Cattivi Scienziati
Il dilemma sui richiami per il vaccino anti Covid
Le domande che medici e pazienti si pongono dato che a metà luglio ancora non c'è traccia di un piano operativo nazionale per la prossima campagna di vaccinazione
Questo autunno, quali e quanti italiani dovranno nuovamente vaccinarsi contro SARS-CoV-2? Usando quale vaccino? Con quali modalità? Queste non sono semplicemente le domande di molti amici, soprattutto ultrasessantenni, che sono incerti su cosa accadrà: sono le domande che gli stessi medici si pongono, riguardo i propri pazienti. Siamo a metà luglio, e ancora non v’è traccia di un piano operativo nazionale per la prossima campagna di vaccinazione; di più, non v’è nessuna comunicazione, nessuna informazione consegnata ai cittadini circa quello che dobbiamo aspettarci per il prossimo autunno, nonostante tutti sappiano benissimo, dopo il biennio appena trascorso, che le dosi di richiamo, specialmente per soggetti a maggior rischio, non sono un optional.
Mentre in Parlamento ci si accapiglia su Commissioni di Inchiesta che, invece di indagare esclusivamente nei settori di propria competenza (la gestione politica dell’emergenza e le sue eventuali storture), pretendono perfino di sovrapporsi alla comunità scientifica, andando a valutare ciò che da tempo e con ben altre analisi i ricercatori hanno esaminato e continuano a studiare (ovvero i rarissimi effetti collaterali seri riconducibili alla vaccinazione), ciò che la politica ed il governo in particolare dovrebbero fare, ovvero lavorare ad un piano per la prossima stagione vaccinale, appare totalmente abbandonato. Dico “appare” perché, magari, questo governo ed il ministero ci sorprenderanno, sfornando un piano di tutto rispetto e pronto per essere attuato, a cui hanno lavorato sin qui silenziosamente, senza nulla far trasparire; ma, per intanto, è la comunità scientifica nazionale che è stata costretta a farsi sentire, e nello specifico la Società italiana d’Igiene, Medicina preventiva e Sanità pubblica (Siti) e la Società italiana di Malattie infettive e tropicali (Simit), le quali “in mancanza di un Piano operativo per la prossima stagione, hanno formulato delle indicazioni derivanti da un’analisi delle migliori evidenze scientifiche, raccomandando l’uso di una nuova dose di vaccino contro il Covid-19 nel periodo autunnale, ogni 12 mesi.”
Ora, le pur utilissime indicazioni delle due società scientifiche non possono ovviamente supplire a chiare linee guida e indicazioni che provengano dalla pubblica amministrazione; senza contare che, pur potendo gli scienziati prevedere quando e chi si debba vaccinare, per operare è necessario disporre di scorte e di indicazioni su quale prodotto utilizzare, oltre che predisporre tutta la logistica necessaria per tempo e consentire la prenotazione ordinata per l’accesso al trattamento. Perché si va a discutere della inadeguatezza del piano pandemico nazionale alla fine del 2019, e non si sa ancora oggi come dovremo vaccinarci nell’autunno del 2023? A che serve prepararsi con un piano aggiornato a future pandemie, se non si riesce a gestire la profilassi contro un coronavirus che continua a circolare e che, come tutti gli anni sin qui, è atteso in ripresa con il passare della stagione estiva? Forse sarebbe appena il caso di considerare che la preparazione non è un pezzo di carta, che si riempie con astratte formulette e modelli per soddisfare le richieste burocratiche o l’opinione pubblica, ma è invece l’unica forma di prevenzione e mitigazione di guai come quelli che abbiamo appena vissuto. E allora: chi, quando e con che cosa si dovrà vaccinare quest’autunno?
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