(foto Ap)

cattivi scienziati

Se sull'idrossiclorochina è tutto un misto di complottisti e pubblicazioni erronee

Enrico Bucci

La strada per l’inferno pseudoscientifico è lastricata dalle buone intenzioni degli scienziati, che intendono combattere le mistificazioni dei venditori di rimedi senza prove, ma finiscono per cadere vittima del proprio stesso pregiudizio quando abbassano il rigore delle proprie valutazioni

La clorochina e la simile idrossiclorochina sono state durante la pandemia assunte a rimedio magico contro la malattia provocata da SARS-CoV-2: dopo dati scientifici preliminari ottenuti in vitro all’inizio del 2020, promettenti ma rivelatisi poi un artefatto sperimentale, gli scienziati hanno concentrato le proprie attenzioni su rimedi diversi e sui vaccini, a seguito di numerosissimi studi che hanno dimostrato in ogni sede la mancanza di efficacia, sia come profilassi che come terapia, delle molecole in questione. Nonostante siano presto prodotti vaccini ed antivirali sicuri e più o meno efficaci da parte di diverse aziende farmaceutiche, forse anzi proprio in ragione di questo risultato, le due piccole molecole hanno rappresentato e per taluni ancora rappresentano una sorta di talismano contro “il sistema”, rappresentato dalle aziende, dai governi che hanno promosso i vaccini e gli antivirali, dalle agenzie regolatori che ne hanno promosso l’uso e dalla classe medica, indistintamente associata ad un complotto attivo su più livelli.

 

La mediatizzazione e la politicizzazione del dibattito su due composti chimici, intesi come rimedio tenuto segreto alle masse per le più varie motivazioni, ha portato ad accuse inconsulte contro i ricercatori, i quali si sono trovati nella situazione di dover continuamente provare la loro inefficacia, pena l’accusa di non voler lavorare sulla soluzione migliore alla pandemia, accusa spesso arrivata persino da componenti della stessa comunità scientifica, come Raoult e Montagnier, che hanno tentato di cavalcare una sorta di nuovo “populismo terapeutico”, tradendo in una tanto l’etica della ricerca quanto quella della medicina. Come ho già spiegato più volte, in queste condizioni si è ottenuta un’ulteriore, dannosa conseguenza: l’eccesso di zelo di parte della comunità scientifica, la quale, trascinata nella diatriba su clorochina e idrossiclorochina, ha abbandonato il rigore necessario fino a pubblicare anche su riviste come Lancet un articolo che avrebbe dimostrato la dannosità, e non solo l’inefficacia, dell’idrossiclorochina, salvo poi doverlo ritrattare, quando centinaia di scienziati da tutto il mondo, tra cui il sottoscritto, hanno mostrato le ovvie incongruenze di quanto pubblicato e risultato poi il prodotto di una vera e propria frode, organizzata da un’azienda che vendeva agli scienziati dati fraudolenti, ma che soddisfacevano le loro aspettative. Eppure, ad anni di distanza la lezione sembra ancora dura da apprendere per la comunità scientifica, come intendo dimostrare al lettore. È stato appena pubblicato un nuovo lavoro che, su base statistica, dimostrerebbe come l’esteso utilizzo compassionevole dell’idrossiclorochina in 6 diverse nazioni avrebbe causato quasi 17,000 morti in eccesso. Ora vi sono diversi elementi poco chiari in questo studio. Innanzitutto, nell’anno e mezzo circa durante il quale i risultati oggi pubblicati sono stati annunziati dal gruppo di autori che li ha prodotti, si è passati da 9,500 morti in eccesso in 8 paesi, a 16,274 in 8 paesi e dunque a 16,990 in soli 6 paesi (ultimo risultato appena pubblicato). Come minimo, la variabilità di queste stime fa fortemente dubitare della precisione con cui esse sono riportate e della robustezza dei metodi utilizzati; ma potrebbe trattarsi di un peccato veniale, e potremmo essere, alla fine, arrivati al risultato corretto? Io credo di no, vista la presenza di alcuni errori, ben più gravi. Innanzitutto, gli autori assumono un rischio accresciuto per eventi cardiaci a partire da ampi studi clinici precedenti, facendo riferimento prominente al trial RECOVERY e affermando testualmente che in quella sede si sarebbe osservato “un aumento dello 0.4% del rischio di morte per cause cardiache”. Tuttavia, come era riportato nel lavoro che descriveva i risultati del trial RECOVERY, “there were no significant differences between the hydroxychloroquine group and the usual-care group”, cioè non vi era nessun eccesso statistico di rischio cardiovascolare dovuto all’uso dell’idrossiclorochina documentato in quel trial. Ciò fu anche successivamente specificato in un’apposita lettera a proposito anche di un altro trial citato nel nuovo studio, ove si dice che “there was no evidence of cardiovascular toxicity in either trial”, cioè non vi è stata nessuna prova statistica di tossicità cardiovascolare, e dunque lo 0,4% di rischio di morte assunto dagli autori è errato. La mancanza di un eccesso di effetti cardiovascolari seri, tranne in caso di sovradosaggio (a dosi molto maggiori di quelle usate nei dati cui fa riferimento il nuovo studio), è del resto documentato anche in un’apposita metanalisi Cochrane. Gli autori sostengono, inoltre, che l’effetto cardiotossico dell’idrossiclorochina sia indipendente dal dosaggio, scrivendo che “In a meta-analysis of 14 trials testing HCQ in hospitalised patients with various doses, HCQ was associated with an 11% (95%CI 2–20%) increase in all-cause mortality”, ovvero che in un famoso studio che vede fra i suoi autori Ioannidis l’idrossiclorochina causerebbe aumento dell'11% della mortalità per tutte le cause, indipendentemente dalla dose; ma lo stesso Ioannidis ha confermato che quell’effetto si osserva solo ad alte dosi, come del resto evidente dalla tabella S3 nel lavoro che è usato dagli autori per sostenere questo errore.

 

In sostanza, gli autori hanno assunto dalla letteratura eccessi di mortalità non statisticamente significativi, oppure rischi ed eccessi reali, ma osservati solo ad alte dosi, molto diverse da quelle effettivamente usate per la somministrazione compassionevole nelle nazioni per le quali conducono le loro analisi; queste assunzioni, certamente illegittime, rendono molto fragili e probabilmente erronee le conclusioni che traggono. Concludendo: la battaglia contro coloro che hanno usato l’idrossiclorochina come una bandiera per attaccare la comunità scientifica, i vaccini, le autorità regolatorie e ogni sorta di nemico caro ai cospirazionisti è una battaglia sacrosanta; ma gli scienziati, di fronte ad un dato che soddisfa le proprie aspettative, sono tenuti ad adottare il doppio delle cautele usuali, perché il nemico più pericoloso è in noi e nella nostra soddisfazione quando troviamo conferma ad una nostra idea.

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