La procura di Bergamo (Lapresse)

Cattivi scienziati

Nell'inchiesta della procura di Bergamo la scienza non c'entra nulla

Enrico Bucci

Nell'indagine sull'inizio della pandemia si sta assistendo a una pericolosa sovrapposizione di ruoli e di funzioni. La comunità scientifica eviti di farsi tirare per la giacchetta

Viviamo tempi in cui la separazione fra poteri, compiti, prerogative e competenze diverse è crollata, portando ad una pericolosa confusione e all’assommarsi di ruoli in persone che usano uno al posto o insieme all’altro per guadagnare autorevolezza e convincere gli interlocutori. Mi riferisco a quanto sta accadendo in questi giorni al seguito della voluta attenzione mediatica che si è cercata per le indagini di una procura sull’inizio della pandemia in Val Seriana e per il principale perito di questa procura, Andrea Crisanti.

 

Fino ad oggi, eravamo già perseguitati dai giornalisti-giudici, dai procuratori-politici e dai procuratori-comunicatori, dai politici-scienziati e dagli scienziati-politici. Assistiamo adesso ad un ulteriore salto di livello: abbiamo lo scienziato-perito-politico-mediatico, una figura utilissima a ravvivare nuovamente le sonnacchiose serate televisive degli italiani orfani del duello fra virologi, andato ormai fuori moda per evidente sazietà del pubblico. Con ovvio sprezzo dei potenziali conflitti di interesse, i giornalisti richiedono al nuovo ospite di pronunciarsi in ogni veste in simultanea, ravvivando quel processo giudiziario virtuale che piace tanto al giustizialista televisivo quadratico medio: si vogliono le accuse, la difesa - possibilmente impersonata da qualche altro esimio professore – e il dibattito, ben lontani, naturalmente, dalle uggiose procedura garantiste delle aule di tribunale, e dai tecnicismi vitali ma boriosi, tanto tipici sia della scienza che del diritto, di cui si fa volentieri a meno in nome di una simulazione dedicata all’intrattenimento.

 

Ora, io non intendo pronunciarmi nel merito, tanto per quello che riguarda una perizia depositata e le connesse dichiarazioni rese alla stampa, su cui pure avrei qualche competenza, tanto sulla natura e robustezze giuridica dell’impianto accusatorio, su cui invece competenze non ho, e non posso che limitarmi ad ascoltare gli esperti; voglio però, come altre volte ho già fatto, limitarmi a ricordare ai miei lettori che, in tutta questa discussione, la scienza, almeno per ora, non c’entra per nulla, né deve in alcun modo esser tirata per la giacchetta la comunità scientifica. Non c’entra perché dati e problemi di cui ci si occupa in scienza sono presentati, analizzati e discussi in modo ben diverso: non basta la notizia di una perizia e le allusioni ai suoi eventuali contenuti per innescare un dibattito scientifico, e anzi, in generale, non basta neppure la lettura dettagliata di una perizia, perché essa non è, per definizione, altro che un documento di natura giuridica – in questo caso, oltretutto, sollecitato dall’accusa – e non una trattazione che con metodo e obiettivi scientifici possa dalla comunità dei ricercatori esser valutata alla stessa stregua di un articolo su Nature. Non c’entra, inoltre, perché la sede in cui oggi si sta svolgendo il dibattito non consente, in alcun modo, una discussione che non sia anche e soprattutto indirizzata dalla politica, dal diritto, dalle opinioni comuni e dalla percezione del pubblico; ben altre, e di necessità, sono le sedi ove si può svolgere una più o meno serena discussione tra ricercatori, ove il metro vero di giudizio sia quello del metodo, del rigore analitico e delle prove a favore di questa o quella ipotesi sul mondo naturale.

 

Non c’entra, infine, per il modo in cui l’argomentazione è condotta, tra il tifo e le imprecazioni di fette più o meno ampie di pubblico e di spettatori, che sovrastano spesso le argomentazioni per schierarsi dietro la bandiera di questo o di quello, non per capire davvero né per assimilare il dettaglio di un’analisi e valutarne il metodo in profondità. Che i magistrati, ed i periti, vadano pure avanti; ma che non si pretenda né si immagini, per piacere, che quanto stiamo osservando sia il risultato condiviso di un’analisi da parte della comunità scientifica, la quale farebbe bene a tenersi il più lontano possibile dalla polemica, rimanendo sui dati ad essa propri, senza cominciare a ragionare di indagini ed esami più propri di tribunali e polizia che non di cattedre accademiche.