Cattivi scienziati
La scienza è incerta, e questa è la sua forza
Breve analisi della diffusa posizione che scambia per debolezze tanto la quantificazione dei possibili errori in ogni vera affermazione scientifica, quanto il cambio di posizione degli scienziati di fronte a nuovi fatti
A seguito del mio articolo di ieri, un lettore – peraltro in maniera gentile – ha espresso il suo risentimento perché ho definito “pseudoscienza” l’omeopatia. Lasciando perdere il classico problema di demarcazione fra cosa sia scienza e cosa non lo è, che naturalmente può essere indirizzato anche a definire cosa sia scienza e cosa pseudoscienza, vorrei qui discutere in particolare un’argomentazione che mi ha particolarmente colpito, portata a difesa dell’omeopatia rispetto all’edificio della conoscenza scientifica moderna nel suo insieme.
L’argomento, peraltro già sentito mille volte ogni volta che dai ricercatori è giunta qualche indicazione cui una parte della comunità si oppone, è più o meno il seguente: la scienza e gli scienziati, si dicono, cambiano frequentemente posizione. Questo fatto – indipendentemente da ogni misura oggettiva che posa dare un’idea più precisa di quel “frequentemente” – rende agli occhi di taluno poco affidabile la conoscenza scientifica, proprio in quanto incompleta ed in evoluzione, così che essa sarebbe al massimo un ammirevole edificio intellettuale, ma per definizione degno solo di una fiducia temperata dalla certezza che ciò che oggi si afferma come vero, domani risulterà falso.
Il modo di pensare che qui ho cercato di illustrare è molto diffuso, ma profondamente ingannevole, perché fondato su diversi presupposti erronei. Innanzitutto, vorrei qui, una volta per tutte, stabilire che il principale vantaggio del metodo scientifico e della conoscenza che scaturisce dalla sua applicazione è proprio precisamente quello che ingenuamente si indica come il suo difetto, da parte di chi esprime le posizioni di cui sopra. Il modo scientifico di interpretare la realtà è migliore degli altri, in quanto a potere interpretativo, esplicativo e previsionale, esattamente perché gli scienziati, di fronte a nuovi dati o in presenza di una migliore e più potente spiegazione, cambiano idea e adattano l’edificio della conoscenza in modi migliori di quelli precedenti; mentre invece qualunque fede, e precisamente quella nei fondamenti di una pseudoscienza come l’omeopatia, rimane ancorata a visioni immuni al confronto con la realtà e per questo statiche ed incapaci di evolvere.
Per secoli, la visione degli omeopati alla base della loro teoria del funzionamento dei farmaci – il principio del “similia similibus”, il principio dell’estrema diluizione o la necessità della succussione – sono rimasti gli stessi, incapaci tanto di miglioramento quanto di giustificazione che non fosse legata a pure costruzioni di parole. Questa stasi eterna va paragonata a quanto invece è avvenuto nel campo della medicina da quando la scienza è entrata in gioco, da quando, cioè, si è passati dalle sanguisughe e dalla teoria miasmatica o da quella umorale ai vaccini a RNA, all’insulina per il diabete o alla terapia CAR-T in ambito oncologico. Precisamente perché, di fronte a fatti nuovi e sempre più dettagliati, gli scienziati hanno abbandonato teorie più grossolane, imprecise o banalmente false, in favore di qualcosa di meglio, precisamente cioè perché hanno cambiato idea, proprio per questo la medicina moderna è migliore dell’omeopatia e la scienza è migliore di ogni pseudoscienza: gli scienziati, nel loro insieme, cambiano anche radicalmente la propria teoria sul funzionamento del mondo, gli pseudoscienziati sono invece ancorati ad una fede che, non essendo supportata da fatti, è difesa contro di essi e per questo è immota e invariabile nei secoli.
Gli scienziati imparano dai fatti, sempre ed in ogni campo, e modificano di conseguenza le proprie idee e la scienza tuta; i ciarlatani, gli pseudoscienziati e i fedeli di ogni credo nelle medicine alternative o in teorie pseudoscientifiche similari si aggrappano invece alle idee di secoli fa.
Il secondo punto collegato al primo – che cioè, a causa dell’evoluzione del pensiero scientifico ciò che oggi si afferma come vero, domani risulterà falso, e che di converso ciò che oggi appare inspiegabile e incompatibile con la conoscenza scientifica, domani lo sarà - è invece in parti uguali falso e privo di senso. Falso, perché spesso la conoscenza scientifica acquisita in passato non è stata cancellata come falsa, ma invece inglobata in quella moderna come caso meno esteso e come approssimazione particolare: se è vero, per esempio, che la teoria dell’etere quale mezzo di trasmissione delle forze elettromagnetiche o gravitazionali è risultata falsa, lo stesso non si può dire per la meccanica newtoniana, o, andando ancora più indietro nel tempo, per la spinta di Archimede, per molti elementi della teoria atomica di Democrito o per la descrizione della Terra come di un corpo approssimativamente sferico. La storia cioè dimostra che le migliori affermazioni scientifiche possono resistere per millenni, essendo valide tutt’oggi, magari con qualche rifinitura o come approssimazione di teorie più dettagliate e vaste.
Senza senso, perché la scienza moderna non afferma nulla di vero in senso assoluto, ma solo approssima nel modo migliore quello che riscontriamo dall’esperienza diretta o attraverso i nostri strumenti nell’universo che ci circonda; questa approssimazione è suscettibile di miglioramento nel tempo, ma non vi può essere garanzia né di un grado infinito di precisione né di una infinita completezza né infine di un’assoluta accuratezza in nessuna affermazione che uno scienziato fa. Affermazioni di questo tipo, per definizione, non possono trovare riscontro nei fatti, non fosse altro perché non abbiamo strumenti di misura o percezione della realtà a precisione infinita. Questo tipo di affermazioni a grado di verità assoluto sono invece tipiche proprio della pseudoscienza, e sono un altro dei suoi piacevoli inganni, di quelle trappole cioè che servono per la sua diffusione: la certezza attira, e si preferisce affidarsi a sistemi di pensiero assoluti, a bassa complessità e che non richiedono lo sforzo di accettare margini di errore intrinseci ad ogni singola parola pronunciata, come è tipico del discorso scientifico. La scienza dunque è incerta e gli scienziati mutano idea, ma proprio in questo seguire le migliori misure effettuate e nel quantificare il grado del proprio possibile errore sta la grandezza del metodo scientifico, che ci consente di scegliere fra le idee disponibili quelle migliori, invece di fidarci per scelta assoluta di quello che qualcuno pensò magari secoli o millenni fa.
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