FACCE DISPARI
Luca Spogli, il guardiano delle tempeste solari
"Quando devo raccontarlo ai bambini dico così: il sole ha un respiro e le tempeste solari sono i suoi starnuti". Storia di un fisico che si dedica alla meteorologia spaziale
Che mi dice del Sole? S’è comportato bene in questi giorni? Domande che non sono stravaganti se si fanno a Luca Spogli, fisico, romano classe ’77, ricercatore all’Ingv, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. È nel team che compila il bollettino settimanale di meteorologia spaziale e la sua risposta per il periodo tra il primo e il 7 aprile, per esempio, è che “il Sole è rimasto in uno stato di sostanziale quiete per tutta la settimana e nessun disturbo significativo del campo geomagnetico e della ionosfera terrestre è stato osservato”.
Convinto assertore, come i suoi colleghi, della condivisione dei dati e della cooperazione senza barriere tra studiosi, Spogli è stato il primo presidente della E-Swan, l’European Space Weather and Space Climate Association, organizzazione internazionale no profit fondata nel 2022 tra esperti di clima e meteorologia spaziale.
Quando e perché l’Ingv ha cominciato a diffondere il bollettino di meteorologia spaziale?
Abbiamo cominciato a produrlo l’anno scorso ed è basato sia sui dati delle osservazioni orbitali sia su quelli rilevati da terra con la nostra strumentazione, con un’attenzione peculiare alla ionosfera e al campo magnetico nel settore italiano e mediterraneo. La nostra filosofia, come quella di altri prestigiosi istituti che si occupano della materia in Italia e all’estero, è che i dati vadano condivisi soprattutto quando sono finanziati da fondi pubblici. Chi produce un dato non ne è il proprietario. Naturalmente, la condivisione ha aumentato in misura spaventosa la quantità di materiale disponibile, rendendo necessario l’uso dell’intelligenza artificiale per soddisfare le capacità di interpretazione.
Quand’è l’ultima volta che il Sole si è inquietato?
C’è stata una tempesta piuttosto grossa con emissioni varie di massa coronale tra il 22 e il 25 marzo scorso. Gli effetti, a differenza di un tornado o delle ceneri vulcaniche, sono sia a carattere globale sia locale e relativamente prevedibili, però non potrei dire, per esempio, se una tempesta solare disturberà domani un posizionamento satellitare alle ore 15,15 nel nord della Norvegia.
Quali effetti ha avuto una tempesta come quella di marzo?
Per l’Italia potrebbe avere disturbato le radiocomunicazioni nella banda HF, ossia in alta frequenza, con alterazioni incostanti durate qualche giorno. L’Italia è alla media latitudine e quindi meno esposta, ma a livello globale più aumenta la tecnologia più le tempeste solari producono effetti sulle tlc satellitari e sul sistema di posizionamento globale gps. Si pensi in prospettiva alle Smart City o ai veicoli a guida autonoma. Le meteorologia spaziale rivestirà crescente importanza. Prevedere e mitigare sono i due obiettivi fondamentali.
Una tempesta di estrema intensità quali conseguenze comporta?
La maggiore di cui si abbia memoria strumentale avvenne nel 1859 ed è ricordata come Evento di Carrington. Causò addirittura un’aurora boreale alla latitudine del Messico e durò diversi giorni. Mandò in tilt la maggior parte dei telegrafi del mondo. Un evento estremo più recente si registrò nel marzo 1989 e causò il collasso della rete elettrica del Québec. Sulle tecnologie attuali i danni sarebbero più consistenti.
E sugli organismi viventi?
Si deve tener conto dell’aumentato flusso di particelle e radiazioni quando si esce dalla magnetosfera terrestre, che funge da scudo. È un problema che riguarda le esplorazioni spaziali e l’esposizione degli astronauti, anche nelle missioni lunari.
Ci sono effetti nel campo dell’aviazione civile?
Nulla che giustifichi allarme, ma l’Icao, l’International Civil Aviation Organization, è interessata a un servizio di tecnologia spaziale da mettere a disposizione dei piloti per informarli dei tassi di radiazione, come avviene per le condizioni meteo e per le ceneri vulcaniche, anche se il termine inglese ‘severe’ con cui possiamo definire una tempesta solare non rispecchia tali conseguenze per chi vola. Bisogna calibrare le parole giuste perché la scienza e l’industria comunichino tra loro. La sfida della meteorologia spaziale è tradurre dati complessi in una informazione di servizio utile e comprensibile.
Perché un fisico si dedica alla meteorologia spaziale?
Sono laureato in fisica nucleare e per il dottorato partecipai agli esperimenti che portarono alla rilevazione del bosone di Higgs. Subito dopo, capitò che mi proponessero un lavoro all’Ingv sulla ionosfera e il posizionamento satellitare. M’innamorai del gruppo di ricerca, perché per me le persone vengono prima dell’oggetto di studio, e non me ne sono pentito. In una dimensione piccola devi acquisire tante capacità: dall’interpretazione di un dato all’uso del cacciavite, ma è stata la scelta giusta.
Lei però da buona “faccia dispari” coltiva una passione parallela che con la fisica non c’entra. È un maestro di kung fu.
Ho cominciato a praticarlo da ragazzo e lo insegno da quando avevo ventiquattro anni. La scienza e il kung fu si completano. A uno scienziato fa bene avere un riferimento immaginativo e artistico, perché il kung fu è un’arte sublime del corpo. Al contempo, a un artista conviene acquisire il rigore dello scienziato per condurre la propria ricerca.
Abbiamo parlato di tempeste solari e non abbiamo spiegato cosa sono. Tre parole per dirlo a chi non sa senza che apra Wikipedia?
Quando devo raccontarlo ai bambini dico così: il sole ha un respiro e le tempeste solari sono i suoi starnuti.
cattivi scienziati
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