Cattivi scienziati
Il governo salvi Holostem. Lettera a Meloni da un ricercatore disperato
Piccola missiva a nome dei tanti bambini senza voce e senza pelle condannati per l’affondamento di Holostem, straordinario polo di ricerca e cura delle malattie rare di Modena, vanto del made in Italy e speranza dei pazienti
Questo è un appello al governo di un paese che, pur di tentare di salvare la piccola Indi Gregory, malata di una terribile malattia rara, ha riunito in seduta di emergenza il Consiglio dei ministri per conferire a quella bambina la cittadinanza italiana, sperando così di farla accedere a qualche terapia, qualunque essa fosse e prima ancora di verificare se esistesse. È un appello in particolare al capo di quel governo, la madre di una bellissima bambina, perché guardi ad altri bambini italiani e di altre nazioni, i quali potrebbero accedere ad una terapia sperimentale sviluppata dalle migliori menti del nostro paese e riconosciuta come eccezionale in tutto il mondo, se solo un ministero sbloccasse una pratica che, per ragioni ignote, si è arenata interrompendo la possibilità di intervento della Fondazione Enea Tech e Biomedical. Quella Fondazione per un anno ha studiato una soluzione cui manca oggi solo una firma di approvazione, una soluzione di tale interesse per il nostro paese, per i pazienti, per i bambini e per tutti, che un privato ha accettato di sborsare 17 milioni da affiancare al finanziamento pubblico.
Perché vedete, cari ministri e cara presidente del Consiglio, quella pratica, sbloccata, è quello che serve a provare a curare Rebecca di Gorizia, nove anni, così da farle dimenticare le bende e le ferite che coprono la sua pelle fragilissima, intaccata dalla malattia devastante che la affligge. Oppure Chiara di Vicenza, tre anni, con le manine fasciate per la stessa condizione, attenta ad ogni movimento per la paura di ferirsi ancora. Oppure i due piccoli Alessandro, in comune il nome e la malattia, che da anni sognano di potere, un giorno, anche solo prendere un bicchiere in mano, senza che pezzi di pelle si stacchino e piaghe si aprano. O anche Jessica, che oggi ha 16 anni, che oltre ad avere la pelle a pezzi e anche le mucose interne danneggiate, ogni 2 anni deve separare le dita chirurgicamente, subendo un doloroso intervento – già per una decina di volte. O Claudia, splendida e forte donna della Sardegna, che con la malattia convive da quaranta anni, e che ogni giorno, da quando è nata e come tutti gli altri di cui si diceva, deve medicare le sue ferite per evitare che si infettino, con un procedimento doloroso che dura ore.
Voi, cari ministri e cara presidente, avete avuto pietà per Indi Gregory, nonostante la sua condizione non ammettesse speranza; un moto comprensibile di umana compassione per due genitori disperati, in un altro paese. Ora, proprio nel vostro paese, proprio in quello si dà il caso che esista una squadra di medici e di ricercatori che ha ridato speranza a Rebecca, Chiara, Alessandro, Alessandro, Jessica, Claudia ed altri, tanti, in Italia e all’estero. Perché a Modena, in un centro di ricerca clinica pubblico-privato e grazie alla collaborazione con numerose equipe mediche in tutto il mondo, si è sviluppato un trattamento sperimentale, frutto di quel genio e di quella ricerca clinica italiana che dovrebbero essere il fiore all’occhiello del nostro paese, tanto da spingervi a invitare in Italia Indi Gregory per tentare una soluzione, qualunque essa fosse.
Quella speranza ha solidissime basi scientifiche, ma soprattutto ha testimonianza scritta sulla pelle risanata di giovani pazienti che sono stati sottoposti al trattamento sperimentale di avanguardia inventato a Modena. Quel trattamento che ha cambiato la vita al piccolo Hassan, il quale aveva ormai poche speranze di vita, con oltre l’80% della pelle distrutta, e oggi gioca a pallone, grazie al progredire dello stesso trattamento italiano che per questo fu pubblicato da Nature, insieme a molti commenti di interesse ed elogio per l’eccellenza scientifica del nostro paese, che ha salvato un bambino da morte sicura.
Più di trent’anni ci sono voluti, cari ministri e cara presedente, per ridare la vita ad alcuni pazienti e la speranza a tanti altri; ed ancora oggi, solo nel nostro paese è possibile avere accesso a quella speranza, così che dal mondo guardano a noi – proprio come a noi guardavano i genitori della piccola Indi Gregory, ma mentre per quelli la scienza non aveva risposte, per i pazienti di epidermolisi bollosa vi è il trattamento sperimentale di Modena e i luminosi casi di successo già documentati. Ora io leggo nello statuto della Fondazione Enea Tech e Biomedical, che era pronta ad intervenire perché le difficoltà finanziarie non distruggessero tutto questo, che la Fondazione è anche volta a “sostenere la sperimentazione pre-clinica e clinica” e che può “partecipare, concorrere e investire anche in start-up e PMI ad alto potenziale innovativo e spin-off universitari e di centri di ricerca e sviluppo per offrire soluzioni tecnologicamente avanzate, processi o prodotti innovativi, ovvero per rafforzare le attività di ricerca, consulenza e formazione”.
Leggo questo, cari ministri e cara presidente, e spero per quei bambini, per quei pazienti e più in generale per i magnifici risultati raggiunti nel nostro paese, e continuo a sperarvi, perché anche di fronte ad un ministero che obietta circa l’impossibilità di erogare aiuti di Stato, mi pare di ricordare che “per aiuto di Stato si intende qualsiasi trasferimento di risorse pubbliche a favore di alcune imprese o produzioni che, attribuendo un vantaggio economico selettivo, falsa o minaccia di falsare la concorrenza”, il che, in assenza di concorrenti come questo è il caso, non è una condizione realizzata, e dunque non costituisce ostacolo.
Leggo poi comunque che aiuti possono essere erogati quando “rappresentano il giusto strumento per correggere taluni fallimenti del mercato”; e quale esempio migliore del fallimento del mercato, rispetto a quello dei malati di malattie rare e mortali, i quali non costituiscono un bacino sufficientemente interessante da un punto di vista economico?
Dunque, io spero, anzi sono certo, che chi ha voluto concedere in emergenza la cittadinanza a una piccola inglese per tentare di salvarla, sappia bene cosa fare per ridare la speranza a tanti bambini e pazienti italiani, senza rovinare tutto dopo un anno di trattative e sforzi di molti. Fate che Holostem rappresenti ancora un nome di cui andare orgogliosi nel paese, e non il ricordo del vergognoso fallimento di politica e burocrazia.
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