Cattivi scienziati

Come il cervello controlla l'infiammazione e la risposta immunitaria

Enrico Bucci

Il legame fra cervello e salute passa attraverso meccanismi di recentissima scoperta, i quali potrebbero un futuro essere sfruttati per trattare in modo completamente nuovo patologie infiammatorie anche molto diverse fra loro

L’infiammazione è una componente fondamentale della reazione del corpo a insulti esterni, ed è quindi una delle componenti più importanti della risposta immunitaria. La regolazione della risposta infiammatoria è come si può facilmente immaginare fondamentale: se è troppo forte e prolungata, oppure diretta verso bersagli erronei, può danneggiare il nostro stesso corpo, mentre se è troppo debole, il nostro corpo rischia facilmente di essere sopraffatto da patogeni oppure di reagire nel modo erroneo a una ferita o ad altro tipo di danno. Da molto tempo si sospetta che il cervello contribuisca a mantenere questo equilibrio. Come questo possa avvenire, tuttavia, è rimasto fino a oggi un mistero.
 

Fino a oggi, perché un nuovo, importante lavoro apparso poco più di un mese fa su Nature, ha fornito il primo esempio di meccanismo attraverso cui il cervello riceve informazione dai distretti infiammati, informazione diversa a secondo del tipo di mediatori infiammatori coinvolti, e a sua volta fornisce comandi che regolano la flogosi.
 

Come punto di partenza, un gruppo di ricercatori ha iniziato cercando i neuroni cerebrali che si attivano quando l’organismo avvia una risposta immunitaria. Per fare questo, hanno iniettato nei topi una sostanza che innesca una risposta infiammatoria e hanno cercato nel cervello i neuroni che si attivavano. Così hanno trovato un gruppo di neuroni ​​in una parte del tronco encefalico che si collega al nervo vago, chiamato nucleo caudale del tratto solitario.
 

Attivando o silenziando sperimentalmente i neuroni di questa struttura cerebrale e trattando i topi con la sostanza infiammante, gli scienziati hanno potuto dimostrare come silenziandola l’infiammazione andava fuori controllo, mentre attivandola si riduceva l’entità della flogosi. In altre parole, il cNST agisce come un regolatore, mantenendo l’equilibrio della risposta infiammatoria (e quindi immunitaria) del corpo. Quando il nucleo in questione è attivo, esso previene l'infiammazione, mentre quando è inattivo avviene l’opposto.
 

Poiché, come si è detto, il nucleo cerebrale cNST è collegato al resto del corpo dal nervo vago, i ricercatori hanno immaginato che questo nervo potesse contenere cellule sensorie in grado di trasmettere un messaggio al cervello, in risposta del quale il nucleo cNST si attiva e regola la risposta infiammatoria. Per mettere alla prova questa teoria, i ricercatori hanno misurato l’attività del nervo vago in risposta a molecole che promuovono l’infiammazione e a molecole che prevengono l’infiammazione. In accordo con la loro idea, hanno trovato due gruppi di neuroni non sovrapposti nel nervo vago: uno che rispondeva a sostanze che promuovono l’infiammazione e un altro che rispondeva a sostanze che prevengono l’infiammazione. Quando hanno stimolato i neuroni che rispondevano alle sostanze che prevengono l’infiammazione, i neuroni cNST sono stati attivati ​​e l’infiammazione è diminuita, e viceversa quando hanno attivato quelli che rispondevano alle sostanze pro-infiammatorie.
 

Ricapitolando, il nervo vago contiene cellule in grado di raccogliere stimoli di natura pro- o anti-infiammatoria; questi stimoli sono trasmessi a un preciso nucleo cerebrale dallo stesso nervo vago, nucleo che reagisce a sua volta nel modo appropriato, aumentando la risposta infiammatoria se lo stimolo ricevuto corrisponde a sostanze contro cui è necessario scatenare la flogosi, e viceversa nel caso opposto.
 

Questa ricerca non rappresenta solo un entusiasmante passo avanti nella nostra comprensione di come comunicano il cervello e il sistema immunitario, ma apre anche una nuova strada per trattare i pazienti con disturbi della risposta infiammatoria, con esempi che spaziano dai disturbi autoimmuni come la sclerosi multipla, all’artrite reumatoide, alla celiachia e all’encefalite autoimmune, al morbo di Alzheimer o al COVID.
 

Siamo certamente ancora lontani dalla prova clinica in esseri umani che confermi la modulabilità dell’infiammazione attraverso l’interferenza nella comunicazione fra cervello e sistema immunitario mediata dal nervo vago, ma nello studio in questione e nel topo in una condizione simile alla colite ulcerosa la cosa si è dimostrata fattibile, con un’inibizione dei sintomi infiammatori quando i neuroni antinfiammatori del nervo vago sono stati attivati. Anche studi precedenti, ben prima cioè della scoperta del meccanismo illustrato, avevano illustrato in alcuni modelli sperimentali il ruolo della stimolazione del nervo vago nel controllo di infiammazioni solitamente letali; di conseguenza, nonostante la strada per arrivare a un trattamento nell’uomo sia ancora lunghissima, è evidente che vi è un nuovo filone di indagine per lo sviluppo di terapie avanzate.

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