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Cattivi Scienziati

I virus acquatici possono alterare il clima. Lo studio

Enrico Bucci

I microbiologi hanno scoperto un importantissimo attore in gioco rispetto all'inquinamento atmosferico. Si tratta di quello che, nel suo insieme, possiamo chiamare il viroma marino

Mentre siamo soliti concentrarci sulla deforestazione come una delle peggiori azioni in grado di degradare il clima, diminuendo la quantità di anidride carbonica che può essere sequestrata dall’aria e trasformata in materia organica, e pur sapendo che le microscopiche alghe del mare contribuiscono abbondantemente allo stesso processo, i microbiologi hanno scoperto un ulteriore, importantissimo attore in gioco sin qui trascurato. Si tratta di quello che, nel suo insieme, possiamo chiamare il viroma marino, un esercito di replicatori darwiniani che si stima consistere in 1030 singole particelle virali, un numero pari a circa 1000 volte quello stimato per le stelle nel cosmo. Come è naturale, tutti gli organismi acquatici sono influenzati dalla loro presenza in un modo o nell'altro, siano essi batteri, alghe, protisti o pesci; ma mentre siamo ben abituati a considerare le interazioni di parassitosi, simbiosi e commensalismo che possono interessare ciascun tipo di virus e molte altre specie viventi, solo recentemente si è cominciato ad apprezzare un ruolo globale per il viroma marino, che agisce sull’intera biosfera.

Tra i virus marini, i batteriofagi (o semplicemente fagi), virus che infettano e uccidono i batteri, sono il tipo ecologico dominante nell'oceano. Si stima che i fagi uccidano ogni giorno dal 10 al 20% dei batteri eterotrofi e dal 5 al 10% dei batteri fotosintetici nell'oceano, determinando un rilascio significativo di carbonio, sostanze nutritive e altri oligoelementi nella rete alimentare microbica. Ora, in assenza dell’azione dei fagi, i batteri da essi predati sarebbero in massima parte predati da altri organismi, cioè da consumatori secondari, risalendo così nella catena alimentare; ad ogni ciclo di predazione da parte di organismi via via più apicali nella catena trofica, una buona parte della materia organica consumata è utilizzata per produrre energia necessaria a sostenere la vita degli organismi predatori, consumando ossigeno e liberando anidride carbonica nell’ambiente. Invece, i fagi fanno esplodere i loro ospiti batterici attraverso un processo noto come lisi virale. Quando i batteri muoiono e subiscono la decomposizione, la loro materia organica ha il potenziale per contribuire al pool di materia organica particellare (POM) e alla materia organica disciolta. Il POM è costituito da strutture complesse e non è facilmente scomponibile dai microbi marini. Di conseguenza, viene spesso trasportato nelle parti più profonde dell'oceano, sottraendo carbonio dall’ambiente in modo più o meno permanente.

La materia organica disciolta, invece, alimenta una nuova generazione di microbi, inclusa una gran varietà di batteri. Ora, bisogna considerare che solo alcuni tipi di batteri hanno una respirazione aerobia, ed emettono CO2 quando assimilano il cibo di cui si alimentano; moltissimi, invece, utilizzano processi di tipo diverso per ricavare energia e “digerire” il cibo, e non producono quel tipo di gas serra. Quindi, la lisi virale promuove la respirazione batterica che trattiene il carbonio negli oceani invece di rilasciarlo nell'atmosfera, evitando che una parte importante di materia organica risalga lungo la catena alimentare. In questo modo, si è stimato che i fagi aiutano indirettamente a sequestrare circa 3 gigatonnellate di carbonio all'anno. Pertanto, i virus, il cui peso è già grandissimo sia nella selezione naturale che nella generazione di nuova varietà genetica, possono anche alterare la chimica della nostra atmosfera e, quindi, il clima. Complesse sono le vie degli ecosistemi, e a volte i più minuti dei componenti possono giocare un grandissimo ruolo nel determinare effetti su scala macroscopica.

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