cattivi scienziati
Un nuovo studio, sbandierato senza verifiche, rianima lo zoo no vax
Ancora pseudoscienza. Un recente articolo, già ritirato da Lancet, viene ripubblicato e accolto dagli antivaccinisti. I dati sono ingannevoli e non supportano le conclusioni, ma il clickbaiting prospera. Ecco perché è l'ennesimo esempio di spazzatura passata per ricerca
Ci risiamo.
Un nuovo flusso di marea antivaccinista si appoggia a un ennesimo articolo scientifico, appena pubblicato, senza che presumibilmente nessuno fra i giornalisti che sbandierano tale studio, gli influencer che inondano i social forum trionfanti, e insomma tutto il piccolo zoo antivaccinista che ben conosciamo, senza che insomma nessuno abbia fatto la minima verifica del contenuto dell’articolo stesso.
Eppure, tutti coloro che sbandierano la pubblicazione sanno benissimo che proprio lo stesso testo, a meno di poche modifiche, era stato precedentemente ritrattato come pre-print da Lancet, perché era stato trovato bacato – in particolare, si legge, perché i metodi e i dati non supportavano le conclusioni dello studio. Il fatto che lo studio sia poi stato pubblicato da una seconda rivista, senza nessun cambiamento sostanziale, è una cosa che fa ovviamente per lo meno leggere il testo con spirito critico, tenendo presente il dettaglio delle obiezioni allora sollevate: sono state superate? Il lavoro è forse migliorato? No? Allora immondizia era e immondizia resta, nonostante sia apparso su una rivista Elsevier. Ma si sa, le cose non funzionano in questo modo, e nessuno fra gli antivaccinisti o i cospirazionisti di ogni colore ragiona nel merito dei problemi: invece, si è interpretata la ritrattazione originale come una censura, e la pubblicazione attuale come una rivincita, titolando qua e là con i soliti “studio bomba pubblicato” e la sua variante “studio esplosivo”, i classici segni del clickbaiting che serve a far soldi sfruttando la pubblicità e i soliti gonzi che ci cascano.
Siccome però i ricercatori usano un metodo diverso, e quando parlano di un lavoro entrano nel merito, cerchiamo insieme di capire perché questo lavoro è nulla più di spazzatura a tesi.
Invece di portare all’attenzione di tutti le numerose critiche tecniche che sono state sollevate, vorrei qui soffermarmi con il lettore su un solo punto: il modo in cui sono stati ingannevolmente presentati i dati dei lavori oggetto della revisione, in modo da gonfiare i numeri delle morti attribuibili ai vaccini contro SARS-CoV-2.
Gli autori del lavoro, che comprendono noti antivaccinisti, sostengono che avendo analizzato i dati di 325 autopsie rinvenuti in letteratura, il 74% delle cause di morte riscontrate sarebbe da attribuire alla vaccinazione. Cominciamo con il dire una cosa ovvia, cui persino i nostri titolisti italioti possono arrivare senza troppo sforzo: gli articoli selezionati sono proprio quelli che indagano le possibili morti da vaccino, e dunque al massimo si potrebbe dire che fra le sospette morti da vaccino (pochissime sui miliardi di dosi somministrate), tre quarti secondo gli autori della nuova revisione sono attribuibili al vaccino. Non possiamo cioè certo dire che i tre quarti dei vaccinati periscono per il vaccino (come adombrano i soliti furbi), ma al massimo che nella piccolissima percentuale di vaccinati che si suppone possa essere stata uccisa dal vaccino, secondo gli autori i tre quarti sono effettivamente morti per quella causa.
Chiarito quello che al massimo si potrebbe concludere dal lavoro se fosse fondato, andiamo adesso nel merito, per vedere se questa conclusione è valida sulla base dei lavori citati.
Cominciamo con la più importante delle fonti di dati autoptici usata dagli autori, un lavoro riferito alla Colombia dal titolo “A postmortem study of patients vaccinated for SARS-CoV-2 in Colombia” che corrisponde al riferimento bibliografico numero 21 nella nuova revisione. Nel lavoro colombiano, leggiamo che “118 dei 121 pazienti (97,52%) erano stati vaccinati con CoronaVac (Sinovac); solo 3 avevano ricevuto altri vaccini. La morte cardiaca improvvisa è stata la principale causa di morte, insieme all’embolia polmonare. Non è stata trovata alcuna relazione tra la causa della morte e la vaccinazione contro la SARS-CoV-2”. In sostanza, chi ha svolto le autopsie esclude la relazione fra morti e vaccino; eppure, gli autori contano 105 di questi decessi come dovuti alla vaccinazione, e così ottengono oltre metà dei loro presunti morti da vaccino!
Altri 16 decessi attribuiti nella nuova revisione al vaccino vengono da uno studio tedesco intitolato “Postmortem investigation of fatalities following vaccination with COVID-19 vaccines”, citato come riferimento 41. Eppure, dei 18 decessi investigati, leggiamo nello studio tedesco che “per 13 deceduti la causa della morte è stata attribuita a malattie preesistenti e le indagini post mortem non hanno indicato una relazione causale con la vaccinazione”. Anche in questo caso, la nuova revisione spazzatura pretende di trovare autopsie che hanno provato la correlazione tra decessi e vaccinazione, laddove ve ne è al massimo un caso.
Altri 22 decessi attribuiti nella nuova revisione ai vaccini sono presi da un lavoro svolto a Singapore e citato come riferimento 36, in cui si afferma testualmente: “Il nostro studio non ha mostrato alcuna relazione causale definita tra la vaccinazione mRNA e la morte di individui deceduti o collassati entro 72 ore dopo aver ricevuto la vaccinazione mRNA COVID-19”.
Potrei continuare, ma a questo punto una cosa dovrebbe essere ben chiara al lettore: gli autori del “lavoro bomba” attribuiscono con inopinata sicumera le morti che dicono ai vaccini sulla base della revisione dei dati pubblicati, mentre chi ha originariamente effettuato le autopsie e pubblicato quegli stessi dati – e non in un singolo paese o un singolo studio, ma in tanti diversi – ha affermato tutt’altro.
Credo che basti, per concludere come al solito che siamo davanti all’ennesimo esempio di spazzatura passata per ricerca e pubblicata da una rivista, e chiedersi di nuovo come mai riviste che non dovrebbero essere predatorie fanno filtrare cose come queste (spoiler: per soldi). Lascio il lettore ancora dotato di neuroni funzionanti con la solita raccomandazione: non è la pubblicazione che rende scientifico qualcosa, ma il metodo con cui si analizza ogni dato e ogni tesi, pubblicata o meno.
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