Cattivi scienziati
Perché gli esperti discordanti sono utili e preziosi per i liberi pensatori
Al di là del modo di pensare dei cospirazionisti e degli oppositori di questo o quel fatto scientifico, come possiamo districarci quando assistiamo al disaccordo tra coloro che ci sembrano esperti? Le vie possibili sono almeno due
La ragione per cui gli “esperti discordanti” sono preziosissimi per i “liberi pensatori” che si oppongono ai vaccini, all’origine antropica del cambiamento climatico globale in corso, alla rotondità della Terra, alla spiegazione circa la natura delle scie di condensazione lasciate dagli aeroplani, e insomma a una o più fra le spiegazioni che la comunità scientifica ha trovato circa questo o quel fenomeno di interesse è molto semplice: tali esperti in disaccordo con i colleghi rappresentano i testimonial della propria convinzione che servono, per dimostrare al mondo che insomma anche qualche tecnico alla fine condivide quel che crediamo di sapere, ma, soprattutto, che la questione che ci sta a cuore non è ancora chiusa, e che il dubbio in merito è lecito.
Al di là del modo di pensare dei cospirazionisti e degli oppositori di questo o quel fatto scientifico, quel che mi interessa discutere qui è l’atteggiamento che chiunque dovrebbe tenere, in presenza di esperti che non sono d’accordo su una determinata spiegazione di qualche fenomeno del mondo naturale.
In altre parole: al di là dell’uso a conferma del pregiudizio di questo o quel fanatico, come possiamo districarci quando assistiamo al disaccordo tra coloro che ci sembrano esperti?
Le vie possibili sono almeno due. La prima è di natura euristica, e si basa sulla semplice osservazione del numero di esperti titolati che sostengono una certa ipotesi, rispetto a chi sostiene altro. Nel caso del cambiamento climatico, per esempio, le posizioni di chi nega quanto sta avvenendo, o di chi nega la causa umana dei fenomeni cui siamo assistendo, sono sostenute da una sparuta minoranza; e se guardiamo a quanto avvenuto durante la recente pandemia, le posizioni sostenute anche da certi Nobel francesi erano assolutamente isolate, e così via, di argomento in argomento. La verifica della frazione di esperti schierata a favore di una certa ipotesi è piuttosto semplice, se siamo in grado di accedere ai motori di ricerca della letteratura scientifica, ma è sempre comunque possibile attraverso una persona di cui ci fidiamo, che possa fare questo passaggio per noi – riportandoci la posizione della maggioranza degli scienziati, dei medici, dei meteorologi e così via, secondo il caso.
Come tutte le euristiche, anche questa non è scevra dal rischio di errori: a parte quelli che possiamo commettere noi nel documentarci (che possono però essere corretti da altri di cui ci fidiamo), il problema solitamente sollevato è che vi possono essere casi in cui anche un solo scienziato ha ragione, e tutti gli altri torto. Anche se questa situazione, come ho detto, non dura a lungo – la forza del ragionamento scientifico è infatti proprio quella che consente ai ricercatori di superare le proprie personali convinzioni, magari dopo aver tentato strenuamente di difenderle – è pur vero che su certe questioni apparentemente assodate potremmo essere all’inizio del cambiamento di opinione della comunità scientifica, ed essere quindi fuorviati dalla convinzione della maggioranza. La nostra euristica in questi casi fallirà; nonostante questo, ciò che importa è che, nella gran parte dei casi, essa invece funzionerà perfettamente, perché quando l’opinione di un gran numero di esperti è contrastata da un piccolo gruppo di altri in disaccordo, per ragioni probabilistiche è molto meno frequente il caso in cui la maggioranza abbia torto e una sparuta minoranza ragione.
Se non ci è possibile entrare approfonditamente nel merito di una questione, conviene, quindi, puntare su una maggioranza di scienziati, e tanto più conviene quanto più essa è solida, nonostante il rischio di errori occasionali.
Detto questo, vi sono alcuni casi in cui questo non è praticabile o non è sufficiente. Innanzitutto, vi sono questioni realmente aperte nella discussione scientifica presente, il che, guarda caso, genera proprio l’assenza di una maggioranza veramente schiacciante di pareri omogenei fra gli esperti. Oltre a questa situazione in cui fattualmente non è possibile procedere con l’euristica indicata, vi è anche il caso in cui non riteniamo soddisfacente per motivi più che validi l’idea di seguire ciecamente la maggioranza, sia perché ci piace giocare il ruolo del ribelle, sia perché abbiamo prove di un conflitto di interesse molto diffuso all’interno di una piccola comunità degli esperti (prove, non opinioni, e su una comunità piccola a sufficienza da poter essere controllata), sia perché, invece, preferiamo avere piena comprensione del problema su cui intendiamo decidere.
In questo caso, non c’è che una via: lo studio approfondito di una questione e l’uso del metodo scientifico per decidere. Se non siamo esperti, tanto nel modo in cui si studia (in cui cioè ci si procurano i dati rilevanti da cui partire e li si organizza in un corpus di conoscenze), tanto nel modo in cui opera il metodo scientifico (cioè innanzitutto formulando i nostri dubbi in maniera che si possa effettuare un test sui dati per decidere, e poi seguendo il metodo logico/deduttivo per l’analisi delle informazioni disponibili e la quantificazione delle incertezze), è meglio evitare di addentrarsi in un percorso che rischia solo di confermare i nostri pregiudizi o lasciarci ancora più confusi. Proprio per questa ragione, metodo di studio e metodo scientifico dovrebbero essere i capisaldi della formazione scolastica di ciascuno di noi, qualunque sia l’indirizzo considerato; senza di essi, la nostra possibilità di esercitare un giudizio indipendente sulle questioni che ci stanno a cuore sarà limitata nel migliore dei casi strettamente a ciò che abbiamo appreso, alle famose “competenze” che tanto vanno di moda nel burocratichese scolastico in cui viviamo immersi.
L’artificio retorico di coloro che mostrano il disaccordo di questo o quell’esperto, di questo o quel premio Nobel, contro la maggioranza della comunità scientifica, è appunto solo un artificio retorico, utile a consolare chi vuole a tutti i costi restare della sua (spesso balzana) opinione; per i motivi illustrati, chi è in disaccordo con gli altri ha il dovere delle prove, e di prove valide, e del ragionamento pulito, fondato sul metodo scientifico, prima di poter passare dalla semplice liceità di un’opinione qualunque alla pretesa di aver ragione e convincere gli altri.
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