cattivi scienziati
Al cuor non si comanda? Eppure la scienza dice il contrario
Un nuovo studio ha dimostrato come a dettare il ritmo circadiano del cuore a riposo sia in realtà il sistema simpatico, lo stesso associato alla fase dello stress. Una scoperta che può servire allo sviluppo di nuove cronoterapie mirate
“Al cuor non si comanda”, recita un ben noto adagio. Ebbene, la realtà documentata in un nuovo, interessante lavoro appena pubblicato fornisce ulteriori prove che vale esattamente il contrario. Come è noto da tempo, la frequenza cardiaca a riposo (lontano cioè da esercizio fisico rilevante) esibisce un preciso ritmo giornaliero: più veloce durante il periodo di veglia e più lento durante il periodo di riposo. Non a caso, seguendo questo ciclo circadiano gli eventi cardiaci patologici hanno distribuzioni molto diverse fra il giorno e la notte. Secondo la spiegazione in voga da quasi un secolo, il ritmo circadiano della frequenza cardiaca a riposo è stato attribuito al sistema nervoso parasimpatico, in particolare al nervo vago negli esseri umani, tradizionalmente associato alle funzioni di "riposo e digestione". Questa ipotesi era già risultata poco supportata; adesso, un nuovo studio ha dimostrato come a dettare il ritmo circadiano del cuore a riposo sia in realtà il sistema simpatico, usualmente associato alle risposte del tipo “fuggi o combatti”.
In questo tipo di risposta a breve termine, il sistema simpatico rilascia catecolamine come l'adrenalina che agiscono sul nodo seno-atriale, il nostro pace-maker naturale, alterando in pochi secondi la frequenza cardiaca tramite stimolazione dei recettori β-adrenergici che inducono a loro volta cambiamenti della conduttanza dei canali ionici cardiaci, modificando l’attività elettrica del cuore. Questo tipo di induzione di risposte rapide, tuttavia, non è in grado di giustificare il cambio del ritmo su scala temporale lunga, osservato nell’alternanza giorno-notte. Il meccanismo descritto è esattamente lo stesso anche nei topi: anche nel loro cuore, i recettori β-adrenergici sono i principali responsabili della risposta ai segnali del sistema nervoso simpatico, e anche i roditori mostrano un ciclo circadiano del ritmo cardiaco e di attività elettrica esattamente analogo a quello umano. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno quindi provato innanzitutto a impedire nei topi l’azione del sistema simpatico sul cuore con un classico farmaco che agisce sui recettori β- adrenergici, ovvero un β-bloccante: il propranololo, che ben conosce chiunque sia affetto da problemi di aritmia o conosca altri con tali problemi. In queste condizioni, si è potuto osservare come il blocco farmacologico β- adrenergico a lungo termine ha alterato il ritmo giorno-notte della frequenza cardiaca. Tuttavia – e qui è arrivato il punto importante – l’alterazione ha riguardato selettivamente il nodo seno-atriale, ovvero il nostro pacemaker biologico: in particolare, si è visto che una serie di importanti geni regolatori, che nei topi non trattati esibivano un cambiamento di attività giorno-notte, perdevano questa sincronizzazione giornaliera nei topi trattati prolungatamente con il β-bloccante. Al contrario, molti geni che nel resto del cuore esibiscono simili cicli di attività giorno-notte, hanno mantenuto la sincronia. Questo significa che il sistema nervoso simpatico, attraverso la sua attività, controlla non solo l’attività elettrica immediata del nodo seno-atriale, nelle risposte immediate cui si accennava sopra, ma anche modifiche di ritmo più lente e persistenti, che invece corrispondono al cambio di attività locale di specifici geni di quella importante struttura.
Dunque, è il nostro sistema nervoso simpatico a comandare una sorta di rimodellamento della sensibilità elettrica su un tempo di 24 ore, con un meccanismo del tutto indipendente da quello utilizzato quando è necessario indurre picchi di attività cardiaca in risposta a stress improvvisi, meccanismo comunemente accettato e sin qui ritenuto esclusivo. Ora, questo risultato induce ad alcune importanti considerazioni che riguardano la vita di una larga fetta di italiani. I β-bloccanti come il propranololo, infatti, sono comunemente indicati per trattare un’ampia varietà di condizioni, alcune delle quali molto diffuse: ipertensione arteriosa, angina pectoris, aritmie, tremore essenziale, tachicardie correlate a stati ansiogeni, e poi profilassi post-infarto ed emicrania, per non parlare di altre indicazioni più rare. Il meccanismo di azione dei β-bloccanti sul sistema nervoso simpatico, e attraverso quello sulla regolazione del ritmo sonno-veglia del cuore a riposo, è stato elucidato grazie al lavoro appena descritto: questa nuova conoscenza, ovviamente, ha il potenziale per lo sviluppo di nuove cronoterapie mirate, che possano integrare al meglio la somministrazione terapeutica con il naturale ritmo cardiaco circadiano. Alla fine, quindi, sono i nostri neuroni a mandare a dormire il nostro cuore: è sempre più chiaro che al cuore si comanda eccome.
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