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cattivi scienziati

Tra vita e morte cellulare: il meccanismo che controlla cosa siamo, da 1,8 miliardi di anni

Enrico Bucci

Sorprendentemente la simbiosi con dei batteri, lo stesso antichissimo evento che ha dato origine alla nostra respirazione aerobica (quella che si serve dell'ossigeno), ha fornito alle nostre cellule anche il modo di sviluppare corpi complessi, combattere virus e cancro ed evitare reazioni autoimmuni

Il mio amico Gerry Melino, professore di biochimica a Tor Vergata, ha dedicato la sua vita professionale allo studio di un fenomeno biologico di importanza fondamentale, che però passa per lo più sconosciuto a chi non si occupa di scienze biologiche: l’apoptosi, o morte cellulare programmata. Per quanto possa sembrare strano, la vita degli organismi multicellulari e anche di quelli monocellulari nucleati che vivono in colonie abbondanti dipende dalla possibilità di uccidere selettivamente le cellule necessarie in presenza di una varietà di condizioni.

 

Per esempio, durante lo sviluppo del nostro corpo, è necessario “scolpire” i tessuti, gli organi e l’intero organismo eliminando in maniera selettiva certe cellule e lasciando intatte le altre. Letteralmente, prendiamo forma da una sfera cellulare non solo creando strutture di forma definita ex novo, ma anche “eliminando” il superfluo, nel modo in cui opera uno scultore. In condizioni patologiche, per esempio quando poi una cellula è infetta da un virus, oppure quando perde la “retta via” andando incontro al processo di oncogenesi, ebbene anche in quei casi si attivano alcuni programmi genetici specifici, sia in automatico che indotti dal sistema immunitario, per uccidere selettivamente le cellule interessate. Anche durante la maturazione del sistema immunitario, quando bisogna uccidere selettivamente i linfociti in grado di scatenare risposte autoimmuni, lasciando solo quelli in grado di agire contro antigeni esterni, è necessario innescare un ben controllato processo di apoptosi.

Ora, il processo di morte cellulare programmata non riguarda solo gli organismi pluricellulari complessi; la stessa cosa può avvenire anche in organismi monocellulari che formano colonie. Per esempio, allo scopo formare colonie sferiche cave capaci di digerire al loro interno il cibo che hanno intrappolato, per esempio, gli individui che si trovano più al centro di una colonia di certi organismi unicellulari vanno incontro a morte cellulare programmata, generando così la cavità in cui avverrà la digestione del cibo utile alla colonia.

Nonostante si tratti di un processo così fondamentale per la nostra stessa vita, e nonostante centinaia di scienziati in tutto il mondo come Gerry Melino dedicano tutte le loro energie professionali al suo studio, l’origine evolutiva dell’apoptosi è rimasta sin qui un mistero. 

Molti studiosi hanno notato che molti fattori che danno inizio al meccanismo di morte cellulare programmata – vale a dire i geni e i loro prodotti che sono la base del programma molecolare corrispondente - hanno un’origine batterica o mitocondriale, fornendo un indizio sulla storia evolutiva di questo fenomeno diffuso. Adesso, in un nuovo studio pubblicato su Genome Biology and Evolution, gli scienziati dell’Istituto di biochimica e biofisica dell’Accademia polacca delle scienze hanno descritto come molti fattori apoptotici potrebbero far risalire le loro origini ad un tempo remotissimo, situato circa 1,8 miliardi di anni fa, quando è iniziata la simbiosi fra i nostri progenitori unicellulari dotati di nucleo e i batteri divenuti poi i nostri mitocondri, cioè le “batterie” che alimentano tutto il nostro metabolismo, usando l’ossigeno che respiriamo per metabolizzare il cibo che ingeriamo.

Ora, si dà il caso che i processi che innescano l’apoptosi coinvolgono proprio i mitocondri: un aumento della permeabilità della membrana dei mitocondri di una cellula mette in moto una cascata di eventi che coinvolgono proteine chiamate fattori che inducono l’apoptosi (AIF), dando il via al percorso che culmina nella morte cellulare. Queste proteine AIF, come era già noto, hanno un’origine evolutiva proprio in batteri simili ai mitocondri e sono in parte di origine mitocondriale.

Ma se i mitocondri sono centrali per il funzionamento dell’apoptosi, hanno ragionato i ricercatori, e se gli AIF che controllano il processo hanno evolutivamente avuto origine nei mitocondri e nei loro precursori batterici, allora essi devono funzionare più o meno allo stesso modo in tutti gli organismi con cellule fornite di mitocondrio attualmente viventi e in tutti i batteri simili ai mitocondri. I ricercatori hanno quindi sostituito ciascuno dei quattro geni apoptotici nel lievito con proteine correlate provenienti da diversi eucarioti e procarioti, creando nuovi ceppi di lievito. Hanno poi trattato questi ceppi con agenti che inducono l’apoptosi, scoprendo che i geni che avevano inserito nel lievito, provenienti da organismi imparentati molto alla lontana come piante, animali, muffe mucillaginose e batteri, erano in gran parte in grado di sostituire i geni originali del lievito, così che l’apoptosi continuava ad avvenire come di regola. 

Dunque, l’intero gruppo dei viventi dotati di mitocondri, più i batteri da cui i mitocondri stessi hanno avuto origine, possiedono geni che sono utilizzati nel meccanismo di morte cellulare programmata.

Sulla base di questi dati, gli autori del nuovo studio hanno proposto il seguente scenario: i nostri antenati monocellulari predatori si nutrivano di batteri, fra cui quelli da cui sono poi derivati i mitocondri. Questi batteri, in risposta alla predazione, producevano tossine come meccanismo di difesa per uccidere le cellule che li inglobavano. Nel corso del tempo, è possibile che le cellule da cui deriviamo abbiano sfruttato delle antitossine – prodotte “in proprio” oppure ottenute dalle stesse prede batteriche – per neutralizzare la difesa dei batteri; e quando si è passati dalla predazione alla simbiosi, le tossine originarie dei batteri sono state reclutate dalla cellula come fattori apoptotici AIF, per la loro utilità nel controllare la crescita organizzata di colonie cellulari.

I risultati dello studio suggeriscono che l’intricato equilibrio tra vita e morte all’interno delle cellule eucariotiche è profondamente radicato del rapporto con i batteri che hanno dato origine ai mitocondri: è la corsa agli armamenti tra preda e predatore, e la successiva simbiosi, che hanno portato a noi non solo la respirazione aerobica, ma anche un modo di scolpire i corpi nelle infinite forme degli organismi complessi, di difendersi dal cancro e dalle infezioni, di eliminare i linfociti che causerebbero fenomeni di autoimmunità e una miriade di altri processi al confine tra la vita e la morte cellulare.