Cattivi scienziati
Perché un dibattito con i sostenitori delle pseudoscienze non potrà mai portare a risultati utili
La matematizzazione della realtà è l'unico modo che abbiamo per condividere senza ambiguità le nostre scoperte. Chi sostiene il contrario rende assolutamente inutile ogni dato, ogni evidenza e dimostrazione
Periodicamente, e non solo da parte dei miei detrattori, mi si rimprovera di rifiutare il confronto con i sostenitori di diverse pseudoscienze – e la cosa non è mancata di accadere ancora dopo il mio articolo che denunciava la prossima riunione dei biodinamici d’Italia nell’aula magna di una università. Vorrei qui rendere chiaro, proprio usando l’esempio della biodinamica, il perché della mia incapacità di un confronto che possa portare ad un qualunque risultato utile, tanto per chi dovesse parteciparvi quanto per un eventuale pubblico.
In uno degli ultimi libri che vede Carlo Triarico, il massimo esponente della biodinamica italiana, fra gli autori, libro dedicato alla pandemia intitolato “La primavera dopo l'anno con tredici lune” (e già un titolo simile dovrebbe ben far sospettare il lettore), trovo scritto quanto segue in un capitolo dedicato alla “filosofia della natura e Covid-19”: “la conoscenza della 'vita' che dovrebbe essere il vero compito della biologia non è mai stata messa in atto con strumenti propri e autentici, metodologicamente autosufficienti e quindi autonomi, perché la fisica è stata eletta, dai tempi della rivoluzione scientifica rinascimentale, a scienza perfetta in quanto capace di sottomettere la natura alle forme della matematizzazione e dell'algebrizzazione”. Ho scelto questo estratto perché vi si parla esattamente della materia cui ho dedicato la mia vita, ovvero la biologia, ed intendo usarlo per mostrare cosa intendo quando parlo di impossibilità per il sottoscritto, e per ogni scienziato modernamente inteso, di intavolare un dibattito che rimanga scientifico con chi fa simili affermazioni di principio. Senza nessuna particolare evidenza a supporto, si fa un’affermazione su quale dovrebbe essere il “vero” scopo della biologia e sul fatto che gli strumenti modernamente utilizzati non sarebbero “propri e autentici”. Si dice cioè che per acquisire una conoscenza “vera” della vita (ma che significa vera?), bisognerebbe utilizzare strumenti diversi da quelli di una scienza come la fisica, il cui modello sarebbe incapace di fornire gli strumenti giusti perché teso a sottomettere la natura alla matematizzazione e ad una presunta “algebrizzazione” (che significa?).
Ho recentemente scritto un articolo su queste pagine, proprio per spiegare perché la matematizzazione della realtà, se ammettiamo che essa sia indipendente dall’osservatore, è l’unico modo che abbiamo per condividere senza ambiguità le nostre scoperte, ed ho anche cercato di far comprendere il perché esso sia non solo l’unico realmente privo di ambiguità, ma anche il più adatto e il più utile se vogliamo ottenere descrizioni e previsioni che funzionino indipendentemente da chi le fa. Ritenere per principio la matematizzazione della biologia come insufficiente a comprendere la realtà biologica è sufficiente a tenere lontano qualsiasi serio scienziato da una discussione con i sostenitori di una tale posizione; rende, cioè, assolutamente inutile ogni dato, ogni evidenza e ogni dimostrazione che io potrei apportare ad un dibattito con un teorico della biodinamica, perché per principio insufficiente all’interlocutore. E questo è infatti precisamente quello che accade ogni volta che gli scienziati producono le evidenze che contraddicono la visione cosmologico/esoterica alla base della biodinamica: si rinnega il metodo scientifico sperimentale, condendo il tutto con vuote accuse di riduzionismo, e si propone una visione basata sull’immaginazione e sulla percezione, invece che sulla verifica sperimentale e sulla condivisione di un modello logico matematico con reale potere esplicativo.
Infatti, gli autori del libro citato scrivono che matematizzando il mondo “la sfera del significato è rimasta oscurata per la scienza e la misurazione ha completamente sostituito la percezione nella costruzione delle teorie scientifiche, anche quelle alla base dell’immunologia genetica attualmente oggetto della nostra attenzione”. Invece, per gli autori “una medicina che voglia evolvere nella direzione della propria specificità deve fondarsi su una biologia mesocosmica, cioè su una metodologia fondata sulla scala dei sensi, attraverso una morfologia dinamica esatta e rigorosa, in grado di congiungere scienza e arte”. Al di là della vaghissima e inconsistente definizione del metodo di indagine che si propone, gli stessi autori evidenziano la sua opposizione a quello che si definisce universalmente metodo scientifico, che consiste nello scoprire la struttura matematica del mondo e si avvale allo scopo di misure quantitative tanto per formulare ipotesi che per metterle alla prova.
Ecco: questo rifiuto del metodo scientifico, in nome di un suo preteso superamento o incremento attraverso mezzi che attingono alla percezione individuale è quanto di più evidente vi sia per cogliere il fondamento della biodinamica in un pensiero magico/esoterico che rende impossibile il dialogo su basi scientifiche. Mi perdoneranno i lettori se, quando si parla di agricoltura, medicina o di qualunque disciplina dell’azione umana che dipenda dai fatti del mondo naturale, io non posso che rinunciare a discutere con chi vorrebbe farmi abbandonare il metodo sul quale riposa la migliore spiegazione che abbiamo di ciò che ci circonda.
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