Scienziati
I vaccini hanno effetti anche sulla circolazione del Covid: spunti per il governo
Una nuova revisione scientifica conferma che coloro che hanno ricevuto almeno una dose di richiamo mostrano una ridotta quantità di virus infettivo. Mentre l'isolamento di cinque giorni è insufficiente a ostacolare la circolazione virale. Appunti per il ministero della Salute
Le revisioni di letteratura, quando aggiornate, sono particolarmente utili per fare il punto di ciò che sappiamo circa un determinato argomento, e in alcuni casi possono aiutare a capire meglio affermazioni scivolose, e pericolose, come quelle fatte dal ministro della Salute Orazio Schillaci, che in un'intervista a Libero, ieri, ha consigliato la quarte dose contro il Covid-19 soltanto ai fragili e non agli altri e per poi affermare di non vedere alcuna ragione per essere a favore dell'obbligo vaccinale. A Schillaci consigliamo di esaminare un articolo pubblicato il 2 dicembre su Nature Reviews Microbiology dedicato ai dati che disponiamo sulla carica virale misurabile dopo infezione da SARS-CoV-2 e sul recupero di virus infettivo dai soggetti infetti: sono questi, infatti, due dei più importanti parametri che influenzano la capacità di un virus di propagarsi in una popolazione.
Concentriamoci sui dati presentati per Omicron. Innanzitutto, si ribadisce come la vaccinazione, e maggiormente una dose recente di richiamo, diminuisca sostanzialmente le possibilità di conseguenze gravi dell’infezione. Per quanto riguarda la quantità di RNA virale recuperabile nei soggetti infettati da Omicron, non si riscontrano differenze, qualunque sia la dose di vaccino, con i non vaccinati, tanto per BA.1 che per BA.2. Inoltre, la durata di tempo entro la quale è possibile recuperare particelle virali infettive è parimenti indifferente allo status vaccinale, così come la frazione di pazienti infetti da cui si recuperano tali particelle.
La revisione però evidenzia un punto importante: dopo infezione da Omicron, coloro che hanno ricevuto almeno una dose di richiamo mostrano una ridotta quantità totale di virus infettivo a 5 giorni dopo i primi sintomi. Quindi, anche se in vitro si recupera virus infettivo indipendentemente dallo stato vaccinale, la quantità che si ritrova è diversa. Siccome poi, nonostante ciò che si dice in Italia nelle stanze della politica, la finestra di infettività arriva a 10 giorni dopo i sintomi, il dato a 5 giorni mostra che coloro che hanno effettuato almeno una dose di richiamo sono potenzialmente meno infettivi a parità di tempo trascorso dall’insorgere dei sintomi.
Ora noi sappiamo già che la protezione dall’infezione conferita da una dose di richiamo dei vaccini correnti, nei confronti di Omicron, non è nulla, anche se decade dopo due mesi. Questo significa che, modulando bene i tempi di richiamo rispetto alle ondate epidemiche, si ottiene il massimo effetto sulla circolazione virale, sia in termini di infezione, sia in termini di trasmissione, come abbiamo visto per il dato a cinque giorni.
Inoltre, la quarantena di cinque giorni per gli infetti, anche sulla base dell’ultima revisione disponibile, è insufficiente, se lo scopo è ostacolare il più possibile la circolazione virale. Concludendo, quindi, esistono ancora un limitato effetto di prevenzione di infezione e trasmissione dei vaccini disponibili, insieme a un dimostrabile effetto di un isolamento più lungo di cinque giorni. Si quindi tratta di calibrare temporalmente gli interventi di sanità pubblica, tenendo conto anche di questa ultima revisione; sempre che, invece, non si decida di lasciar circolare liberamente SARS-CoV-2, assumendosi la responsabilità di ospedalizzazioni e morti evitabili in aumento.
Cattivi scienziati
Il senso dell'obbligo per i vaccini
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