Cattivi Scienziati
Anche nell'evoluzione l'essere umano e il cane sono "alleati biologici". Una ricerca
Il miglior amico dell'uomo condivide con quest'ultimo un codice di comunicazione innato. Le due specie, e i loro comportamenti, sono evolute l'una grazie all'altra. In un esperimento 97 bambini hanno interagito con successo con tre cuccioli
I cani hanno una storia di convivenza evolutiva con la specie umana lunga e unica; recenti analisi suggeriscono che questi animali, a seguito del prolungato contatto con gli esseri umani e del processo di domesticazione, sono diventati geneticamente distinti dai lupi già 23 mila anni fa.
Ci si può dunque chiedere se, a seguito di tale lunga convivenza, non sia ormai possibile comunicare in maniera innata tra cani ed esseri umani; se, cioè, i cani non siano in grado di farsi comprendere dagli esseri umani senza necessità di apprendimento da parte di questi ultimi, come risultato di un coadattamento evolutivo della nostra specie a cogliere certi segnali non verbali e viceversa dello sviluppo nei cani di un codice di comunicazione innato con le persone.
Domande di questo tipo sono di interesse perché implicano la possibilità di una coevoluzione tra specie diversissime, attraverso lo sviluppo di codici innati di comunicazione, che rendono ben evidente come gli organismi viventi possano sviluppare una relazione ecologica stretta, potenzialmente di simbiosi, attraverso il processo della domesticazione, che deve intendersi come bidirezionale dal punto di vista evolutivo.
Per rispondere nel caso dei cani, abbiamo oggi a disposizione un nuovo lavoro, in cui un gruppo di ricercatori ha reclutato 97 bambini di età compresa tra i 20 e i 47 mesi e ne ha registrato le interazioni con tre piccoli cani - Fiona, Henry e Seymour - presso un laboratorio dell'Università del Michigan. Negli esperimenti pubblicati i ricercatori hanno separato un bambino da un cane tramite una recinzione, lasciando cadere giocattoli o bocconcini dal lato del bambino, appena oltre la portata del cane.
I cani hanno reagito in modo naturale, mostrando interesse ad accedere all'oggetto (ad esempio, scalpitando ed emettendo guaiti) o ignorandolo.
Ne è risultato che i bambini passavano ai cani gli oggetti fuori portata due volte più spesso quando i cani mostravano interesse piuttosto che quando li ignoravano, il che ovviamente implica una capacità statisticamente significativa di cogliere l’interesse del cane. Inoltre, i bambini erano più generalmente propensi a fornire oggetti ai cani se provenivano da famiglie con cani da compagnia, se i cani erano più vivaci e si impegnavano nella comunicazione piuttosto che sottomessi e se l'oggetto era un bocconcino piuttosto che un giocattolo.
Questi dati mostrano come il codice comunicativo utilizzato dai cani con esseri umani estranei è ben comprensibile a bambini di età giovanissima, supportando quindi il reciproco adattamento comunicativo intercorso nella coevoluzione delle due specie durante il processo di domesticazione.
Il fatto che bambini già abituati alla presenza di cani fossero più pronti nella risposta indica che tali comportamenti sono rinforzati dal contesto culturale in cui essi si sviluppano, ma poiché anche bambini che non vivono con i cani mostrano comunque una risposta rivelabile statisticamente mostra che la base di questo comportamento è ormai innata nella nostra specie.
I bambini mostravano tendenza a cercare di consegnare comunque un oggetto al cane, ma il fatto che la risposta dei bambini era proporzionale all’interesse del cane e ai suoi sforzi ha mostrato come si tratti di un comportamento dipendente dalla comunicazione da parte del cane, con ciò provando l’evoluzione bidirezionale della capacità di collaborare.
Infine, è interessante la distinzione nel comportamento attuato dai bambini, a seconda che l’oggetto da consegnare fosse del cibo o un giocattolo: la maggiore propensione a reagire alla comunicazione del cane, nel caso si trattasse di cibo, punta alla conferma della teoria che sta alla base del meccanismo con cui è avvenuta la domesticazione nel caso dei cani.
In conclusione, abbiamo, da questi nuovi dati, la prova diretta e lampante di come la nostra specie sia, di fatto, evoluta grazie a una alleanza con esseri viventi molto diversi, che in parte ne hanno modellato persino alcuni tratti comportamentali; questo è il motivo per cui gli esperti di ecologia evolutiva preferiscono parlare di alleanza biologica, nel caso di noi umani, mettendo da parte un antropocentrismo che in troppi aspetti ancora caratterizza la nostra visione del mondo.
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