cattivi scienziati
Il suono delle piante, un regno meno silenzioso di quello che immaginiamo
Una recente ricerca dimostra come le piante emettono suoni specifici associati a diversi tipi di fenomeni che possono interessarle. In linea di principio, esiste abbastanza informazione racchiusa nel rumore generato, da poter distinguere diversi stati di una pianta
Molti tipi di oggetti, se stimolati nel modo opportuno, possono emettere in risposta un suono.
Se colpiamo una superficie di legno, oppure un bicchiere di cristallo, o un muro, otterremo in risposta un suono che dipende dalle caratteristiche dell’oggetto e dall’energia meccanica che vi abbiamo trasferito.
Anche senza che siano sollecitati attraverso un trasferimento di energia meccanica, gli oggetti fisici possono emettere suoni: per esempio, lo sfrigolio della legna che brucia oppure lo schianto di un albero che cede corrispondono al trasferimento di energia meccanica dall’oggetto considerato all’aria, in risposta a diversi fenomeni.
L’interpretazione dei suoni che accompagnano vari fenomeni può fornire informazioni utili agli esseri viventi, circa l’accadimento di quei fenomeni: il rombo di un tuono può segnalare l’arrivo della pioggia, il rumore dell’acqua in caduta può annunciare una cascata e così via.
Per questo motivo, è di estremo interesse un recente lavoro, che dimostra come le piante emettono suoni specifici associati a diversi tipi di fenomeni che possono interessarle.
In particolare, piante di tabacco e di pomodoro sottoposte a due tipi diversi di stress, ovvero disidratazione o taglio, producono suoni di tipo diverso. I risultati, in particolare, hanno mostrato che le piante sotto stress emettono suoni nell'aria rilevabili a distanza. Le emissioni delle piante, nell'intervallo ultrasonico di ∼20–100 kHz, sono risultate udibili fino a cinque metri di distanza da molti mammiferi e insetti, tenuto conto della loro sensibilità uditiva.
L’utilizzo di una intelligenza artificiale ha consentito di classificare i diversi schemi sonori; questo dimostra che, in linea di principio, esiste abbastanza informazione racchiusa nel rumore generato, da poter distinguere diversi stati di una pianta.
I ricercatori sono riusciti così a distinguere tra i suoni emessi in due diverse condizioni di stress - piante secche o recise - con una precisione del 70% e sono riusciti a differenziare piante disidratate e piante di controllo, basandosi solo sui suoni che emettono, con una precisione dell'84%. L’emissione sonora è risultata correlata al tasso di traspirazione della pianta – donde la sensibilità alla disidratazione - mentre il numero giornaliero di emissioni aumenta durante i primi giorni di disidratazione e diminuisce quando la pianta si secca. I suoni emessi dalle piante ad alti e bassi livelli di disidratazione sono inoltre diversi e distinti dai ricercatori con una precisione dell'81%.
Il meccanismo per la produzione del suono è stato identificato dai ricercatori nella cavitazione che si produce all’interno del sistema di vasi linfatici di una pianta, e difatti i suoni emessi sono risultati dipendere dalla grandezza delle trachee: piante di dimensioni diverse, di conseguenza, emettono suoni diversi.
I dati ottenuti suggeriscono immediatamente utili applicazioni in agricoltura, in cui l’ascolto da parte di appositi sensori del suono emesso dalle piante può servire a rilevare stress di diverso tipo e a provvedere di conseguenza in maniera mirata; più ancora, però, sollecitano indagini di tipo ecologico, per l’individuazione di chi possa, in natura, essere “in ascolto”.
Le frequenze e le intensità emesse, come detto, sono udibili da diversi tipi di animali, come topi e falene, e possono quindi essere utilizzate per distinguere lo stato di una pianta da consumare o su cui deporre le uova o per altre interazioni da parte di animali differenti; non vi è ragione di pensare, infatti, che schemi sonori così palesi non siano utilizzati al pari di molti altri per estrarre informazione utile dall’ambiente da parte di specie diverse.
Una pianta secca, o una pianta recisa, possono essere più o meno interessanti per animali differenti; e se questa informazione è disponibile a distanze di qualche metro, anche di notte, il suo utilizzo può essere interessante, specialmente per animali di piccola taglia.
Più ancora, gli autori si lasciano andare nelle conclusioni a considerazioni circa la capacità delle piante stesse di recepire segnali emessi da conspecifici o da piante diverse, per adattare metabolicamente il proprio stato, per esempio mobilitando rapidamente tossine nel caso di piante recise o attivando meccanismi di resistenza alla siccità nel caso di piante in situazione di stress idrico; tuttavia, sebbene la sonocezione avvenga a livello cellulare anche negli animali, e dunque sia accessibile in una certa misura senza organi specializzati allo scopo attraverso meccanosensori di cui moltissime cellule per scopi vari sono dotati, prima dell’identificazione di uno o più meccanismi specifici per la ricezione di stimoli nelle frequenze e nelle intensità dimostrate in questo studio bisogna esercitare un sano scetticismo a riguardo di una proposta comunicazione sonora tra vegetali.
Può ben darsi che certi particolari stimoli sonori, come dimostrato almeno in un caso, siano in grado di attivare risposte specifiche nelle piante attraverso meccanismi specificamente adattati allo scopo; ma prima di sbilanciarsi ad immaginare qualcosa che abbia un funzione paragonabile ad un apparato uditivo invece che ad un meccanosensore per frequenze specifiche, bisogna attendere dati che, ad oggi, mancano.
Il regno delle piante è di certo molto meno silenzioso di quello che immaginiamo, e molti animali sono probabilmente in grado di udire le voci che lo popolano; ma prima di lanciarsi a sognare di verdi conversazioni, dobbiamo aspettare la scienza.
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