Cattivi scienziati
Il brodo primordiale di Marte: una scoperta che rende l'universo sempre più conosciuto
Per moltissimo tempo l’universo è stato visto come un ambiente in cui difficilmente potevano generarsi processi sintetici per la costituzione degli organismi viventi. Un'indagine apre a nuove possibilità
Per molto, moltissimo tempo, l’universo è stato visto come un ambiente in cui difficilmente e solo in siti particolari potevano generarsi quei processi sintetici necessari ad arrivare da precursori semplici a molecole complesse, basate sul carbonio e tipiche della costituzione degli organismi viventi.
Da molti decenni, inizialmente a partire dall’analisi delle meteoriti carbonacee, e poi via via proseguendo fino all’esame spettroscopico dell’atmosfera di pianeti e altri corpi celesti, delle nebulose e dello spazio interstellare, si è trovata invece una sterminata varietà di processi chimici e di molecole organiche, fra cui, guarda caso, risultano ubiquitarie proprio quelle alla base della biochimica – zuccheri, aminoacidi e piccoli peptidi, lipidi, alcoli, nucleobasi eccetera.
All’inventario si sono in particolare aggiunti moltissimi composti trovati su Marte, prima sulle meteoriti provenienti da quel pianeta e quindi direttamente su campioni del suolo marziano. Nel caso del pianeta rosso, la cosa è particolarmente interessante, perché in passato esso era un pianeta blu, coperto da vaste estensioni d’acqua e con un’atmosfera sufficientemente densa da permetterne l’esistenza stabile; in queste condizioni, naturalmente, la chimica organica che ha potuto svilupparsi è maggiormente reminiscente di quanto, a suo tempo, avvenuto sul nostro stesso pianeta, ed ecco perché il suo studio attraverso programmi di esplorazione della sua superficie è particolarmente interessante.
Cosa c’era nel “brodo primordiale” di Marte, quando l’acqua ne ricopriva ampie porzioni della superficie miliardi di anni fa?
Sappiamo già che moltissime molecole organiche si sono formate in quel periodo; a conferma, sono arrivati oltre 100 campioni prelevati da 10 siti diversi e analizzati dal sistema SHERLOC del rover Perseverance.
Perseverance ha esplorato i margini di una formazione geologica chiamata "Seitah", che ha un interesse particolare, perchè composta da effusioni laviche, i cui minerali si sono cristallizzati e sono poi stati infiltrati/dilavati dall’acqua. Come era già stato dimostrato, questa ovviamente ne ha alterato la composizione chimica, generando una grande varietà di solfati, carbonati, silicati e minerali cloruri e idrossicloruri, fra cui sono frammisti sali di diversa composizione metallica. Perchè questa varietà mineralogica è interessante? Perchè molti minerali diversi, in presenza di semplici composti del carbonio e acqua, sono in grado di favorire la formazione di complesse molecole organiche; di conseguenza, i ricercatori hanno pensato di campionare il margine di Seitah utilizzando un particolare strumento del rover, il sunnominato SHERLOC, il quale, grazie a indagini di spettroscopia Raman e di fluorescenza, è in grado di rivelare eventuale presenza e diversità di composti organici complessi - quelli da cui, almeno sul nostro pianeta, ha avuto origine l'evoluzione prebiotica.
I risultati dell'indagine chimica mediante SHERLOC sono davvero interessanti, e sono stati appena pubblicati.
Associate ai minerali campionati, i ricercatori sono stati in grado di individuare molte diverse classi di molecole organiche specifiche, in corrispondenza degli spettri Raman e di fluorescenza ottenuti; questi complessi minerali-molecole organiche mostrano una diversità nella loro distribuzione e composizione, indicando potenzialmente diversi destini del carbonio negli ambienti minerali diversi - cioè grande diversità dei processi chimici all'opera e, di conseguenza, grande varietà molecolare prodotta. Si evidenzia in particolare anche una buona varietà di molecole aromatiche, e questi materiali hanno resistito fino ad oggi nonostante l'esposizione alle condizioni della superficie di Marte.
Le molecole organiche identificate si trovano in gran parte all'interno di minerali legati a processi acquosi, così che l'acqua deve aver giocato un ruolo importantissimo alternativamente nella loro sintesi, nel loro trasporto in siti specifici, nella loro conservazione per tempi lunghi o, più probabilmente, in tutti questi fenomeni, esattamente come ci si aspetta che sia avvenuto nella Terra primordiale.
Anche l’analisi inorganica ha portato un nuovo, fondamentale elemento: in aggiunta alle molecole organiche e ai minerali elencati che erano già noti, sono stati trovati in miscela anche fosfati. Visto il ruolo fondamentale del fosforo e dei fosfati nella vita terrestre (come scheletro degli acidi nucleici e come principale legame per immagazzinare l'energia metabolica in tutti i viventi), la presenza di una miscela chimicamente complessa di composti del carboni insieme a fosfati (e anche solfati) è ancora una volta compatibile con ambienti e processi ipotizzati per la Terra primordiale che, in laboratorio, hanno fornito strade sintetiche per ottenere i primi replicatori darwiniani; questo anche ricordando che altrove sulla superficie di Marte sono state trovate molecole organiche azotate.
Credo che per cogliere appieno il valore potenziale di questi risultati, sia utile considerare le parole spese dai ricercatori, dopo l'analisi dei dati:
"La conferma dell'origine organica e l'identificazione specifica di queste molecole richiederà il ritorno dei campioni sulla Terra per le analisi di laboratorio. Tuttavia, questi risultati indicano che potrebbe essere esistito un ciclo geochimico organico più complesso di quanto descritto da precedenti misurazioni in situ su Marte, come evidenziato da diversi raggruppamenti distinti di possibili sostanze organiche. In sintesi, i mattoni chiave per la vita potrebbero essere stati presenti per un lungo periodo di tempo (da almeno circa 2,3-2,6 miliardi di anni), insieme ad altre specie chimiche non ancora rilevate che potrebbero essere conservate all'interno di questi due ambienti paleo-deposizionali potenzialmente abitabili nel cratere Jezero."
Forse non si è mai arrivati alla vita su Marte; ma ciò che si trova fra la chimica organica e i replicatori darwiniani appare sempre più diffuso nell’universo, compresi gli antichi mari del pianeta rosso.