Cattivi Scienziati
Il “naso” delle piante. Così le specie vegetali comunicano tra loro
Da tempo è noto che le piante secernono miscele di composti volatili e ne percepiscono il rilascio. Un lavoro appena pubblicato spiega finalmente come ciò possa avvenire, con interessanti possibili applicazioni anche in agricoltura
Le piante non dispongono di un naso, eppure, come è noto almeno dal 1983, sono in grado di discriminare la presenza nell’aria di specifiche miscele di composti volatili, esattamente come avviene attraverso l’odorato negli animali. L’analogia è più importane di quella che sin qui si supponeva, perché la risposta evocata nei tessuti della pianta si fonda sulla trasmissione di uno stimolo trasportato da ioni calcio, come nei nostri neuroni; ma conviene andare per ordine, per raccontare una storia che forse non tutti conoscono, e i suoi ultimi sviluppi. Partiamo da quanto è da tempo noto, cioè la sensibilità delle piante a specifiche miscele di composti volatili, ovvero a quelli che per un animale sarebbero odori specifici, usati per comunicare fra individui vicini. Negli alberi, questa capacità di comunicazione chimica è risultata così spiccata, da far parlare di “piante parlanti” nelle nostre foreste; ma la stessa, suggestiva immagine si applica alla maggioranza delle specie vegetali superiori conosciute.
Infatti, quando una pianta subisce un danno, per esempio a causa dell’azione di un erbivoro o di un parassita, sia a causa di fenomeni passivi – la semplice distruzione del tessuto fogliare, ad esempio – che attraverso alcuni meccanismi attivi – la liberazione selettiva di composti vari – diverse sostanze volatili sono rilasciate nell’aria circostante. La miscela di composti volatili vegetali la cui liberazione è indotta dall’azione degli erbivori e dei parassiti su una pianta attaccata regola le difese nelle piante vicine non danneggiate. La composizione di questo bouquet aromatico unico dipende dalla specie vegetale, dallo stadio di sviluppo, dall'ambiente e dalle specie erbivore che hanno attaccato la pianta; attraverso vari meccanismi molecolari di segnalazione, si attivano nelle piante che sono esposte alla miscela rilasciata dalla pianta attaccata varie risposte allelopatiche che portano alla trascrizione di geni legati alla difesa, vale a dire inibitori degli enzimi digestivi degli animali erbivori, così da rendere difficile l’assimilazione delle piante consumate, e l’aumento di metaboliti secondari come terpenoidi e composti fenolici, che rendono i tessuti vegetali indigesti, repellenti o velenosi. Nel caso per esempio degli insetti fitofagi, questi fattori agiscono sia come deterrenti per l’alimentazione, sia attirano i parassitoidi che li attaccano. Ora, quaranta anni di ricerca hanno stabilito solidamente molti dettagli del fenomeno suddetto; mancava però un pezzo importante, ovvero l’identificazione di un meccanismo e della sede della percezione delle miscele di composti volatili da parte nei vegetali, ovvero l’identificazione di quello che è stato chiamato il “naso” delle piante.
Un bellissimo lavoro appena pubblicato su Nature Communications ha colmato questa lacuna. Le “narici” delle piante sono risultate essere le cellule a forma di salsicciotto che circondano ciascuno degli stomi fogliari, controllandone l’apertura, tecnicamente note come “cellule di guardia”. I composti rilasciati da una pianta a seguito di uno stress, a causa di un fattore di stress fisico, un parassita o un predatore, diffondono fino alle foglie delle piante vicine; entro un minuto dall’esposizione, le cellule di guardia situate intorno agli stomi di queste foglie, attraverso recettori specifici perfettamente analoghi a quelli del nostro naso, scatenano una risposta attraverso il rilascio di calcio intracellulare, generando una variazione di potenziale elettrico proprio come nei nostri neuroni. Il segnale elettrico si propaga poi al tessuto fogliare interno, e via via al resto della pianta, inducendo a sua volta il rilascio di altro calcio intracellulare. A sua volta, il rilascio di calcio propagato nel modo suddetto causa l’attivazione di una serie di geni di difesa e di risposte della pianta che ha percepito le specifiche molecole volatili in grado di attivare la risposta; e così, con la partecipazione anche dei canali vascolari della pianta, si prepara lo “stato di difesa” specifico che corrisponde al tipo di “odore” percepito, a sua volta influenzato dal tipo di stress che la pianta sorgente ha sperimentato.
Ora, si potrebbe pensare che l’insieme delle ricerche appena illustrate siano prive di applicazioni pratiche, e siano solo un bellissimo esempio di come la scienza ci aiuta a comprendere il mondo intorno a noi. Non è così. Innanzitutto, sfruttando la specificità delle miscele di volatili indotte da un tipo di pianta, come le patate, in presenza di un certo particolare tipo di stress, è possibile progettare “nasi elettronici” che possano allertare un agricoltore di uno specifico stress sperimentato da qualche singola pianta nei suoi campi, distinguendo sia la specie da cui proviene il segnale sia, per sommi capi, il tipo di problema, prima che si propaghi e diventi comunque visibile. Il dipartimento per l’agricoltura USA è fra le istituzioni che stanno investigando questo approccio. In secondo luogo, come è stato dimostrato in più applicazioni pratiche, l’utilizzo degli specifici “odori di pericolo” prodotti dalle piante può essere usato per aumentare la protezione dai parassiti, perché tali “odori”, prodotti industrialmente e rilasciati nei campi, costituiscono un ottimo esempio di utilizzo di composti naturali applicati alla fitoprotezione. Nei campi di the cinesi, ad esempio, questo tipo di applicazione è in avanzato stadio di sviluppo. Non bisogna poi dimenticare che, oltre a indurre la sintesi di molecole protettive nelle piante trattate, alcuni di questi odori specifici sono in grado anche di attrarre i predatori degli insetti che hanno attaccato la pianta, fornendo un'ulteriore possibilità di difesa delle colture a fronte dell’utilizzo di miscele specifiche di composti naturali. Come sempre, una volta che, grazie alla ricerca, impariamo un qualche nuovo “linguaggio” per comunicare e scambiare informazioni con organismi diversi, le prospettive sono affascinanti e molteplici; alla radice, la vita si fonda sullo scambio di informazioni, non importa se attraverso geni, memi o bit.
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